È il 1868 quando la classica detective novel stile inglese ripiega verso il romanzo giudiziario con il capolavoro di uno scrittore molto prolifico, cresciuto alla scuola Dickensiana, i cui principi di ispirazione canonici sono stati fusi con il gusto per l’orrido e il sensazionalismo francese della scuola di Balzac nella realizzazione di un’opera che è spesso, a ragione, considerata la pietra miliare del romanzo poliziesco.

William Wilkie Collins nato nel 1824 e morto nel 1889, esordisce letterariamente nel 1856 scrivendo una serie di articoli a sfondo poliziesco per la rivista Household Words.

Cresciuto alla scuola di Dickens, Collins torna da un viaggio in Francia, compiuto assieme al suo ispiratore e maestro, recando sotto il braccio un libro che sarà destinato a cambiare non solo la sua vita ma anche l’intero corso letterario del genere mistery, la Recueil des causes célèbres di Maurice Mejean, che riportava in una raccolta tutti i principali casi giudiziari di cronaca nera compresi tra il 1807 e il 1814.

Tecnicamente il primo romanzo di Collins risale al 1860, ispiratogli da un fatto personale realmente accaduto e improntato agli influssi balzachiani, La Signora in Bianco è un complicatissimo romanzo a tinte forti, che in sostanza preclude a quello che sarà poi il suo capolavoro definitivo, La Pietra di Luna, del 1868.

Favorito inizialmente dall’incondizionato appoggio di Dickens, che lo pubblicò a puntate sulla sua rivista All The Year Round, il romanzo era comunque destinato a rifulgere di luce propria avviandosi presto ad essere considerato in assoluto non solo la pietra miliare che segnò una svolta epica nel genere classico della detection novel, ma addirittura uno dei Must di riferimento dell’intera letteratura gialla di tutti i tempi.

È di Tomas Eliot la dichiarazione che "tutto quello che c'è di buono e di efficace nella narrativa poliziesca moderna lo si può già trovare nella Pietra di luna. Gli autori più recenti hanno introdotto l'uso delle impronte digitali e di bagatelle dello stesso genere, ma in sostanza non hanno realizzato alcun progresso rispetto alla personalità o ai metodi del sergente Cuff"

E in effetti vanno tecnicamente riconosciuti a Collins dei grossi debiti di riconoscenza da parte del genere poliziesco di ogni epoca e tempo per aver introdotto, tutti insieme e per la prima volta, dei parametri rivoluzionari, poi diventati veri e propri costanti punti di riferimento per tutta la produzione successiva.

Sono sue insomma le linee guida del genere poliziesco, sapientemente tracciate nel suo capolavoro, e poi assurte a dogma della letteratura di genere.

Fu lui infatti, per la prima volta  a introdurre in un romanzo la sospensione vigile del lettore in attesa dei sorprendenti sviluppi della storia, l’intreccio romantico sentimentale a corredo dell’intrigo di base, il gusto per certi aspetti umoristici che intervengono a spezzare il ritmo serrato della narrazione, la serie di eventi misteriosi a catena che uno dopo l’altro vengono svelati al lettore fino alla culminante risoluzione finale.

Suoi sono allora tutti i punti di riferimento costanti della letteratura gialla, senza i quali, da allora in poi, non sarà più possibile scrivere un romanzo poliziesco.

Influenzato dunque dalla lettura delle cronache giudiziarie dell’epoca, letteralmente affascinato dalla capacità camaleontica che i fatti hanno di mutare d’aspetto a seconda delle varie testimonianze rese, Collins ha la straordinaria intuizione di affidare la presentazione della storia non a un narratore onnisciente, o a un personaggio protagonista, ma bensì, a rotazione, a tutti i testimoni coinvolti nei fatti, chiamandoli uno dopo l’altro ad esporre la loro personalissima versione dell’accaduto.

In questo modo, oltre a rivoluzionare totalmente i canoni narrativi, Collins si assicura anche un duplice vantaggio, da un lato il romanzo fruisce di tutti i meccanismi che sono tipici della cronaca giudiziaria, e dall’altro l’enigma risulta ancora più intricato dalle testimonianze rese che, logicamente, sono parziali e di parte.

