Di momento in momento quella bianca coltre lanosa che ricopriva metà della brughiera si avvicinava sempre più alla casa. Ormai i primi, sottili filamenti si avvolgevano intorno al riquadro dorato della finestra illuminata. Il muretto più lontano del frutteto era già invisibile, e gli alberi emergevano da un vortice di bianco vapore. Mentre guardavamo lo spettacolo le ghirlande di nebbia strisciarono intorno a entrambi gli angoli della casa, e arrotolandosi lentamente formarono un unico argine compatto sul quale il piano superiore e il tetto galleggiavano come una strana nave sopra un mare d’ombra. Holmes colpì nervosamente con la mano la roccia di fronte a noi e pestò i piedi con impazienza. - Se non esce entro un quarto d’ora, il sentiero sarà sommerso dalla nebbia. Fra mezz’ora non riusciremo neanche a vedere le nostre mani.

- Holmes, e se ci spostassimo più indietro e in posizione più elevata?

- Sì, tanto vale spostarci.

Così, man mano che il banco di nebbia fluiva in avanti, noi arretravamo, finché ci trovammo a mezzo miglio dalla casa; e ancora uel denso mare bianco, con la luna che ne inargentava la sommità, continuava ad avanzare lento e inesorabile.

- Ci stiamo allontanando troppo – disse Holmes. Non possiamo correre il rischio che il Baronetto venga aggredito prima che possa raggiungerci. Dobbiamo mantenere uesta posizione a ogni costo. – Si mise lesto in ginocchio e appoggiò l’orecchio al terreno. – Grazie al Cielo, mi pare di sentirlo arrivare.

Un rumore di passi veloci ruppe il silenzio della brughiera. Acquattati fra i massi, scrutavamo con la massima attenzione il banco di nebbia soffuso d’argento che si stendeva dinnanzi a noi. I passi divennerio più forti e, come da dietro un sipario, spuntò fuori dalla nebbia l’uomo che stavamo aspettando. Si guardò intorno, stupito di emergere nella limpida notte stellata. Poi proseguì rapidamente lungo il sentiero, passò accanto a dove eravamo nascosti e si inerpicò per la lunga salita dietro di noi. Mentre camminava si guardava continuamente alle spalle, ora da una parte, ora dall’altra, come chi non si senta del tutto tranquillo.

- Sst! – fece Holmes, e udii lo scatto secco della sicura di una pistola. – Attenti! Sta arrivando!

Un sommesso scalpiccio, acuto, continuo, proveniva dal bel mezzo di quella cortina strisciante di nebbia. Il banco era a meno di cinquanta iarde dal nostro nascondiglio, e noi lo fissavamo tutti e tre, incerti su quale orrore stesse per balzar fuori dal suo cuore. Io sfioravo il gomito di Holmes, e per un istante lo guardai in volto. Era pallido ed esultante, e i suoi occhi brillavano luminosi al chiarore della luna. Ma improvvisamente rimase come impietrito: gli occhi gli si irrigidirono, e le labbra gli si dischiusero per lo sbalordimento. Nello stesso istante Lestrade lanciò un grido di terrore e si gettò giù, faccia a terra. Io balzai in piedi, con la mano inerte intorno alla pistola, la mente paralizzata dall’apparizione mostruosache era spuntata dalle ombre della nebbia di fronte a noi. Era un segugio, un enorme segugio nero come il carbone, ma non un segugio che occhio mortale possa mai aver veduto. Dalle fauci spalancate eruttava fuoco, i suoi occhi scintillavano come braci, e i contorni del muso, del pelo del collo e della gola mandavano un bagliore sinistro. Mai, neppure nei sogni deliranti di un cervello impazzito, si potrebbe concepiure nulla di più selvaggio, di più terrificante, di più infernale di quella sagoma scura dall’aspetto mostruoso che irruppe dal muro di nebbia davanti ai nostri occhi.

A lunghi balzi l’enorme creatura nera avanzava lungo il sentiero, seguendo dappresso le orme del nostro amico. Eravamo così paralizzati dall’apparizione che lo lasciammo passare prima di tornare in noi. Poi Holmes e io sparammo contemporaneamente, e la creatura emise un ululato terrificante, che rivelò che almeno uno di noi due l’aveva colpita. Non si fermò, tuttavia, ma seguitò a correre innanzi a grandi salti. Lontano, sul sentiero, vedemmo Sir Henry voltarsi a guardare, il viso bianco al chiarore della luna, le mani alzate per l’orrore, intento a fissare impotente la creatura spaventosa che gli stava dando la caccia.

Ma quel lamento di dolore del segugio aveva dissipato tutte le nostre paure. Se era vulnerabile doveva essere mortale, e se potevamo ferirlo potevamo anche ucciderlo. Non ho mai visto un uomo correre come corse Holmes quella notte. Io sono ritenuto un buon corridore, ma lui mi distanziò di tanto quanto io avevo distanziato il piccolo ispettore. Mentre volavamo letteralmente su per il sentiero udimmo davanti a noi le ripetute grida di Sir Henry e il grido sordo del segugio. Feci in tempo a vedere la bestia che assaliva la sua vittima, la scaraventava a terra, e si accingeva ad azzannarle la gola. Ma l’istante successivo Holmes aveva scaricato cinque proiettili della sua rivoltella nel fianco della creatura. Con un ultimo latrato d’agonia e un feroce morso nel vuoto questa rotolò sul dorso, con le quattro zampe che annaspavano, e poi si afflosciò su un lato. Mi chinai, ansimando, e puntai la pistola contro la spaventosa testa baluginante, ma era inutile premere il grilletto. Il gigantesco cane era morto.