Ansima, Mario ansima, gli sudano le mani,  il respiro si fa sempre più grosso, la vista quasi gli si appanna: ma cosa sta facendo? Sì, sì, avanti, non ti arrendere. Stringe la tempia fra il pollice e il medio per riflettere un istante; deve, deve portare a termine il suo piano, poi si sentirà più sicuro, più appagato. Da un mese ha messo in piedi quel progetto per dimostrare  a se stesso che è capace di osare, trasgredire. In fondo che sono un paio di Ray Ban? A Cristiano non mancano certo i quattrini per ricomprarseli... e nessuno lo scoprirà mai, mai. Figuriamoci, sospettare di un pacifico, integerrimo, corretto collega come lui! Ecco, ancora un passo, allunga la mano, li prende, li stringe. Sono suoi. E’ fatta. No, accidenti, ecco le voci, stanno tornando, lo sapevo, ho aspettato troppo, troppo; d’accordo, l’ho fatto apposta, sì, l’ho fatto apposta ad aspettare per misurare sveltezza, abilità, talento. E ora mostra il tuo sangue freddo: forza, infilali nel taschino della camicia, sotto la giacca, passerai davanti a loro con indifferenza e nessuno lo noterà. Si chiederanno cosa ci facevi lì, nell’ultima stanza del corridoio, dove neanche volendo si passa per caso, ma che importa, non avranno il coraggio di mettere su un interrogatorio di terzo grado, penseranno che eri andato a cercare Cristiano e non avendolo trovato sei tornato indietro. E poi sono ubbìe tue, nessuno ti ha mai ha mai fatto domande, nessuno te le farà mai perché, lo sai benissimo, nessuno fa mai caso a te, nessuno ti vede davvero.

 

 

Mario Conti, addetto agli schedari delle pensioni presso l'ufficio postale di via Pietrapiana a Firenze.  Quarantacinque anni, alto, magro, stempiato, gli occhiali  tondi con la montatura dorata, l'espressione  neutra, difficile capire quello che pensa. Tranquillo, lavoratore, disponibile, una brava persona.

Lui sente di essere trasparente. Gli occhi degli altri gli passano attraverso. Poche conoscenze, difficile definirli amici. Un paio di storie sentimentali finite velocemente senza tragedie anzi con un sospiro di sollievo da parte sua. Ogni tanto, qualche incontro sessuale a pagamento, ma pochi, perchè ha  terrore delle malattie.

Due anni fa, il colpo di testa:via dalla casa dei genitori, verso l'indipendenza, un bilocale con un terrazzino sui tetti, tutto suo, l'idea di una vita nuova, non più da figlio unico mai cresciuto ma da single che guarda il futuro. Un anno dopo, era rimasta solo la fatica di dover cucinare, fare la lavatrice, pulire casa: quasi senza accorgersene, i pranzi domenicali in casa dei suoi sono diventati  la regola, così come le cene quotidiane, con la borsa dei panni da lavare e stirare per la madre, felicissima di ritornare indispensabile, dopo aver pianto un figlio perduto.

 

 

Visto, ce l’hai fatta. Tanto difficile? E quanto ti sei divertito ad ascoltare i commenti di quei due. Cristiano che non sa farsi una ragione di aver perduto gli occhiali mentre ripercorre con te, per l’ennesima volta, i suoi spostamenti della giornata;  Paola, isterica, perché non trova più il portafoglio in cui teneva foto e biglietti da visita, sospetta di essere stata derubata in autobus e teme una persecuzione telefonica, com’è accaduto alla sua amica Rita.

Diglielo, forza, diglielo che sei stato te a far sparire quell’oggetto di pelle morbida rosso fegato su cui hai lasciato le tue impronte digitali, ché le mani, come l’altra volta, non smettevano di sudare mentre frugavi nella borsetta approfittando di una giratina di Paola nel bagno. Dovevi far presto, presto, e assicurarti con un abile, fulmineo colpo d’occhio che nessuno ti stesse guardando.

Ricordi? C’erano tutti in ufficio, tutti; e proprio allora hai voluto provare: abile, sempre più abile. Ma, attenzione,  l’hai nascosto nella tasca della giacca... la giacca te la sei tolta perchè avevi caldo e l’hai appoggiata sulla sedia davanti alla scrivania.

Ecco, accidenti a me,  non “piomba” più come prima, c’è un rigonfiamento proprio all’altezza della tasca; le donne sono imprevedibili, estemporanee, ciaccione,  e Paola si guarda intorno con sospetto, sbircia in ogni angolo, ecco, ora va proprio verso la mia giacca, accidenti; si sofferma, allunga una mano, sta quasi per toccarla; ehi, è la mia giacca, cacchio, non penserai che io, io abbia potuto... che stronze le donne, però! No, ecco, ecco, ci ripensa, la osserva ancora ma con distrazione,  si volta, rimugina; meno male.   

“Eppure non torna. In mattinata ho preso una cioccolata dal distributore,  la moneta devo averla tirata fuori dal portafoglio, quindi... non è che qualcuno qui fa il furbo? No, no, ecco mi ricordo, avevo un euro nella tasca dei jeans e ho adoperato quello. Niente da fare, via, niente da fare – scuote la testa accorata - me l’hanno rubato in bus.”