Alice e Mattia sono speciali. Le loro esistenze solitarie e ferite scorrono l’una accanto all’altra, equidistanti, ad una volontaria distanza di sicurezza che non riescono e forse non vogliono superare.

E’ la distanza minima necessaria per proteggere il proprio tragico segreto, per entrambi legato ad un episodio che li ha segnati da bambini.

Si incontrano adolescenti, lungo i corridoi della scuola che frequentano a Torino.

Mattia vi si è appena trasferito, perché cambiare forse è una buona cosa, come ha deciso il padre.

Indifferente a tutto e a tutti si taglia per espiare una tragica colpa e per tenere lontani gli altri.

Non Alice però, perché  anche lei porta un segno su di sé, anche se è il segno di una colpa diversa, quella dell’inadeguatezza alle aspettative del padre.

Due esistenze scollegate dal mondo, accerchiate da un universo di relazioni inaccessibili.

E’ come una prigione la loro solitudine, sopportabile solo perché condivisa.

E’ un film sofferto, anche per chi lo guarda, e cerca punti di contatto con il sorprendente romanzo di Paolo Giordano dal quale è tratto.

Lo hanno definito un horror dei sentimenti  e un thriller psicologico ma il momento in cui il segreto  viene svelato arriva, forse volutamente, senza suspance.

Dell’horror in realtà ha solo l’abito, cucito in modo ostentato con ambientazioni e motivi musicali “rubati” al cinema di genere.

Il risultato, che qualcuno ha definito involontariamente comico, da principio disorienta ma rappresenta in modo efficace la realtà vista dalla prospettiva “speciale” dei protagonisti.

I frequenti flash back interrompono lo scorrere delle loro esistenze, segnando l’andamento irregolare dei ricordi  che talvolta riemergono incontrollati e violenti. 

E’ difficile raccontarne la trama, o meglio per quella basterebbero due righe perché l’azione si svolge dentro i protagonisti.

Il loro è un rapporto solo promesso, frenato, senza mai un vero segnale di complicità, almeno fino alla scena scandita dalla bellissima “Bette Davis Eyes” di Kim Carnes quando, dopo sette anni lontani, si rivedono e si scambiano uno sguardo, forse il primo del film, che sembra forse poter sciogliere la distanza che li separa.

Ma il passato torna ancora, come uno schiaffo, sulla stessa panchina dove tutto era cominciato.

Domina il silenzio e ci sono entrambi. Vicini ma mai abbastanza.

Inutile puntualizzare sul risultato perché il tentativo è pregevole e la storia è di quelle che meritano di essere raccontate.

Ottimi gli interpreti, compreso il pluricitato cammeo di Filippo Timi.  

La solitudine dei numeri primi 

Regista: Saverio Costanzo

Sceneggiatura: Saverio Costanzo, Paolo Giordano

Attori: Akba Rohrwacher, Luca Marinelli, Martina Albano, Arianna Nastro, Isabella Rossellini

Genere: Drammatico