Il culto del personaggio

A qualche abituale lettore di Gialli potrebbe venire di interrogarsi su cosa possa aver contribuito a rendere immortali figure letterarie come Hercule Poirot, Sherlock Holmes, Nero Wolfe, Jane Marple, e, senza nulla togliere loro, né ai loro autori (trattandosi sempre e comunque di maestri indiscussi del loro genere), la risposta indubbiamente sarebbe: una serie di atteggiamenti e di caratterizzazioni indimenticabili, nelle loro rispettive originalità, insieme ad alcune battute indovinate e irripetibili. La loro immortalità, ormai indubbia, sta tutta nella singolarità dell’invenzione che ha dato loro vita, oltre che nelle atmosfere che li accompagnano e fanno da sfondo, capaci di stimolare in maniera quasi ipnotica la fantasia del lettore. Lo stesso interrogativo, invece, posto nei confronti di personaggi di altro genere, quali possono essere un Philippe Marlowe, un Sam Spade o un Jules Maigret, genererebbe una risposta altrettanto inequivocabile ma del tutto diversa: qui entra in gioco la tridimensionalità, caratteristica che ai loro colleghi sopra citati non può essere, ahimè, attribuita. La nuova dimensione introdotta, come risulta intuibile, è quella umana. L’unica capace di provocare o almeno di provare a stimolare nel lettore qualcosa di simile ad un processo di identificazione. Così come nella prima infanzia le figure e i disegni su carta agiscono sulla sfera visiva e immaginaria stimolando visioni e sogni fantastici, mentre successivamente i personaggi che consentono un approccio anche tattile, come soldatini e bambole, sviluppano nel confronto col mondo reale, che contengono in sé, un fenomeno di identificazione e raffronto, nello stesso modo viene stimolata la coscienza del lettore di fronte alla narrazione di una storia. Il Personaggio a tre dimensioni porta con sé un bagaglio di sentimenti, aspirazioni, frustrazioni, cade in contraddizioni che sono sue e del mondo in cui, suo malgrado, si trova a vivere e ad agire, e spesso lotta per superarle. Segue regole comportamentali e etiche che ha scelto di fare sue, a volte discutibili ma sempre sostanziali. Quando si ritrova da solo, a riflettere, il dialogo con la sua coscienza si avverte ed è tangibile. Tutto questo può essere più o meno esplicitamente descritto dall’autore o solo lasciato intuire, a secondo dei casi o dei momenti, ma costituisce comunque una componente presente nella narrazione. Altrettanto certa quanto il delitto che fa da sfondo alla trama. Le considerazioni che il Personaggio di carta si ritrova a fare, nel corso della storia, sono sempre e soltanto funzionali al delitto, al movente, alle prove da raccogliere o agli alibi da analizzare e smontare. Quelle del Personaggio a tre dimensioni possono riguardare invece, oltre a tutto ciò, anche momenti di introspezione, di valutazioni umane, a volte accompagnate da episodi di solitudine e disagio esistenziale. Il Personaggio a tre dimensioni riesce a far parlare i suoi silenzi. Non ha bisogno di comprimari o di spalle con cui dividere la scena, perché magnetizza l’attenzione su di sé almeno quanto la trama stessa. George T. Shaw che diresse con piglio stilistico innovativo il pulp magazine mensile Black Mask dal 1926 al 1936, negli Stati Uniti devastati dalla Grande Depressione, propugnatore del nuovo realismo letterario americano, che già trovava in Hemingway e Faulkner la sua espressione migliore, e in Dashiell Hammett un non da meno convinto fautore dell’efficacia narrativa di un tale stile, sosteneva che “ l’azione perde di significato, a meno di coinvolgere personaggi umani in tre dimensioni”.

