Si potrebbe dire che l'invenzione meglio riuscita del libro sia il grande Torino, muta di cani che portano il nome  -tra gli altri- di Bacigalupo, Mazzola e Rigamonti.

Oppure si potrebbe dire che è la figura di Maria Librizzi, così somigliante alla Lisbeth Salander di Larsson o alla Margherita di Carofiglio, e che è l'unica fanciulla "dallo sguardo da Gorgone" alla quale possiamo perdonare di essersi presa il cuore del giornalista Fabrizio, in questa terza puntata della saga dei fratelli Corsaro, da poco in libreria per i tipi di Flaccovio dopo le fortunatissime prime due uscite, "Ultimo appello" pubblicato ormai nel 2005, e  "L'enigma Barabba" del 2006.

O ancora, potremmo rivolgere l'attenzione a una splendida location montana e madonita  -che toglie il fiato all'amatissima Palermo protagonista alla pari dei personaggi in carne e ossa dei precedenti romanzi- denominata Castelferro, ove viene compiuto un delitto assai strano ai danni del capo dell'ufficio tecnico:  Castelferro che in alcune atmosfere strizza l'occhio al noir della migliore tradizione francese e che in alcune altre fa da specchio al sole di Sicilia seguendo le orme di una tale Vigata.

Ma è tutto inutile. Non c'è motivo di fare classifiche, perché la forza di "Sangue del mio sangue", risiede, tale e quale, nella sua stessa essenza. Di meccanismo perfetto che non perde un secondo; di teutonica precisione che senza esitazioni giunge alla fine correndo su una rotaia che non devia mai. Perché mai può e deve deviare, un vero legal thriller. Qual è questo romanzo, al quale auguriamo la vetrina nazionale che gli spetta di diritto e il successo che merita e già riceve dai lettori.

Valeva la pena quindi di aspettare tre anni, e che l'autore riprendesse in mano la sua penna da giornalista purosangue forte di studi in legge. Proprio per assistere alla parabola che lo porta  a creare un romanzo così. Dove nulla di inutile, nulla di macchinoso sfugge al controllo e dove i due fratelli, doppi e unici, forti e vulnerabili, orgogliosi siciliani, arrivano quasi alla resa dei conti. Fabrizio, il giornalista, il nostro preferito; forse per la prima volta in preda a una passione che prevede un futuro. Roberto, l'avvocato, con un matrimonio in bilico e il secondo figlio in arrivo.

Con un finale in tribunale che lo fa protagonista e che nulla ha da invidiare ai legal di oltreoceano.

Tante invenzioni, sullo sfondo, tanti personaggi per un romanzo che vede molta più coralità rispetto al passato, nella scrittura di Toscano, e uno sguardo ancora più disilluso, ma sempre col guizzo dell'ironia a fare da contrappasso.

 

C'è un resort da costruire, a Castelferro; ma dietro aleggia la mafia. Ci sono le elezioni in vista, e c'è qualcosa di molto torbido, nell'aria delle Madonie. Fabrizio Corsaro vi arriva per quella serie di strani meccanismi che fanno delle nostre vite un sogno imperfetto. In fuga da un lavoro che non è più la passione di un tempo e da una città che forse comincia a deludere. Come la politica, il cui cuore batte ancora fortissimo in un paese minuscolo dove si gioca una partita importante. E' il cuore di Maria Librizzi che fa la differenza. E' quello dello zio, Valentino Ambrosetti; il personaggio tenero, adorabile, indimenticabile. Fortissimo, alla cui voce è affidata la responsabilità delle pagine più belle del romanzo; la scena di un uomo anziano cui un grande dolore spaccherà il cuore. L'urlo che si rivolge contro la cattiveria, inespugnabile e gratuita, insita nell'animo umano.

Ecco, forse è questa l'invenzione che fa di questo libro il migliore della saga, laddove "L'enigma Barabba" già rasentava la perfezione.

L'aver saputo sparire, come scrittore. E aver, d'incanto, fatto sparire anche i suoi personaggi della Palermo del 2009, belli e affascinanti, viveur e vincenti, comunque, anche quando non sembrerebbe. Aver lasciato il campo a un personaggio vecchio, malvestito e con una storia triste. Che entra nei nostri occhi, si fa strada nelle nostre menti. E quando spegniamo la luce chiudendo l'ultima pagina di questo romanzo affascinante, è lui che rimane lì, e ci fa sperare ancora. In altre storie, altre squadre, altre canzoni. Perché comunque, è sempre "Getting better".

Salvo Toscano

"Sangue del mio sangue"

Flaccovio editore, 2009 (collana Gialloteca)

202 pagine

13 Euro