Mentre infatti il protagonista assoluto e il narratore onnisciente in genere sono perfettamente a conoscenza della dinamica di tutti gli eventi che si sono verificati nel corso della storia, i testimoni invece, possono rendere conto solo di quanto è accaduto alla loro presenza, e quando riferiscono gli accadimenti lo fanno influenzati dalle loro opinioni e dai loro tornaconti personali, distorcendo la realtà e filtrando le informazioni nella maniera più opportuna.

Ecco dunque che il romanzo non ha più dei protagonisti, che possono risultare simpatici o antipatici, ma dei comprimari, ognuno dei quali recita il suo ruolo sulla scena, richiamando a pieno diritto l’immedesimazione del lettore, che avrà così a sua disposizione una ricchissima serie di personaggi, tutti chiamati prima o poi a deporre in prima persona, tra cui scegliere.

Il lato intellettuale della sfida poi diventa ancora più stimolante proprio perché le informazioni arrivano a brandelli, perché i testimoni sono faziosi e di parte, perché ognuno rapporta quel che gli pare e come gli pare, e perché le lacune nelle testimonianze sono sempre tali da rendere per il lettore la competizione letteraria una vera e propria gara contro il tempo, fino all’ultimissima pagina.

Questi dunque i canoni di base di uno dei romanzi polizieschi più innovativi della storia della letteratura, che riassume in sé i germi e i fondamenti di tutta la produzione successiva del genere Mystery.

 

La Pietra di Luna di William Wilkie Collins, 1868

Ricco di colpi di scena e di sapienti meccanismi narrativi che vengono qui collaudati per la prima volta, quest’opera di Wilkie Collins rappresenta la pietra miliare della letteratura poliziesca e del mistero.

In questo romanzo per la prima volta e tutti insieme vengono applicati degli espedienti innovativi mai utilizzati fino ad allora e dei quali la letteratura gialla non potrà più fare a meno dopo. 

Al punto che Collins grazie a questo romanzo  viene identificato generalmente come il vero padre fondatore della letteratura poliziesca, proseguendo sulla strada a suo tempo indicata da Edgar Allan Poe, e identificando con raro intuito  i canoni narrativi e i dogmi di riferimento dell’intero genere. 

Nessun autore di gialli, mystery, polizieschi o detective novel dopo di allora ha più potuto fare a meno delle utili indicazioni contenute nella Pietra di Luna, risultando di fatto debitore a Wilkie Collins di innovazioni narrative assolutamente determinanti per l’affermazione del genere.

Romanzo complicatissimo, ricco di eventi, di rivelazioni, di misteri svelati parzialmente e di sorprendenti colpi di scena, in grado di cogliere impreparato anche il più smaliziato dei lettori e capace di reggere ancora oggi, a distanza di oltre un secolo, il confronto con le opere contemporanee con grande dignità ed eleganza, La Pietra di Luna del 1868 sfiora innumerevoli temi, oltre a, come già detto, tracciare la strada per i nuovi canoni narrativi della letteratura poliziesca.

Non certo privo di implicazioni foschemente melodrammatiche con forti coloriture d’immagine sul tema del colonialismo britannico, questo romanzo è sorprendentemente moderno, considerata l’epoca in cui è stato scritto, e contiene già le sacre regole del patto di lealtà con il lettore, che furono poi tipiche della produzione successiva.

Nei primi capitoli sono infatti abilmente descritti e disseminati tutti gli indizi occorrenti per la risoluzione dell’intrigo, che il lettore potrà facilmente riconoscere procedendo a ritroso, una volta chiarito il mistero.

Inoltre Collins ha dato prova di rara intuizione identificando il colpevole con il meno sospettabile degli indiziati possibili, inaugurando anche qui un principio che sarà utilizzato in seguito talmente spesso da diventare quasi un clichè.