La corrente realistica

Al culto del Personaggio si contrappone di solito quello dell’Enigma e del Mistero, studiati attraverso la concatenazione di circostanze apparentemente inspiegabili ma che, subendo la supremazia della logica umana, nell’ultimo capitolo vengono rivelate. Solitamente il primo tipo di personaggio, quello a due dimensioni, si muove all’interno di Gialli del genere puzzle-enigma-logico-deduttivo, mentre l’altro trova spazio, in forme più o meno felici e indovinate a secondo dei casi, per lo più nelle storie di impronta realistica. Il Mystery classico, in cui gli Inglesi furono irraggiungibili maestri, persegue il fine ultimo della soluzione del mistero, per giungere alla quale attraversa alterne fasi caratterizzate dalla messa in scena di vicende più o meno fuorvianti per il lettore, più o meno essenziali ai fini della trama stessa, il tutto condito da magistrali descrizioni di personaggi caratteristici della tradizione umana e letteraria anglosassone, e accompagnato da atmosfere di grande effetto e suggestione. Il Poliziesco di stampo realistico invece attribuisce scarsa, per non dire nulla, importanza alla soluzione finale e alla sorpresa che questa può riservare al lettore, concentrandosi e mettendo a fuoco, di volta in volta, soprattutto la Scena, che per risultare efficace deve comprendere al suo interno attori che la rendano viva, credibile, interessante, ma soprattutto che la possano animare come solo interpreti “in carne e ossa” possono riuscire a fare. Quando questo accade il personaggio consolida una presenza ben definita nello spazio e nel tempo che trascende i ristretti limiti del racconto o del romanzo da cui ha preso vita. Una narrativa di questo tipo, quando si esprime ai livelli più alti, rivela un sensibile legame con il Romanzo Naturalista della seconda metà dell’Ottocento, nel suo tentativo di riprodurre obiettivamente e con linguaggio essenziale, solo apparentemente scarno ma in realtà, come accade ad esempio nel caso di Raymond Chandler, a volte persino sofisticato per l’efficacia che riesce ad esprimere, la realtà della vita. I protagonisti sono tratti dall’umanità più umile, che la difficoltà di vivere e le sofferenze hanno reso inutilmente cinica, relegata nei bassifondi di moderne città ad assistere e subire sopraffazioni e ingiustizie sociali di ogni genere e a tentare, con gli scarsi mezzi in suo possesso, di riscattarsi ed emergere. Il desiderio di redenzione di tali individui può passare anche attraverso il crimine e persino il delitto, ma è sempre autentico nella sua drammaticità, anche se spesso puzza di denaro, sudore e polvere da sparo. Un romanzo di questo genere arriva a toccare più aspetti contemporaneamente: pur non essendo un Romanzo d’ambiente descrive con fedeltà usi e costumi della società che fa da sfondo al dramma, non è catalogabile come Romanzo psicologico eppure riesce a descrivere a analizzare gli stati d’animo dei protagonisti a volte con disarmante autenticità e, infine, pur non rientrando nel Romanzo d’avventura puro, intreccia tra loro accadimenti e fatti singolari che diventano straordinari in quanto concentrati in unità di tempo e di spazio tipicamente assai ristrette.

