Gianluca Piredda ha iniziato a muovere i primi passi nell’editoria a quindici anni scrivendo per riviste e lanciando le prime produzioni indipendenti italiane. Oggi l’ex bambino prodigio del fumetto italiano ha ventinove anni e da qualche anno è una presenza costante nel mercato statunitense, che lo coccola e lo stima. Oggi sta contribuendo a lanciare, con altre star del fumetto mondiale, la sezione fumettistica della Narwain Publishing (www.narwain.com), una casa editrice di cui sentiremo molto parlare. Il suo nuovo titolo è Free Fall, un thriller dalle tematiche forti che farà discutere.

Dopo un paio d’anni di silenzio sei tornato in grande stile negli States con Free Fall e il progetto Narwain. Come è nato tutto?

La Narwain ha deciso di lanciare una nuova linea di fumetti per il mercato statunitense e mi ha contattato. Mi è stato chiesto di creare qualcosa per loro, in pochi numeri, ed ho subito proposto Free Fall, una storia che mi ronzava in testa da tempo, quasi immediatamente dopo Winds of Winter.

Tra l’altro si tratta di una storia completamente diversa da Winds of Winter, se non sbaglio…

...sì, totalmente. Winds of Winter era un fantasy-dark con un finale tutt’altro che lieto. Free Fall, al contrario, è un thriller. È la storia di un gruppo di ladri che progetta il colpo del secolo: entrare in una banca e, tranquilli e puliti, gabbare tutti. Prendere il denaro e andare via. Ma per fare questo hanno bisogno di un diversivo, e questo diversivo viene individuato in Sean, un “underdog”, un disperato che vive ai margini della società e che non ha niente da perdere. Dovrà prendere una scelta difficile pensando di aiutare la sua famiglia. E da qui si sviluppa tutta la trama. Oltre la differenza di genere, quella tra Free Fall e Winds of Winter sta nello stile. Winds of winter era molto più “teatrale”. Free Fall, invece, ha un taglio decisamente più cinematografico.

E tra i due stili narrativi quali preferisci?

Se di istinto mi verrebbe da risponderti quello teatrale, nella realtà non ho uno stile preferito. Credo che sia la storia a dettarti delle regole, che a suo modo ti chieda come vuole essere raccontata. Free Fall si prestava maggiormente ad un set cinematografico che a un palcoscenico. Come altre storie si prestano meglio alla forma della canzone o della poesia, o del monologo, o del romanzo. Quando ti viene in mente una trama inizi a svilupparla e vedi che strada prende.

Come lavori? Hai un tuo “modus operandi”?

Trovo corretto la regola del “prima con il cuore, poi con il cervello”. Mi viene la trama e la butto giù. Non bado alla forma, al fatto che possa avere alcune ingenuità o che i dialoghi siano grezzi. Una volta scritta si riscrive con “il cervello”. La si pulisce, si tolgono le cose che non vanno e se ne aggiungono altre e gli dai corpo. Nel mio caso, inizio a sceneggiarla. Non seguo orari d’ufficio, quando scrivo. Conosco persone che lavorano in questo modo, ma non riuscirei mai. Per rendere mi devo divertire, di conseguenza devo scrivere quando mi va, quando ne ho voglia (quando ho l’idea). Affrontare il foglio bianco senza un’idea in testa è come lottare con i mulini a vento. Fortunatamente ho la voglia di scrivere qualcosa mi viene spesso [ride]. Lo faccio solitamente di notte. Metto su un disco o MTV, o guardo qualche canale di documentari, o Alice, o qualche show di Wrestling o qualche talk show. Tra una pagina e l’altra mi distraggo.

E nel tempo libero?

Quando posso scappo in libreria o in fumetteria. Mi piace comprare libri. Ieri ho comprato Colorado Kid di Stephen King e La Testa degli Italiani di Beppe Severgnini, il mio giornalista preferito. Quest’ultimo l’ho letto la notte stessa. Severgnini fotografa l’Italia e gli Italiani per quello che realmente è. La sera passo un paio d’ore in palestra: attrezzi e total body. Gianpiero, Franco e Teresa, i miei personal trainers, mi fanno sudare l’anima. Lo sport mi piace più farlo che guardarlo. Guardo solo il wrestling e poche altre cose. Poi c’è il cinema: ci vado ogni volta che posso. Mi piace molto anche la musica, soprattutto i Pink Floyd che colleziono da sempre.

