La settima ipotesi di Paul Halter, Mondadori 2013.

Londra, 31 agosto 1938. L’agente di ronda Edward Watkins vede un uomo con un mantello, mani guantate, un largo cappello e una maschera con becco lungo. Praticamente un medico della peste. Lo segue, lo perde di vista. Poi incontra un signore chino su un bidone della spazzatura, con cilindro e mantello, valigetta medica. Un pazzo, secondo lui, che la tira per le lunghe per non spiegare la sua presenza in quel luogo. Solo che, quando se ne va, in un bidone giace un cadavere appestato (così sembra).Trattasi di David Cohen sparito nel corridoio della casa di Emily Mindem…(non aggiungo altri particolari che non si finirebbe più).

Una bella gatta da pelare per il noto criminologo Alan Twist, alto, magro, con “lo scintillio malizioso degli occhi azzurri dietro le spesse lenti” e per l’ispettore bene in carne Archibald Hurst. Ma non è finita. Ecco un certo Peter Moore, segretario del famoso giallista Gordon Miller in stretto legame con l’attore Donald Ransome. “Temo che stia per avere luogo un delitto”, dice ai nostri segugi, e snocciola un racconto inquietante in cui c’è di mezzo l’assassinio di una donna e una sfida per il delitto perfetto.

Aggiungo l’amore e gli scacchi che qui hanno una parte non di poco conto. Se si pensa, soprattutto, al Giocatore di Maelzel…(mi rifermo).

Sul blog del giallo Mondadori (http://blog.librimondadori.it/blogs/ilgiallomondadori/2013/08/02/il-giallo-mondadori-numero-3088-la-settima-ipotesi/) un vivace scambio di pareri opposti sulla bontà del libro e una bella intervista con lo stesso Halter (http://blog.librimondadori.it/blogs/ilgiallomondadori/2013/08/13/intervista-con-paul-halter-di-pietro-de-palma/).

Insomma un racconto complesso, rocambolesco, con infinite ipotesi al limite del credibile (a volte anche oltre) che attirano, comunque, l’attenzione del lettore quanto meno per vedere che cosa ti inventa di continuo la dirompente fantasia del nostro Halter (il gusto, o la perplessità della lettura, sta qui).

Per I racconti del giallo abbiamo Mammarella di Maurizio de Giovanni.

Napoli, al tempo del fascismo. L’ormai famoso commissario Luigi Alfredo Ricciardi che vede i morti. Li vede “con l’espressione dell’ultimo sguardo, che ripetono l’ultima metà del pensiero che la morte ha amputato, continuamente, con lo stesso tono”. Uccisa una prostituta, Maria Rosaria, detta Gilda, al casino. Il ventre squarciato e il viso della donna che ride. Le ultime parole sentite dal commissario “Mammarella, mi vuole da mammarella”. In prima persona dal suddetto commissario storia breve, triste e languente (che si rifà a “Vipera” dello stesso).