La sua inveterata passione per le cronache giudiziarie gli ha poi consentito di sfoggiare una estrema competenza nel descrivere oculatamente tutti gli aspetti medico legali, giuridici e investigativi del caso, aprendo di fatto le porte al Procedural Thriller, di recentessima memoria.

La storia è intricatissima, di grande effetto e quasi rocambolesca, in carattere con il gusto barocco e gotico dell’epoca.

Tutto ruota attorno a una gemma preziosissima, un diamante sacro appartenente nientedimeno che a una esotica setta indiana, cui venne sottratta nel lontano 1799 dal classico colonnello colonizzatore inglese, a prezzo della vita dei tre bramini sacri che lo tenevano in custodia.

Un’atavica maledizione pesa dunque su questo gioiello di famiglia, ottenuto col prezzo del sangue, tanto che il malvagio colonnello, tornato in patria, è costretto a vivere come un esule, abbandonato e ostracizzato dalla famiglia.

Passano cinquanta anni e nel 1848 il colonnello, morendo, lascia in eredità la gemma maledetta a una lontana nipote, Rachel Verinder, figlia di sua sorella Julia. Lady Julia, visti i rapporti tesi che c’erano in famiglia nei confronti del defunto colonnello, giustamente non  vede chiaro in questo insospettato lascito, e l’atmosfera si tinge di nero quando nella ricorrenza del suo compleanno il cugino di Rachel, Franklin Blake, funge da corriere recando  alla fanciulla il preziosissimo dono, anticipato nella casa di campagna nello Yorkshire da tre loschi figuri che sono anche loro alla ricerca della gemma.

Festa di compleanno nella romantica campagna inglese, all’insegna delle migliori tradizioni britanniche, con parenti e conoscenze varie, apparizione di un altro cugino, Godfrey Ablewhite, e materalizzazione al party di alcuni giocolieri, che altri non sono che i bramini indiani in attesa di reimpossessarsi, alla prima occasione, del diamante anticamente sottratto.

Gli elementi della tragedia ci sono tutti, quando al mattino, con il classico colpo di scena, il diamante melodrammaticamente scompare.

Giungono nella villa gli investigatori ufficiali guidati dal Sovrintendente Seegrave, che sottopongono gli astanti a una minuziosa perquisizione, con acceni di rivalità tra i due cugini, Franklin e Godfrey, mentre Rachel, in maniera inconsulta, si sottrae alla perquisizione attirando giustamente i sospetti del lettore su di sé.

La squadra locale ha fallito, quando si decide, a sorpresa, di invocare l'aiuto del mitico Sergente Cuff, nientedimeno che da Scotland Yard.

Questi i presupposti per la partenza di una trama intricatissima, vagamente alla Wallace, se vogliamo.

La Pietra di Luna è stata sottratta dal Boudoir di Rachel, ma quest’ultima, chissà perché si mostra ostile nei confronti della polizia, rifiutando di far perquisire le sue stanze, la porta del Boudoir verniciata di fresco ha lasciato una segno indelebile sugli abiti del ladro, basterebbe trovare gli indumenti macchiati per individuare il colpevole. 

Ma non è cosa facile, forse il diamante non è stato affatto rubato, ma nascosto da Rachel per poterlo poi dare in pagamento in conto di chissà quali debiti inconfessabili, si intuisce una storia d’amore tra Rachel e Franklin, viene sospettata del furto Rosanna Spearman, una cameriera con un passato non proprio integgerimo, che nei giorni precedenti al party si è finta malata, uscendo poi dai suoi alloggi nei momenti meno opportuni con fare sospetto.

Ecco che però quando tutti gli occhi sono appuntati su di lei, la cameriera viene trovata suicida per amore, e per amore di chi se non del bel tenebroso cugino Franklin, che offre invece la sua dedizione incondizionata alla bella Rachel?

Il Sergente Cuff a questo punto tenta un colpo di mano, confida a Lady Julia la sua ipotesi, la Pietra di Luna non è stata mai rubata, Rachel ne sa qualcosa, perché non indaga lei, discretamente, da madre a figlia cercando di capire cosa può essere successo?

