La Ugo Guanda Editore nella collana Narratori della Fenice ripropone ai lettori il romanzo Un re senza distrazioni (Un roi sans divertissement, 1947) scritto dall’autore francese Jean Giono.

Quanti conoscono le opere di questo grande scrittore nato in Provenza a Manosque, dove ha sempre vissuto, sa perfettamente che non si parla di un autore specificatamente di libri gialli, ma questo romanzo lo si può ritenere a tutti gli effetti un giallo con forti venature di noir.

Giustamente nella sua interessante introduzione Pietro Citati afferma che il personaggio principale è un faggio, un maestoso albero che si trova vicino alla strada di Avers, ma preferiamo indicare il personaggio, per noi principale nella figura del capitano Langlois.

Di questo capitano Jean Giono ha già raccontato alcune sue avventure nei Recits de la demi-brigate (Sellerio – La fine degli eroi). Viene descritto come un uomo con baffi, occhi neri che penetrano nell’animo di chi guarda e che fuma una lunga pipa di terra.

Ha servito la patria durante l’impero napoleonico e ora nella Francia di Luigi Filippo.

Siamo nel 1843 e al capitano Langlois, insieme ad alcuni gendarmi, viene comandato di recarsi in un piccolo paese sperduto tra le montagne, qui gli abitanti sono terrorizzati perché durante l’inverno sono avvenute delle sparizioni veramente misteriose, le persone sicuramente sono state uccise ma dei loro corpi non vi è nessuna traccia e non si riesce a capire chi può essere l’omicida.

Nell’indagare il capitano Langlois crede, in alcune occasioni, di aver individuato il colpevole delle sparizioni, ma non è così, poi, fortunosamente un abitante del luogo di nome Frederic vede, non visto, un individuo che trasportando un grosso fagotto, si avvicina ad un enorme faggio, per poi scomparire nella nebbia senza più nulla sulle spalle.

Frederic scopre che nell’albero sono stati piantati dei grossi chiodi che permettono di arrampicarsi senza fatica sino a una diramazione dei grossi rami e qui scopre che l’interno dell’albero e cavo e il misterioso uomo vi ha appena buttato il corpo di una abitante del suo paese, seguendone le orme impresse sulla neve, ritrova l’uomo che camminando a passo svelto si allontana per arrivare dopo un lungo percorso di varie miglia a un altro paese.

Rientrato, si premura di avvertire il capitano Langlois, il caso è risolto, il mostro viene arrestato (era un rispettabile uomo della buona borghesia) e lo stesso capitano, ergendosi al ruolo di pubblica accusa e giudice, senza perdere tempo lo porta all’interno del bosco dove lo ucciderà con due colpi di pistola.

Dopo questo episodio nel capitano avverrà un grande cambiamento: diventa un uomo cauto, cupo, covando forse dei dubbi su quanto avvenuto. Dopo aver dato la caccia e ucciso un lupo che si aggirava nei d’intorni, il capitano riacquisterà una certa serenità, decidendo poi di sposarsi.

Non raccontiamo quale sarà la fine del capitano Langlois ma possiamo affermare che si tratta di un romanzo noir estremamente interessante, che può avere molti piani di lettura e che poteva essere scritto solo da un grande autore come Jean Giono

un brano

Nondimeno, disse: «Dorothée! Dorothée morta! »

Infatti, quello era il volto ben noto di Dorothée, il bel volto di Dorothée, Dorothée della quale, venti minuti prima, aveva visto la finestra illuminata. In quei pochi secondi, frammezzo al sogno e al volto smaltato della pastorella, si rese conto che la cosa mostruosa era appena stata consumata; che Dorothée si era alzata per prima a fare il caffè, che doveva essere uscita per prendere la legna e… Sparita! No, stavolta non era sparita; era lì, la vedeva. Si arrischiò perfino a toccarla. Era così familiare, Dorothée! Allora, l'uomo? Era l'uomo!

Frédéric II si ritrovò senza accorgersene ai piedi del faggio e sulle tracce dell'uomo, dietro il cespo di rovi, poi nel prato in salita; tracce nette, isolate, fresche, nella nebbia, con la speranza di non raggiungerlo, oh! no, no! E proseguiva.

L’autore

Jean Giono (1895-1970) è nato a Manosque, in Provenza, dove ha sempre vissuto. Tra i suoi libri ricordiamo: L'ussaro sul tetto. Una pazza felicità. Il Disertore, Angelo e Nascita dell'Odissea, tutti pubblicati da Guanda. Presso Salani è uscito L'uomo che piantava gli alberi.

la “quarta”

È il 1843. La sparizione improvvisa di due persone a distanza di tempo sconvolge la quiete di un paesino sperduto fra le montagne dell'Alto Delfinato. Il capitano Langlois, ex combattente e reduce della campagna d'Algeria, viene mandato a indagare. In breve tempo scopre i cadaveri degli scomparsi e si mette sulle tracce dell'assassino. Ma è qui che comincia il vero "giallo", il mistero che troverà soluzione soltanto nelle ultime righe del romanzo. Ed è qui che le parti si rovesciano, e oggetto dell'indagine diventa lo stesso Langlois: perché si ostina a ripetere che quell'uomo – l'assassino – non è un mostro?

Come ha fatto, prima ancora di arrivare a incastrarlo, a comprenderlo così a fondo? In quella vicenda lontana, in quella storia di sangue che poteva sembrare destinata a offrire soltanto qualche ora di "distrazione" a dei comuni, normali lettori, c'è qualcosa che ci tocca, che ci coinvolge profondamente. È questo il punto, il senso dell'indagine: quanto è grande la distanza che separa l'essere normale dal mostro?

Jean Giono, Un re senza distrazioni (Un roi sans divertissement, 1947)

Traduzione Francesco Bruno 

Ugo Guanda Editore, collana Narratori della Fenice, pagg. 211, euro 18,00