Stiamo parlando della famosa serie televisiva True Detective di Nic Pizzolato, la cui prima stagione debuttò negli Stati Uniti il 12 gennaio 2014 e fu subito un grandissimo successo.

Visto l’entusiasmo del pubblico, l’emittente americana HBO, con la quale Pizzolato aveva prodotto la prima stagione, pensò di approfittare della situazione e creare immediatamente una nuova serie di episodi di True Detective. Purtroppo questa volta i risultati furono ben diversi.

Alla base di tale differenza vi sono senza dubbio svariati fattori, primo fra tutti la fretta con la quale HBO pretese l’uscita della seconda stagione. Infatti Pizzolato ebbe a sua disposizione addirittura anni per la creazione della prima, che in origine l’autore aveva concepito come un romanzo: soltanto a lavoro concluso, si rese conto che True Detective sarebbe stato più adatto agli schermi televisivi che alle pagine di un libro. Per la creazione della seconda stagione, invece, l’autore ebbe appena un anno di tempo (la serie infatti uscì già il 21 giugno 2015).

Una serie antologica True Detective è una serie antologica, il che significa che ogni stagione presenta personaggi e vicende completamente nuovi.

All’inizio della prima stagione, il pubblico assiste all’interrogatorio di due ex detective della Polizia di Stato della Louisiana, Martin Hart (interpretato da Woody Harrelson) e Rustin Cohle (Matthew McConaughey), riguardo a un cruento caso di omicidio che li aveva resi famosi anni prima. Ed ecco che lo spettatore viene catapultato nel passato, o meglio nei ricordi dei due detective, che nel 1995 si erano trovati alle prese con il brutale omicidio di Dora Lange, probabilmente connesso a un rituale satanico.

La storia procede fra continui sbalzi fra passato e presente, guidati dalle ciniche riflessioni di Cohle e dai toni più pacati di Hart. La ragione del loro interrogatorio sono i collegamenti che la polizia ha trovato fra il caso Dora Lange e un’altra indagine, attualmente in corso, su una ragazza trovata morta in circostanze simili a quelle dell’omicidio del 1995.

La seconda stagione è ambientata non più in Louisiana, bensì in California, più precisamente nell’immaginaria città di Vinci, dove un importante politico locale viene ritrovato morto dall’agente di polizia della California Highway Patrol Paul Woodrugh (Taylor Kitsch). Il caso viene affidato a una task force che vede uniti nella difficile indagine, oltre a Woodrugh, anche i detective Antigone “Ani” Bezzerides (Rachel McAdams) e Ray Velcoro (Colin Farrell) della corrotta Polizia di Vinci.

Nic Pizzolatto
Nic Pizzolatto

A rendere più complicata la situazione sono le tormentate vicissitudini dei tre investigatori, tutti e tre deboli pedine nelle mani di enti più grandi e corrotti di loro, fra cui Francis Semyon (Vince Vaughn), uno spietato imprenditore che sta cercando di nascondere il suo passato criminale, ma con la morte del suo socio d’affari (niente meno che il politico ritrovato da Woodrugh) tutti i suoi piani sembrano andare all’aria e il passato ritorna a galla più minaccioso che mai…

Punti in comune fra le due stagioni sono il numero di episodi (sempre otto) e le indimenticabili sequenze di apertura, che uniscono alla qualità musicale un meticoloso processo di lavorazione e grande cura per i dettagli e per gli effetti speciali.

Il tema di apertura della prima stagione è Far From Any Road del gruppo alternativo country The Handsome Family, che diversi critici hanno definito come una delle migliori sigle di apertura nel panorama televisivo. Gli episodi della seconda stagione invece si aprono con un più cupo Nervermind di Leonard Cohen. Interessante è il fatto che, per ogni episodio, le parole della sequenza di apertura cambiano, presentando ogni volta un pezzo nuovo della canzone di Cohen.

L’universo degli uomini Mentre la prima stagione offre una vicenda estremamente complessa e interpretabile sotto diversi punti di vista, la seconda risulta sicuramente più limitata. L’unica tematica comune a tutte e due le stagioni è quella della virilità, un filo rosso che sembra scorrere attraverso lo scheletro di entrambe le storie.

La prima stagione ruota attorno a due uomini, che non sono soltanto i protagonisti della storia, bensì gli occhi attraverso i quali la vicenda viene filtrata. Sono uomini che vivono in un mondo brutalmente maschile, incapaci di gestire nel modo corretto le proprie relazioni con l’universo femminile.

L’intera storia è incentrata sulle violenze che le donne subiscono da parte degli uomini. Violenze che molto spesso vengono ignorate dal resto della società, come il detective Cohle sottolinea denunciando la scomparsa di donne e bambini che a volte la stessa polizia tenta di nascondere. Tutto ha inizio proprio con l’omicidio di una donna, che getterà la luce su un’altra serie di indicibili crimini che le autorità da sempre hanno cercato di coprire…

La seconda stagione di True Detective presenta fra i suoi protagonisti l’agente Ani Bezzerides: un’apertura verso il mondo femminile? Non esattamente, perché la prima caratteristica di Ani che colpisce lo spettatore è proprio il suo rifiuto per la filosofia aperta e “femminile” praticata dal padre, fondatore di una sorta di “ritrovo” spirituale. Ani vive in una dimensione priva di sentimento, incarnando pienamente la rude e “virile” natura del poliziotto modello.

A fianco ad Ani, Ray Velcoro è costretto a vivere in un mondo corrotto, che non riconosce i suoi valori e i suoi ideali, e ad affrontare una situazione familiare assolutamente disperata. Lo spietato Francis Semyon lotta per mantenere la propria virile e nobile facciata tentando di “legittimare” il suo operato da criminale e, infine, l’agente Woodrugh rappresenta il tipico omosessuale represso che trascorre la sua esistenza lottando contro la sua vera natura.

La religione e il pessimismo Durante la prima stagione di True Detective il tema della religione è affrontato anche attraverso i più piccoli dettagli, a partire dalle immagini che sfilano durante la sequenza di apertura o dalle “sculture” in legno che l’assassino lascia dietro di sé e che tanto ossessionano il detective Cohle.

Al centro della vicenda sta il Cristianesimo, o piuttosto la dicotomia fra religione e razionalità, dove la prima viene interpretata come nient’altro che una forma di evasione dalla realtà. Le ciniche riflessioni di Cohle esprimono al meglio questa visione del mondo, anche se, secondo alcuni critici, non si tratterebbe di una critica alla religione in sé, bensì al potere della suggestione e allo zelo religioso di certi individui che possono condurre a drammatiche conseguenze. Dopo tanto cinismo non ci si può di certo aspettare un lieto fine, se non fosse per l’interessante evoluzione del personaggio che più di tutti incarna tale pessimismo: il detective Cohle, la cui incredibile esperienza lo condurrà a una graduale trasformazione e a un’inaspettata epifania finale.

Una serie televisiva in grado di suscitare sentimenti tanto profondi non può non aver affascinato il pubblico mondiale (per poi deluderlo con l’uscita della seconda stagione), ma per i fan di True Detective c’è ancora motivo di speranza. Pare infatti che HBO sia decisa a non abbandonare il progetto e impegnarsi nella realizzazione di una terza stagione, che riprenda i toni e la qualità della prima. Non ci resta che aspettare…