Ma con Rachel non si può parlare, con la polizia che gira per casa, il suo rifiuto alla perquisizione, Rosanna morta suicida subito dopo il furto, la ragazza sembra impazzita al punto che non vuole nemmeno vedere o sentir nominare il cugino Franklin, del quale pochi giorni prima sembrava pazzamente innamorata.

Nel mezzo del panico più totale la famiglia si rifugia a Londra e Cuff viene congedato, i suoi servigi non occorrono più.

E così Lady Julia e Rachel sono in fuga a Londra, Cuff torna alle sue faccende, e Franklin parte per un lungo viaggio “curativo” in Europa.

Ma attenzione, Rosanna morendo ha lasciato una lettera, qui potrebbe esserci la soluzione del mistero, ma chi custodisce la missiva si rifiuta di consegnarla, perché è destinata solo e soltanto a Franklin, che per l’appunto è partito.

A questo punto si fa avanti l’altro cugino Godfrey, che viene misteriosamente assalito dai bramini indiani, i quali sono tuttora sul campo e continuano a investigare seguendo le loro divinazioni paranormali che riescono a metterli sulle tracce perfino di Mr.Luker, ricettatore ed usurario.

E qui la trama ha un guizzo prevedibile, la storia si dilenea infatti chiara al lettore, Rachel ha sottratto il diamante per sistemare certi problemi suoi di natura non meglio definita, con la complicità di Rosanna, che le ha presentato il ricettatore Mr.Luker, conosciuto nel corso delle sue esperienze precedenti vissute ai margini della malavita. Rachel ora odia Franklin, di cui era innamorata,  perché causa del suicidio di Rosanna, e lo allontana, pronta poi a gettarsi nelle braccia del cugino Godfrey che si fa avanti disposto a sposarla, forse perché sa la verità e vuole salvarla dall’infamia, arrivando al punto da farsi sospettare del furto proprio per le sue reticenze, quando invece appare evidente che sta proteggendo proprio lei.

Ma il lettore si sbaglia.

Dopo un breve periodo di fidanzamento in cui Rachel sembra disposta al sacrificio ecco che l’incantesimo si rompe, torna Franklin dall’Europa e mentre la ragazza ancora si rifiuta di parlargli o di incontrarlo appare però evidente che lo ama alla follia.

Allora cosa li separa? Franklin, giustamente, dopo il breve periodo “sabbatico”, da bravo ragazzo comincia a porsi delle domande, senza però ricevere risposte. Ma attenzione, ora, finalmente può aprire la fantomatica busta lasciatagli da Rosanna, la busta lo conduce al nascondiglio, e nel nascondiglio troviamo l’indumento macchiato di vernice che Cuff aveva tanto cercato.

E di chi può essere questa veste macchiata se non dello stesso Franklin? Il quale sgomento e ignaro cerca ancora risposte senza mai trovarle.

Deciso comunque a venire a capo della faccenda, Franklin diventa investigatore egli stesso, e sfida apertamente Rachel, la quale confessa. Non solo ha nascosto l’indumento per amor suo, con il valido aiuto di Rosanna, ma addirittura, quella notte, lo ha visto con i suoi occhi compiere il furto del diamante.

Per Franklin è la fine, sa di essere innocente, ma le prove indiziarie e materiali sono tutte contro di lui.

Ma un modo forse c’è per difendersi. Chi era presente quella tragica sera, chi tra gli invitati può aiutarlo a ricordare?

Ed ecco che piano piano inizia a farsi luce, un certo Dr.Candy quella sera disquisiva sull’utilizzo dei sonniferi, contrastando il parere di Franklin che li riteneva inutili, ma proprio nel rientrare da quella festa di compleanno il Dottore si è gravemente ammalato, non può ricevere visite, non può parlare, non può ricordare né testimoniare.

Franklin è dunque perduto, e cosa ancora peggiore, ha definitivamente perduto l’amore di Rachel.