A proposito di musica, tu hai l’usanza di allegare un cd alle tue produzioni…

Per ora è capitato solo con Winds of Winter e non credo che capiterà su Free Fall. Tuttavia ho introdotto un mio amico cantante alla Narwain: Paul DiAnno, l’ex leader degli Iron Maiden. Su Jenna, uno degli albi della Narwain, sarà allegato un CD di Paul. Prossimamente ho intenzione di sperimentare nuovamente musica e fumetto insieme. Ma non so dirti quando. Spero presto.

Non abbiamo parlato dei tuoi compagni d’avventura. Chi è lo staff di Free Fall?

Ho il miglior staff che avrei potuto desiderare. I disegni della serie sono stati affidati ad EricJ. Eric è una stella nascente nel settore della “Sequential art”, per dirla come Will Eisner. Ha fatto impazzire i fans con il suo Rex Mundi per la Image Comics ed ora è presente in libreria con 3-4 testate. Una di queste è Phantom, l’uomo mascherato. È stato scelto dalla Moonstone per ridare vita al personaggio. I disegni di Eric sono stati impreziositi dagli inchiostri di Jimmy Palmiotti, una leggenda nel settore. Nomina un personaggio e Jimmy lo ha inchiostrato. Batman, Daredevil, X-Men e via dicendo. È senza dubbio il numero uno nell’industria di oggi. Ed è anche un ottimo scrittore. Sta scrivendo Hawkman per la DC Comics con risultati invidiabili. I colori sono David Bryant, un colorista presentatomi da B. Clay Moore. Dave ha colorato per Clay il suo “Battle Hymn”, edito da Image Comics. Ma ciliegina sulla torta sono le copertine di Jay Anacleto e Brian Haberlin. È da quando ho visto i lavori di Anacleto per la prima volta, qualche anno fa, che desideravo averlo in uno dei miei progetti. È uno dei più grandi, oggi. Fa delle matite che non hanno bisogno di inchiostri e sembrano delle fotografie in bianco e nero. Brian Haberlin gli da vita con dei colori pittorici. Il suo studio è specializzato in colori di questo tipo e lavora per tutti, dalla Marvel alla DC, compresa la Image.

Si dice che non ti sia fermato a Free Fall ma stai già lavorando a nuovi progetti. Cosa ci puoi dire?

In realtà la prima cosa che ho scritto per la Narwain è una storia horror per un’antologia: Bryan Yuzna’s Horrorama. Non amo l’horror, devo essere sincero, ma mi intrigava far parte del progetto. Nel volume puoi trovare tutti i migliori autori internazionali, da Takeshi Miyazawa a Sergio Ibanez, giusto per nominarne alcuni. E poi anche Yuzna è un amico che stimo e non volevo perdere l’occasione di stare dentro al volume. Tuttavia ho rischiato di buttare la spugna perché non mi veniva in mente niente di buono. Ho chiesto aiuto a B. Clay Moore, che ha scritto un plot per una storia di 8 pagine ed io l’ho sceneggiata. Si tratta, quindi, di una storia scritta a quattro mani. Sull’ondata di Horrorama ho proposto un’antologia di Fantascienza e anche questa diventerà un core-title della Narwain. Si intitola Tales from a Forgotten Placet e l’editore mi ha incaricato di contattare alcuni amici per metterlo su. E’ venuto fuori un lavoro che mi soddisfa molto. All’interno troverai una storia di Bryan Talbot, una di Ben Dunn ed una mia disegnata da Mark Santiago. Si intitola Mind Games ed è la versione a fumetti di un mio racconto. Queste alcune delle storie. Poi in cantiere ho due nuove serie. Una sarà una serie supereroistica; l’altra vedrà protagonisti gli eroi della New Japan Pro Wrestling di Antonio Inoki. Sarà strutturata ad archi narrativi e la prima serie si intitolerà NJPW – The Rise of The Tiger. Con Ben Dunn stiamo anche parlando della possibilità di un mio ritorno all’ Antarctic Press per un albo speciale, forse uno special pasquale. Ho detto un sì di massima. Non mi farebbe trascurare la Narwain e mi piacerebbe lavorare ad una storia con Ben: lui è l’inventore del cosiddetto “mangamericano”, l’importatore del Manga in USA.

E in Italia vedremo qualcosa della Narwain?

La Narwain uscirà in mezzo mondo (una ventina i paesi che hanno opzionato i volumi), quindi non escludo che possa esserci anche qualche edizione italiana. Il pubblico italiano mi piace molto e lo incontro sempre volentieri alle fiere. È un pubblico che cerca buone storie e che sa scegliere, dal palato fino. Spero di non deluderlo.