Sir Henry giaceva privo di sensi nel punto in cui era caduto. Gli strappammo il colletto della camicia, e Holmes mormorò una preghiera di gratitudine quando vide che non c’erano segni di ferite e che il salvataggio era stato tempestivo. Le palpebre del nostro amico ebbero un fremito e lui accennò addirittura a un debole sforzo per muoversi. Lestrade infilò la sua fiaschetta di brandy fra i denti del Baronetto, e due occhi terrorizzati si spalancarono su di noi. - Mio Dio! – sussurrò. – Cos’era? Cos’era, in nome del Cielo?

- E’ morto, qualunque cosa fosse – ripose Holmes. – Abbiamo sepolto il fantasma di famiglia una volta per tutte.

Anche solo per dimensioni e potenza, era una creatura terribile quella che giaceva allungata davanti a noi. Non era un segugio di razza pura, e non era nemmeno un mastino purosangue; ma pareva piuttosto un incrocio dei due – magro, selvaggio, e grosso quanto una piccola leonessa. Perfino ora, nella rigidità della morte, pareva grondare fiamme bluastre dalle fauci spalancate, e i piccoli occhi infossati erano cerchiati di fuoco. Posai la mano sul muso luminescente, e quando la ritrassi anche le mie dita erano circondate da un alone che riluceva nell’oscurità.

- Fosforo – dissi.

- Preparato ad arte – aggiunse Holmes, annusando l’animale morto. – Non c’è alcun odore che avrebbe potuto interferire col suo fiuto. Le dobbiamo le nostre più profonde scuse, Sir Henry, per averla esposta a un simile terrore. Io mi aspettavo un grosso cane, ma non una creatura come questa. E la nebbia ci ha concesso poco tempo per preparargli la dovuta accoglienza.

- Voi mi avete salvato la vita.

- Dopo averla messa a repentaglio. Si sente abbastanza in forze da reggersi in piedi?

- Datemi un altro sorso di quel brandy e sarò pronto a tutto… Bene! Ora, se volete aiutarmi a rialzarmi. Cosa intendete fare?

- Lasciarla qua. Lei non èin grado di affrontare altre avventure per stanotte. Se ci aspetta, uno di noi la riaccompagnerà alla Hall.

Fece un tentativo di rimettersi in piedi, ma era ancora mortalmente pallido e tremava come una foglia. Lo aiutammo ad appoggiarsi a una roccia, dove si rannicchiò in preda ai brividi col volto nascosto fra le mani.

- Adesso bisogna che la lasciamo – disse Holmes. – Dobbiamo finire il lavoro, e non c’è un minuto da perdere. Il caso è completo, e ora ci manca solo il nostro uomo.

- Abbiamo una possibilità su mille di trovarlo in casa – continuò mentre tornavamo rapidamente sui nostri passi, giù per il sentiero. – Quegli spari devono averlo avvisato che il gioco è finito.

- Eravamo piuttosto lontani, e questa nebbia potrebbe averli attutiti…

- Potete star certi che lui seguiva il cane per poterlo poi richiamare indietro. No, no, ormai se n’è andato! Ma ispezioneremo la casa per accertarcene.

La porta principale era aperta, così ci precipitammo dentro e setacciammo una stanza dopo l’altra provocando lo stupore di un vechio domestico barcollante in cui ci imbattemmo nel corridoio. Non c’erano luci accese tranne che in sala da pranzo, ma Holmes afferrtò la lampada e non lasciò alcun angolo della casa inesplorato. Non c’era segno dell’uomo che stavamo cercando. Al piano superiore, tuttavia, una delle porte delle camere da letto era chiusa a chiave.

- C’è qualcuno, qui dentro! – esclamò Lestrade. – Sento dei movimenti. Aprite la porta!

Dall’interno si udirono un flebile lamento e un fruscio. Holmes colpì la porta con la pianta del piede proprio sopra la serratura, ed essa si aprì. Pistola alla mano, irrompemmo tutti e tre nella stanza.

Ma non c’era traccia di quel criminale spietato e temerario che ci eravamo aspettati di scovare. Invece, ci trovammo di fronte a qualcosa di così strano e inatteso che per un aattimo restammo sbigottiti.

La stanza era stata arredata come un picolo museo, e sui muri era allineata un gran quantità di bacheche dal coperchio di vetro, piene della collezione di farfalle e falene il cui conseguimento aveva rappresentato la passione di quell’individuo contorto e pericoloso. Nel centro della stanza era conficcato un trave diritto che doveva esservi stato collocato da tempo per puntellare il vecchio soffitto di legno corroso dai tarli. A questo palo era legata una sagoma talmente avvolta e stretta nelle lenzuola che erano state usate per imprigionarla che in quel momento non si sarebbe potuto dire se si trattava di un uomo o di una donna. Un asciugamano le passava intorno alla gola ed era annodato dietro il pilastro. Un altro copriva la parte inferiore del viso, e al di sopra di questo due occhi scuri – occhi pieni di dolore e di vergogna, e di terribili interrogativi – erano fissi su di noi. Mentre la sua bellissima testa le si reclinava sul petto, vidi chiaramente attorno al collo la striscia rossa di una frustata.