Si fa avanti allora il giovane assistente del medico, Ezra Jennings, che svela l’esistenza di un diario. È la svolta definitiva.

Si scoprirà che all’inconsapevole  Franklin è stato somministrato dell’oppio, nel tentativo di dimostrare l’efficacia dei sonniferi, e che sotto l’influsso della droga il giovane ha rubato il diamante e si è sporcato la camicia. Ma, dove lo ha nascosto?

Per saperlo, suggerisce Jennings, non resta altro da fare che ricostruire la scena del delitto, tutti si radunano di nuovo alla villa di campagna, vengono simulate e ricostruite le situazioni, Franklin assume la droga, si reca in stato di trance al Boudoir di Rachel, urta contro la porta, proprio nel punto in cui è apparsa la macchia di vernice, prende il diamante e….e lo lascia cadere al suolo tra lo stupore generale.

Stallo.

Ma intanto Franklin ha dimostrato la sua innocenza, e riconquistato Rachel, però la Pietra di Luna non si trova.

Non resta allora altro da fare che sottoporre l’usuraio a sorveglianza continua in attesa di un passo falso, e anche i bramini seguono la stessa traccia. Un bel giorno l’usuraio ritira dalla cassetta di sicurezza il diamante, lo consegna a un marinaio dalla pelle scura, questi viene seguito per i vicoli di Londra fino a una squallida pensioncina, gli investigatori salgono, aprono la porta della stanza e … e scoprono che i bramini sono arrivati prima, la pietra è già in viaggio verso il santuario di origine, e il marinaio è stato ucciso. Chi si celava sotto le vesti del marinaio? Lo saprete solo se leggerete il libro, ma sappiate che il Sergente Cuff, tempo prima, con un colpo di teatro magistrale, aveva già consegnato a Franklin una busta, sigillata, contenente il nome del colpevole.

Dunque regolatevi e partite con le vostre deduzione, Wilkie William Collins ha sancito il suo patto d Fair Play nei confronti del lettore, ha dettato le regole che saranno poi proprie del giallo classico ad enigma, ha indicato la strada del Procedural Thriller, e ha gettato le basi del romanzo psicologico, ma non vi deluderà, se cercate bene, fin dai primi capitoli gli indizi c’erano tutti, e ben visibili.

Forse allora anche Voi come Cuff potrete scrivere un nome dentro una busta sigillata, e poi scoprire solo alla fine se avevate ragione, in una delle sfide intellettuali più stimolanti che la letteratura conosca, la lettura e la lenta degustazione di un buon romanzo giallo.

Nella prima parte del romanzo, due sono i detectives che si alternano a casa Verinder per condurre le indagini: il Soprintendente Seegrave e il Sergente Cuff, e possiamo riscontrare quattro tipi di atteggiamenti.

Il primo è quello del Soprintendente Seegrave, che rappresenta il tipico esponente delle forze di polizia, fin dall'inizio destinato allo scacco. Egli si presenta come un uomo molto competente, ma ben presto, dopo essere giunto a qualche conclusione esatta, si arena nelle secche del mistero. Quel che si riesce a stabilire in questa prima indagine è che il furto è stato commesso da qualcuno che si trovava dentro casa, poiché era impossibile per gli indiani o per altri malviventi accedervi dall'esterno, in quanto i cani erano liberi nel giardino e non si sono riscontrate impronte o altri segni di scasso. Si propone qui una situazione (simile a quella della camera chiusa) che avrà grande fortuna nel poliziesco: quella della casa o del luogo isolato in cui si trova un gruppo di sospetti, tra i quali dev'esserci il colpevole.

Ad ogni modo, Seegrave trascura quello che si rivelerà l'indizio fondamentale, cioè la macchia che s'è prodotta nella decorazione eseguita sulla porta del salottino. Secondo Seegrave, a causare la macchia è stata qualche cameriera che ha sfiorato la porta dopo la scoperta del furto, mentre il sergente Cuff capirà subito che la macchia indica in realtà il passaggio di qualcuno nella notte del furto, probabilmente il ladro stesso, poiché la mattina dopo il colore della porta doveva già essere asciutto.

