Per un paio d’istanti rimasi accovacciato dov’ero, col fiato in gola, riuscendo a malapena a credere alle mie orecchie. Poi ripresi i sensi e ritrovai la voce, con l’impressione che in un solo istante il peso schiacciante della responsabilità mi venisse tolto dal cuore. Quella voce fredda, perentoria, ironica, poteva appartenere a un solo uomo al mondo.

- Holmes! – gridai. – Holmes!

- Venga fuori da lì – disse lui. – E per favore, stia attento con la rivoltella.

Passai curvandomi sotto il rudimentale architrave, ed eccolo seduto là fuori su un masso, con gli occhi grigi che danzavano divertiti nel contemplare la mia espressione esterrefatta. Era magro e sciupato ma lucido e vigile, e il suo viso arguto appariva abbronzato dal sole e reso più ruvido dal vento. Col suo abito di tweed e il cappellino di panno sembrava un turista qualunque in giro per la brughiera, ed era quasi riuscito, con quell’amore felino per la pulizia personale che gli era caratteristico, ad avere il mento perfettamente liscio e biancheria inappuntabile come se si fosse trovato in Baker Street.

- Non sono mai stato più felice di vedere qualcuno in tutta la mia vita – esultai stringendogli forte la mano.

- O più stupito, magari?

- Bè, non posso negarlo.

- La sorpresa non è tutta da una parte sola, glielo garantisco. Non avevo idea che lei avesse scoperto la mia residenza temporanea, né tantomeno di trovarla al suo interno, fino a quando non sono stato a venti passi dall’entrata.

- Le mie impronte, suppongo?