Il segno dell’assassino di D.M. Devine, Mondadori 2009.

L’assassino tiene un diario. Deve uccidere otto persone per le quali “ la morte sarà una liberazione dalla sofferenza”. Almeno qui la motivazione non è disprezzabile.

Jean Lubbock, insegnante di francese, ventinove anni,  “introversa e contorta, tormentata dalle inibizioni e dalle nevrosi”, subisce una aggressione ma fortunatamente riesce a scamparla. Trovato per terra un cartoncino di una ditta di pompe funebri con la scritta “Cordone n°1”.

Non ha fortuna, invece, Alice Zinnie, paralizzata, semi soffocata con un cuscino e poi strangolata, solito biglietto “Cordone n°2” e solita icona di una bara. E non hanno fortuna altri strangolati con il filo di ferro (a dir la verità uno muore prima).

Sospettato Jeremy Beald, giornalista della “Kenburg Gazette”, amante di Kathleen, ma innamorato della bella vedova Helen sua vecchia (si fa per dire) fiamma che a suo tempo lo ha respinto. Ubriacone, donnaiolo impenitente, ha scritto dieci anni prima il romanzo “La foresta” ma in seguito ha lasciato perdere questa sua passione letteraria. Buttato fuori dal giornale e poi reintegrato viene aiutato da Helen e insieme indagano per trovare l’assassino. Il quale, nel frattempo, continua a scrivere il suo bel diario e i morti ad aumentare di numero. Ergo la piccola, tranquilla città si scuote: “Kenburgh era in preda al terrore. Terrore reso ancora più forte dalla feroce inutilità degli omicidi, dal sinistro simbolismo dei cartoncini con le bare, Era la paura elementare verso manifestazioni di pazzia”.

Un buon prodotto che si legge volentieri.

Nel reparto I segreti del giallo da gustarsi L’omissione nel giallo di Massimo Pietroselli, ovvero la negazione da parte dell’autore di certe informazioni che spiazzano deliberatamente il lettore.

 

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