Da bravo detective, Cuff sa che la chiave d'accesso alla verità risiede spesso nei dettagli, e afferma: "In tutta la mia esperienza lungo le sporche strade di questo sporco piccolo mondo, non ho mai incontrato nulla che fosse un'inezia". Proprio in obbedienza a questo principio, Cuff non trascura il dettaglio della macchia sulla porta e fa di tutto per scoprire se in casa sia stato nascosto un vestito o una camicia da notte macchiata, o se qualcosa manchi dall'elenco della biancheria.

Disgraziatamente, nel seguire questo indizio, Cuff sarà portato a sospettare delle persone giuste per i motivi sbagliati. In altre parole, Cuff capisce che al centro del mistero si trovano Rachel e Rosanna, i cui movimenti e atteggiamenti sono talvolta inspiegabili o sospetti, ma nel ricostruire i fatti si lascia guidare dalla convinzione che Rachel sia indebitata e che la cameriera l'abbia aiutata, grazie al suo passato criminale, a vendere il gioiello a un ricettatore. In particolare, Cuff è convinto che, dopo aver sottratto il gioiello dal salotto per conto di Rachel, Rosanna si sia resa conto d'aver macchiato la camicia da notte e, fingendosi malata, sia corsa in paese a comperare nuova stoffa per cucirsene una identica all'altra.

Comunque sia, Cuff deve rinunciare al caso perché ha accusato del crimine la figlia della padrona di casa. La ragazza rifiuta di spiegare la sua condotta e quindi è soggetta a legittimi sospetti; eppure, Cuff si sbaglia. Mentre in molta narrativa poliziesca la ragione del detective - sensibile ai dettagli, capace d'introspezione psicologica, dotata di spirito logico - riesce a penetrare il mistero, qui Cuff fallisce. Contro la sua versione dei fatti si schiera la fiducia intuitiva che personaggi come Lady Verinder, Mr. Betteredge e sua figlia Penelope hanno in Rachel e Rosanna. Paradossalmente, qui la ragione diventa qualcosa dai cui attacchi ci si deve difendere, per non cadere nell'errore. Alla ragione si oppongono il sentimento, la lealtà, l'istinto. In più, alle indagini di Seegrave e Cuff si oppongono le indagini dei tre bramini indiani che inseguono il diamante, i quali non usano la razionalità occidentale, ma la chiaroveggenza. Addirittura, nel seguito del romanzo, i bramini riusciranno con questo sistema a seguire gli spostamenti della pietra e a rientrarne in possesso. Dunque convivono, in The Moonstone, due sistemi di valori: uno occidentale, fondato sui presupposti della ragione, e uno orientale, legato a una visione mistica del mondo.

Quando Franklin torna dai suoi viaggi europei, Rachel rifiuta d'incontrarlo e lui decide di scoprire chi ha rubato la pietra di luna. Torna allora nello Yorkshire, dove Betteredge gli fa avere la lettera scritta da Rosanna prima di morire, con cui la ragazza indica un luogo segreto dove ha nascosto una scatola di latta. Dentro la scatola, Franklin trova la propria camicia da notte, macchiata di vernice, insieme a un'altra lettera in cui Rosanna gli spiega che per amor suo ha nascosto la prova del suo crimine. Turbato, Blake non sa quale significato dare alle parole di Rosanna, finché riesce a incontrare con uno stratagemma Rachel e si sente dire che lei stessa l'ha visto mentre sottraeva il diamante dallo stipo. Incredulo sulla propria colpevolezza, Franklin decide di parlare con le persone presenti alla cena la sera del furto. Tra loro c'è Mr. Candy, il medico con cui Franklin aveva discusso circa l'efficacia dei sonniferi: proprio quella notte, tornando a casa sotto la pioggia, Mr Candy s'è ammalato gravemente e le sue condizioni di salute, insieme all'età, lo hanno portato a perdere la memoria.