Gli autori

Tra gli autori che hanno popolato la nutrita schiera di coloro che si sono ispirati a quanto precedentemente illustrato tre su tutti sono quelli che possono essere definiti i caposcuola di questo genere, avendo con la loro opera contribuito a ripulire il romanzo poliziesco da quella patina che, negli anni e agli occhi di troppi critici, professionisti o improvvisati, ha contribuito a segnarlo indelebilmente come produzione letteraria di serie B, riuscendo nel compito di elevarlo a livello di Letteratura e distaccandosi dai limiti di un genere storicamente relegato ai margini della “cultura ufficiale” per una diffusa e generalizzata tendenza a volte snobistica e spesso disinformata su quanto in esame. Il primo di questi fu un Americano: Samuel Dashiell Hammett (1894-1961). Le sue storie non erano particolarmente originali in quanto a contenuti ma per raccontarle ricorse allo stesso modo di esprimersi che i suoi protagonisti avrebbero usato, se fossero esistiti realmente. La sua innovazione riguardò essenzialmente il linguaggio: lo rese scarno, crudo, efficace ed essenziale, in una parola: reale. Nei suoi racconti parlavano e agivano personaggi ruvidi e senza scrupoli, anonimi operatori del crimine e dell’anticrimine in perenne lotta per risalire la china in fondo alla quale erano sempre vissuti loro malgrado. Pochi i sentimentalismi consentiti, in un mondo nel quale c’era a malapena spazio per sopravvivere, quasi nessuna concessione alla debolezza ma al massimo esaltazione di solidi valori quali: amicizia virile, solidarietà tra colleghi e fedeltà ai propri principi etici, necessaria a mantenere il rispetto di sé stessi in un mondo che minaccia di crollarti addosso e sommergerti nel fango ogni giorno. E’ “l’istinto della caccia” a muovere gli Operators hammettiani sulle tracce dei criminali, sulla pista che conduce a riscattare i propri clienti, vittime di un mondo sempre più simile a una jungla, dai torti subiti, e in ultimo a ritrovare sé stessi, identificandosi interamente con la propria funzione professionale e sociale, in un gigantesco meccanismo nel quale gli esseri umani stessi costituiscono gli eterni e inesauribili ingranaggi. La vena letteraria di Hammett non durò a lungo né la sua produzione fu molto vasta, ma la traccia che lasciò è, a distanza di quasi un secolo, tuttora seguita da schiere di discepoli e seguaci che ne traggono ispirazione. Non fu mai un teorico, né autore di saggi o analisi sul romanzo poliziesco, ma aveva idee precise su come va raccontata una storia e le mise in pratica scrivendo. E’ indiscutibilmente riconosciuto come il capostipite e il fondatore dell’ “Hard Boiled School” e di una maniera di raccontare secondo uno stile cui tanti scrittori, alcuni anche di notevole talento, hanno tentato di ispirarsi successivamente. Il secondo fu belga di nascita ma francese d’adozione: George Simenon (1903-2003). Il suo primo romanzo lo scrisse a diciassette anni e per oltre sessant’anni continuò a scrivere con una prolificità fuori dal comune. La sua opera omnia consta di più di quattrocento romanzi, almeno mille racconti oltre ad una quindicina di volumi autobiografici. La critica è ormai unanime nel considerarlo il miglior autore tra quanti si sono dedicati al genere poliziesco. Il personaggio che più ha contribuito alla sua fama è quel commissario Maigret, della polizia giudiziaria di Parigi, curatore di anime e di destini, silenzioso osservatore della natura umana, riparatore di torti e ingiustizie. Il miglior poliziotto, senz’altro il più umano, in cui un malfattore può avere la ventura di imbattersi. Gli stessi comprimari delle sue storie vengono indagati introspettivamente, spesso solo con poche pennellate efficaci, ma al punto da restare impressi nella memoria di chi legge nonostante la fugacità delle loro apparizioni. Così come accade per le brevi ma intense descrizioni di una Parigi non meno viva e palpitante della brumosa Londra di Conan Doyle ma infinitamente più vicina e presente nel nostro cuore . Il piccolo universo della provincia francese con i suoi drammi inutilmente celati, i battelli transitanti lungo la Senna , i clochard vaganti ai margini della società e le loro vite tristemente perdute, i bistrot, luoghi di incontri provvidenziali, dove gustare una buona birra fresca per eludere la calura estiva….tutto questo riesce a emanare dalla pagina scritta un profumo e un sapore più intimamente francese di un bicchiere di Calvados che accompagni un piatto di ostriche ghiacciate. Il terzo fu americano di nascita ma inglese per educazione e formazione: Raymond Chandler (1888-1959). Viene considerato da alcuni come il discepolo di rango più elevato di D. Hammett e della sua Scuola, mentre altri sostengono con convinzione che abbia ben presto superato il Maestro cui inizialmente si era accostato per seguirne le orme. In realtà dopo i primi anni Chandler si distaccò dallo stile di colui che lo aveva ispirato e ne creò uno proprio, ben distinguibile, e anch’esso unico e innovativo. Il mondo di Chandler è solo apparentemente lo stesso di quello di Hammett e dei racconti pubblicati su Black Mask e sulle altre Pulp Magazine di quei primi anni ’30 che diffondevano e tenevano alto il vessillo del nuovo genere realistico “nero” americano. In realtà ci sono alcune nuove componenti che col tempo si sviluppano e definiscono assai meglio, rispetto ai suoi stessi racconti del primo periodo e a quelli del Maestro Hammett: il romanticismo, il senso dell’umorismo e un po’ di sana autoironia, fino ad allora quasi del tutto assenti per lasciar spazio all’azione e alla scena che non doveva soffrire di interruzioni che rompessero il pathos, né subire distrazioni rispetto all’atmosfera drammatica di fondo sempre presente. Il mondo in cui si muovono i personaggi di Chandler è in piena decadenza, pare quasi di sentire un’odore di decomposizione nell’ assolata California che scorre sullo sfondo, nei boulevards notturni illuminati a giorno e nei bar delle sue città, impregnate dal vizio e dalla degenerazione che nasce dalla debolezza umana. In questo universo malato e putrescente si muovono operatori che combattono il crimine e l’ingiustizia, uno per tutti: Philip Marlowe, raddrizzatore di torti a 25 dollari al giorno più le spese, cellula incorruttibile in una società corrotta, dotato di un forte senso di solidarietà umana e di etica professionale, “pronto a sedurre una duchessa ma incapace di sfiorare una vergine”, alter ego dell’ autore e come lui, in fondo gran romantico a modo suo, ma anche simpatica canaglia. “Se ci fossero più uomini come lui questo mondo sarebbe certamente un posto più sicuro per viverci, ma non abbastanza da diventare noioso. “ Chandler, teorico oltre che romanziere, pubblica nel 1944 “La semplice arte del delitto” un saggio ritenuto il manifesto del realismo nella narrativa poliziesca e allo stesso tempo una celebrazione di colui che indicava apertamente quale suo Maestro nel genere da lui scelto. Se Hammett inventò un nuovo modo per raccontare il delitto Chandler lo perfezionò, gli diede leggerezza e trovò lo stile adatto per trasformarlo in qualcosa che a volte sfiorava la poesia. Tutti e tre costoro riuscirono, ciascuno a modo proprio, in un impresa che solo un grande talento rende possibile: partirono da un genere di per sé mediocre, confinato nei suoi ristretti limiti, lo riplasmarono e gli diedero nuova vita inserendo al suo interno la componente umana, fino a quel momento quasi del tutto assente, facendone così degna materia letteraria.