Il codice degli Shepher (The Genizah at the House of Shepher, 2005) è il romanzo d’esordio di Tamar Yellin.

L’autrice è nata nel nord dell’Inghilterra. Ha studiato ebraico e arabo a Oxford, dove ha ricevuto il Pusey and Ellerton Prize per l’ebraico biblico. Da allora ha lavorato come docente di ebraismo.

Questo suo primo romanzo, è stato accolto in Inghilterra e negli Stati Uniti da un grande successo di pubblico e di critica.

Tutto ha inizio, a Gerusalemme, per la scoperta di un misterioso e antico manoscritto, un’inestimabile copia dei cinque Libri di Mosè, nella genizah, il ripostiglio dei libri sacri, della casa della famiglia della protagonista Shula Shepher. Questo spinge la giovane a lasciare la sua casa in Inghilterra e a recarsi in Israele. Qui apprende da suo zio che questo codice fu trovato dal bisnonno che si era partito verso Babilonia alla

ricerca delle Dieci Tribù Perdute di Israele. Tornato dopo due anni aveva con se solo questo strano libro conservato poi, dalla famiglia, per tutto il tempo.

Shula dubita di questa storia ma la presenza inquietante di uno strano tipo, un fanatico religioso di nome Gideon Ben Gibreel, che sostiene di appartenere alla tribù di Dan e di avere il compito di riportare il Codice ai legittimi proprietari, non le rivelasse inquietanti e, al contempo, credibili particolari.

Romanzo che miscela per bene detective story, caccia al tesoro e un pizzico di storia ebraica.

 

Cosa è scritto nella "quarta":

 

Shula Shepher è una giovane donna inglese che si occupa distrattamente di studi biblici in una università londinese, quando una triste notizia scuote la sua svogliata esistenza: sua zia Batsheva, l’ultima custode della vecchia casa di Gerusalemme, dove Shula ha trascorso la sua infanzia felice, è morta, e le venerate mura dell’antica dimora degli Shepher stanno per essere abbattute per lasciare posto a un orrido palazzone moderno.

Il tempo di un volo Londra-Gerusalemme e Shula è nella cucina di casa Shepher, al tavolo dove un tempo sua zia pestava pane azzimo in un mortaio e sua nonna stendeva e tagliava la pasta per la zuppa del sabato.

Capelli d’argento, spa1le ricurve, il vecchio caffettano del nonno consunto e pieno di tarme addosso, suo zio Saul è all’altro capo del tavolo. Sbocconcella olive nere da una scodella e ogni tanto getta un’occhiata sulla strada dove, da qualche giorno, sosta sotto un albero un ebreo osservante in caffettano e lunghi boccoli neri.

A sera, poi, nell’oscurità del salotto abbandonato, tra lo scricchiolio delle foglie morte e il miagolio dei gatti, zio Saul le racconta un’incredibile storia.

Nella genizah della casa, il ripostiglio dei libri sacri in disuso, poco dopo la scomparsa della zia, ha trovato un manoscritto, un codice polveroso che ha tutta l’aria di essere una Bibbia antichissima, una keter Torah che sembra risalire alla notte dei tempi. In un eccesso di zelo, Cobby, suo fratello, ha preso il codice e l’ha portato al Ben Or Institute, dove ora giace in attesa che la famiglia decida che farne.

Un gesto sconsiderato che ha avuto come unico risultato quello di attirare sugli Shepher l’attenzione di fanatici che, come il tizio sotto casa, sono alla perenne ricerca dei testi sacri dell’ebraismo.

Così comincia una misteriosa vicenda in cui Shula si ritrova coinvolta fino in fondo e deve mostrare tutto il suo coraggio e la sua perizia.

Una vicenda che ha inizio nel remoto 1861 quando Shalom Shepher, bisnonno di Shula e allora giovane correttore di pergamene della sinagoga di Bielsk, prepara un piccolo fagotto con lo scialle da preghiera, i filatteri e il salterio e si incammina a piedi diretto a Gerusalemme e da lì alla volta di Babilonia dove, in cerca delle dieci tribù perdute di Israele, si imbatte in un antico manoscritto.

 

Il codice degli Shepher di Tamar Yellin (The Genizah at the House of Shepher, 2005, Traduzione Giuseppe Costigliola, Neri Pozza Editore/Giano, collana BluGiano, pag. 343, euro 18,50)

ISBN 978-88-6251-021-9