Provvidenzialmente, però, l'assistente del medico, Ezra Jennings, ha tenuto un diario nel quale ha trascritto le frasi sconnesse pronunciate da Mr. Candy durante il delirio. Veniamo così a sapere che la sera della cena il medico ha fatto assumere a Franklin, a sua insaputa, una dose d'oppio, per dimostrargli che con l'aiuto di una droga sarebbe riuscito finalmente a dormire. In questo modo, Franklin capisce d'aver rubato la pietra in uno stato di trance indotto dall'oppio, ma non ha prove per dimostrarlo. E' allora che Jennings suggerisce un esperimento: si tornerà nella casa di campagna e si cercherà di ricreare le condizioni di quella sera: Blake assumerà di nuovo dell'oppio, nella speranza che replichi il furto alla presenza di testimoni.

All'esperimento assistono Ezra Jennings, Mr. Bruff, che è l'avvocato di Lady Verinder, e la stessa Rachel, anche se Franklin non sa della sua presenza. L'esperimento riesce a metà, in quanto Franklin sottrae sì la pietra, dimostrando d'aver agito involontariamente, ma la lascia cadere per terra. Non si sa quindi se la notte del misfatto l'avesse riposta in qualche nascondiglio. Al termine dell'esperimento, Franklin si riconcilia con Rachel, e la ricerca della pietra continua, finché l'usuraio Luker, alla scadenza del periodo di deposito nella banca, si reca nel caveau per recuperare il diamante e restituirlo alla persona che gliel'ha dato in pegno. Franklin e Mr. Bruff sono presenti alla scena, ma non capiscono cosa accade, mentre un bambino assoldato da Mr. Bruff segue per le strade di Londra la persona che ha ricevuto il diamante da Luker: è un marinaio dalla pelle scura, che alloggia in un albergo vicino al Tamigi, con l'intenzione di partire il giorno dopo per Rotterdam, dove farà tagliare la pietra. Quando Franklin arriva all'albergo, in compagnia del sergente Cuff, che nel frattempo è rientrato in scena, il marinaio è stato ucciso e sotto il suo travestimento si scopre l'identità del colpevole. A ucciderlo sono stati gli indiani, che hanno ricuperato la pietra per restituirla alla statua di Visnù.

Ai quattro livelli d'indagine individuati nella prima parte del romanzo, se ne aggiungono altri tre nella seconda parte. Una è l'indagine per eccellenza: quella di stampo psicologico che viene condotta dal medico Ezra Jennings attraverso l'ipnotismo, un'indagine che scava nell'interiorità dell'uomo, oltre il suo livello cosciente, e che anticipa l'avvento della psicanalisi. Le altre due, invece, sono quelle di Mr. Franklin e di Mr. Bruff.

In particolare, la ricerca di Franklin rimanda direttamente alla vicenda di Edipo: colui che ha avviato la macchina investigativa, in quanto ha convocato il sergente Cuff da Londra per cercare la verità, è anche l'individuo che inconsapevolmente ha causato tanta confusione e dolore attorno a sé. E, come Edipo interroga ripetutamente l'indovino Tiresia, senza capire la verità che questi gli dice con parole ambigue, finché non cade il velo che ha davanti agli occhi, così anche Franklin nel corso della vicenda ripenserà alle parole pronunciate da Rachel e Rosanna nei giorni successivi al furto, e scoprirà che entrambe hanno tentato di dirgli la verità.

Per finire, la ricerca di Mr. Bruff, che viene perseguita nell'ultima parte: l'avvocato ritiene che l'unico modo per incastrare il colpevole sia aspettare che, allo scadere di un anno dal deposito in banca del diamante, incontri Mr. Luker per rientrarne in possesso. A quel punto, rientra in scena lo stesso Cuff che, informato degli sviluppi dell'indagine, ammette apertamente di aver commesso uno sbaglio. L'autore, tuttavia, gli concede di prodursi in un numero teatrale: per provare le sue doti di detective, Cuff consegna a Franklin una lettera contenente il nome del colpevole, invitandolo ad aprirla solo quando ne avranno accertata l'identità.