L’analisi comportamentale del Serial Killer

Torna in libreria Mindhunter di John Douglas e Mark Olshaker

Dopo anni di ingiustificato oblio editoriale, torna disponibile, grazie a Longanesi, il famoso Mindhunter di John Douglas e Mark Olshaker. Douglas è noto per aver fornito indispensabili apporti agli studi sul criminal profiling effettuati presso la Behavioral Science Unit (B.S.U.) dell’FBI, costituita nel 1972 da Jack Kirsch come sviluppo di un programma di analisi criminologico-comportamentale attivato lo stesso anno presso il Bureau da Howard Taten e Patrick Mullany. Con tale Unità collaborarono, nel corso degli anni, agenti-criminologi come Robert Ressler, Roy Hazelwood, Tony Rider, Kenneth Lanning e, appunto, John Douglas. Scopo dei loro studi era quello di verificare la spendibilità investigativa dell’ipotesi secondo cui il comportamento riflette la personalità. Si giunse all’elaborazione di un vero e proprio protocollo analitico che, partendo dall’analisi delle risultanze di una indagine criminale, consentisse di formulare ipotesi sui tratti personologici dell’autore sconosciuto del delitto esaminato e, in tal modo, di orientare utilmente l’investigazione. Concetti come “omicida organizzato e disorganizzato”, “modus operandi”, “signature” e “staging” sono ormai divenuti familiari anche al grande pubblico ed hanno costituito la premessa per ulteriori modelli di profiling, delineati anche al di fuori dell’FBI.

In tale prospettiva, John Douglas si interessò, in particolare, di omicidi seriali. Mindhunter dà conto degli studi dell’autore e dell’attività di divulgazione e di consulenza a cui egli si dedicò con una intensità tale da rischiare di compromettere irreparabilmente la sua salute. Proprio dalla sua malattia, una grave emorragia cerebrale, e dalla successiva, faticosa riabilitazione, prende le mosse l’appassionante volume che, tra lo studio criminologico, la rievocazione true-crime e l’autobiografia, racconta l’impegno profuso da Douglas per promuovere il suo programma di analisi comportamentale; i suoi rapporti con i familiari e con i colleghi dell’FBI; la sua partecipazione alle indagini su crimini particolarmente efferati per testare l’utilizzabilità dei suoi metodi; le conversazioni avute in carcere con soggetti come Charles Manson, mandante di crimini atroci, John Wayne Gacy autore di spietati delitti che compiva vestito da clown, James Earl Ray, sicario di Martin Luther King, etc. Tali conversazioni erano finalizzate a scandagliare intimamente le dinamiche psicologiche dell’omicida seriale, per poter giungere ad approntare utili strumenti di gestione e contrasto del fenomeno. “Non è sempre facile”, ci dice Douglas, “e non è mai piacevole mettersi nei panni di simili individui, entrare nella loro mente. Ma è proprio questo che ci si aspetta da noi. Dobbiamo riuscire a sentire cosa prova nell’intimo ciascuno di loro”. Asserzione che mirabilmente sintetizza l’approccio analitico del profiler e dà conto dell’inevitabile, spesso straziante, malessere che ne deriva.

John Douglas (a destra) e Mark Olshaker
John Douglas (a destra) e Mark Olshaker

Non mancano, nel testo, significativi riferimenti a Sherlock Holmes. I predecessori dei profiler, considera l’autore, “sono da ricercarsi più nella narrativa criminale che nel crimine vero e proprio”. E se “il romanziere inglese Wilkie Collins si occupò di analisi comportamentale in opere avveniristiche per il suo tempo […] fu l’immortale creatura di Sir Arthur Conan Doyle, Sherlock Holmes, a proporla al mondo intero. Per noi è un grande onore”, conclude Douglas, “essere paragonati a questo personaggio letterario”. Egli riferisce poi, non senza una punta di divertito orgoglio, che “il cognome da nubile di mia madre era Holmes…”

Insomma, un testo senz’altro da recuperare, decisamente raccomandabile a tutti coloro che si interessano di criminologia, di investigazione criminale e di criminal profiling, argomenti invariabilmente idonei ad evocare il consulting detective di Baker Street.

Gli autori

John E. Douglas è stato agente e capo dell’unità investigativa di supporto dell’FBI, riuscendo nel corso degli anni, a creare un vero e proprio programma di criminal profiling. Ritiratosi del servizio nel 1995, ha raggiunto fama internazionale anche grazie alle sue pubblicazioni divulgative ed alle sue apparizioni in tv. È il modello cui Thomas Harris si è ispirato per creare il personaggio di Jack Crawford, co-protagonista di romanzi come Red Dragon e Il silenzio degli innocenti.

Mark Olshaker, scrittore e produttore cinematografico, ha prodotto il programma Mind of a Serial Killer, nominato agli Emmy. Ha scritto e realizzato numerosi documentari, aggiudicandosi un riconoscimento per Roman City