Un Superleggero di 105 pagine come La società dell’indagine di Alessandro Perissinotto, Bompiani 2008, è quello che ci voleva per rilassarmi e riflettere su un fenomeno dal sottoscritto (e non solo) già ampiamente verificato e sottolineato: il successo del romanzo poliziesco, anzi l’abnorme successo del romanzo poliziesco.  Qui la distinzione tra generi è superflua, lascia il tempo che trova. E dunque, per Perissinotto, si deve parlare di narrativa d’indagine, il cui oggetto di valore è la verità che nasce da “un profondo senso di insicurezza”.

Il giallo (sempre inteso in senso generale) non solo consolatorio, come valvola di sfogo, come intrattenimento, ma anche come mezzo di indagine della realtà, della società e dei suoi mali.

Il primo più appannaggio della fiction televisiva con il lavoro di squadra. A riportare l’ordine non è la classica figura unica dell’investigatore ma lo Stato stesso. In ogni caso consolatorio o meno “…qualsiasi poliziesco porta con sé un protagonista che di consolatorio ha ben poco: la morte” bandita dall’Occidente che ne prova vergogna. Il romanzo poliziesco con le sue “dosi omeopatiche” di essa ci fa riprendere la familiarità perduta.

I letterati di professione con la puzza sotto il naso, riferendosi al giallo, parlano di “paraletteratura”, “letteratura di consumo”, “letteratura di genere”, “libri da stazione”. Non tutti, aggiungo, io che in questi ultimi tempi c’è stato anche un certo “ravvedimento”, vedi per esempio gli interventi su Tirature ’07 e Giallo e dintorni di Maria Immacolata Macioti.

Altri spunti interessanti: il rapporto tra il giallo e la tragedia, la sua evoluzione partendo da Holmes e Dupin passando attraverso  l’hard boiled per finire tra le braccia di Maigret e poi di Dürrenmatt (citando anche Sciascia).

Si mettono in evidenza gli esiti positivi e nefasti del C.S.I. effect, si esamina la House Medical Division e l’ormai famoso dottor House che altri non è se non uno Sherlock Holmes “trasferito dalla Londra vittoriana agli Stati uniti del terzo millennio”. Egli non cura i malati ma le malattie, con la scoperta del complotto (complottano le malattie, i superiori e gli stessi pazienti), e si analizza pure la Medical Investigation, un team di ricercatori che fanno fronte ad emergenze sanitarie. Per concludere viene fuori da parte della “massa” (intesa non in senso spregiativo ma come numero) dei lettori un forte interesse per la ricerca della verità.

Ma insomma, gira e rigira la domanda cruciale che sempre aleggia nell’aria è se il romanzo poliziesco faccia parte o meno della letteratura tout court. Per trovare una risposta tornerei ad una frase che si trova a pagina 56 “Semplificando si può dire che, agli occhi dei critici, un buon romanzo poliziesco cessa di essere un poliziesco”. E’ solo un buon romanzo. Capito?.

Sito dell’autore www.libridiscacchi.135.it