A volte anche un romanzo ben costruito può risultare irritante. A me è successo con I delitti di Mangle Street (Newton Compton) di M.R.C. Kasasian, di cui avevo segnalato l’uscita qualche mese fa (QUI il post precedente). Il libro, che narra le indagini dei detective di Gower Street, secondo quanto afferma l’editore ci propone una storia del nuovo Sherlock Holmes, ma dopo la lettura è chiaro che si tratti soltanto di uno spot pubblicitario ingannevole. E se mai ciò che l’editore promette sia stata anche l’intenzione dell’autore, allora l’inganno è doppio. Ma vediamo di fare chiarezza.

Siamo nella Londra del 1882, dove l’investigatore privato celebrato dalla stampa, dal pubblico e da Scotland Yard  è tale Sidney Grice che, per una serie di circostanze che adesso è inutile riportare, è affiancato dalla giovanissima March Middleton. Lui è eccentrico, pignolo, analitico, deduttivo… Dunque, il ritratto di Sherlock Holmes,direte. Invece, no. Grice condanna con asprezza chi cede ai piaceri del fumo e di un sorso di alcol, è maniaco dell’ordine, non contempla la possibilità di saltare un pranzo, odia la musica e il teatro. E, poi, è talmente pieno di sé ed egocentrico che concepisce il suo lavoro solo come fonte di guadagno, come strumento per punire il colpevole e non per fare giustizia e come mezzo per aumentare la sua notorietà. Inoltre, afferma che lui non sbaglia mai e che comunque, nell’ipotetico caso che dovesse accadere, non sarebbe disposto a riconoscerlo perché comprometterebbe la sua buona fama. Tutto l’opposto di Sherlock Holmes, insomma.

E però le citazioni sherlockiane si sprecano. Un sospetto italiano con una chioma riccia di coloro rosso, la scritta “Vendetta” (anch’essa in italiano) tracciata col sangue della vittima – che fa il paio con la scritta “Rache” nell’avventura d’esordio di Serlock Holmes “Uno studio in rosso” -, tante speculazioni sul probabile, l’improbabile e il possibile e via dicendo.

Ora, volendo giocare nei termini della finzione letteraria, l’indagine di Uno studio in rosso – e i giornali ne avevano scritto – si era svolta l’anno precedente (1881), e quindi Sherlock Holmes era già attivo. Come può Grice, che dice di aver già risolto quasi 200 casi, essere “il nuovo Sherlock Holmes”? 

Ma poi, arrivando quasi alla fine del romanzo, salta anche il gioco letterario e l’irritazione raggiunge l’apice. Ed ecco il motivo. La signorina Middleton si fa curare le complicazioni di una caduta dal dottor Arthur Conan Doyle che, saputo che lei è la collaboratrice del celebre Grice, dice che potrebbe essere di ispirazione per inventare un bel personaggio da romanzo. Per dirla con il linguaggio dei fumetti: GASP! Nel 1882 Conan Doyle non abitava ancora a Londra. Esercitava la professione a Plymouth, prima in società con un amico e poi,sciolta la società, si trasferì a Southsea, sobborgo di Portmouth, dove aprì un suo personale studio medico e dove visse sino alla fine del 1890. E lì scrisse, per chi crede che non sia stato Watson il vero biografo di Sherlock Holmes, sia “Uno studio in rosso”, dato alle stampe nel 1887, sia “Il segno dei quattro”, pubblicato nel 1890. Impossibile, dunque, che Doyle esercitasse a Londra nel 1882, dove si stabilì solo alla fine del 1890.

Insomma, per proporsi come l’ispiratore di Sherlock Holmes  o come il nuovo Sherlock Holmes “I delitti di Mangle Street” è, in realtà, un gran guazzabuglio di errori. Peccato, perché l’intreccio giallo, ben congegnato, avrebbe meritato un romanzo di altro tenore.