Raccontaci come è nata questa nuova avventura recentemente pubblicata sul n. 15 di “Storie da Altrove”, e cosa ti ha spinto verso il personaggio di Lupin e la Contessa di Cagliostro.

Come credo tutti - o quasi tutti - della mia generazione, ho conosciuto Arsenio Lupin negli anni settanta attraverso la serie televisiva con Georges Descrières, per cui non appena il personaggio è diventato di dominio pubblico l’ho voluto subito utilizzare in “Altrove”. Come antagonista, ho pensato alla Contessa in quanto mi consentiva di collegarmi a Cagliostro, un personaggio “mysterioso” che fino a quel momento non era mai stato trattato (se non di sfuggita) su Martin Mystère e relativi spin-off. Devo confessare che, serie televisiva a parte, non conoscevo molto bene il Lupin letterario, e per la sua caratterizzazione mi sono avvalso della consulenza di Alfredo Castelli, che è molto più “Lupiniano” di me.

Ci racconti come approcci la sceneggiatura delle tue storie e quanto tempo dedichi agli approfondimenti storici prima di iniziare la stesura. Quanto ci metti poi per la sola stesura?

Parto sempre dal soggetto, che a seconda dei casi puo’ essere molto dettagliato, o descritto in mezza pagina. In genere di una storia ho ben chiari l’inizio e la fine, ma, per il resto, decido man mano che vado avanti. E’ come intraprendere un viaggio (paragone neanche troppo originale, me ne rendo conto): so da dove parto e dove voglio arrivare, e anche quali tappe ci sono da fare lungo il percorso; però spesso stabilisco sul momento che strada fare per recarmi da un punto a un altro.

Gli approfondimenti storici richiedono sempre un certo tempo. Spesso compro libri su temi che mi incuriosiscono, con la vaga idea di scriverci su una storia, prima o poi; a volte, questo avviene anche a distanza di anni. Può capitare l’opposto: che i tempi di lavorazione e le scadenze mi obblighino a fare una full immersion sull’argomento dell’albo, documentandomi in rete (internet è stata una manna: non so come facevamo a vivere prima; o meglio, lo so benissimo: comperando libri oppure svolgendo ricerche in biblioteca, cosa che – per la cronaca – non mi manca per niente). Per la sceneggiatura, i disegnatori che lavorano per la Bonelli hanno tutti un certo numero di pagine da realizzare mensilmente, e quindi occorre scriverne con regolarità almeno altrettante, per tenerli sempre “coperti”. In genere gli sceneggiatori non lavorano mai a una sola storia, ma ne realizzano (quasi) sempre diverse simultaneamente; una settimana scrivo 10 pagine per il disegnatore A; la settimana dopo, 19 per il disegnatore B; la settimana dopo ancora, 15 per il disegnatore C; e così via. Il “metodo bonelliano” di realizzare le sceneggiature a pezzi e a bocconi ti permette di mantenere la mente sempre elastica, saltando in continuazione da una narrazione a un’altra.

In questo volume torna Sherlock Holmes, già apparso se non ricordo male almeno un paio di volte nelle tue sceneggiature di “Martin Mystère” e varie volte negli albi delle “Storie da Altrove”. Il fatto che sei "recidivo" lascia intendere che nutri una grande passione per questo detective. Da dove nasce il tuo amore per Sherlock Holmes?

Ho iniziato il mio lavoro alla Sergio Bonelli Editore proprio con una storia di Martin Mystère in cui compariva Holmes, e, per quanto riguarda “Altrove”, questo è il quinto albo con lui  protagonista (o coprotagonista). La passione per il personaggio l’ho, in  un certo senso, “ereditata” da quella per Nero Wolfe (a sua volta trasmessami da mia madre). Da bambino avevo conosciuto Holmes alla TV, attraverso i film con Basil Rathbone e Nigel Bruce, ma mi sono messo a leggere Conan Doyle solo nella tarda adolescenza, e sono diventato subito un fan.

Quale storia canonica di Holmes è la tua preferita, tra quelle scritte da Conan Doyle?

Difficile scegliere, molto difficile. Una è impossibile, ne cito tre (e, se me lo chiedessi di nuovo la settimana prossima, forse ne citerei altre tre): “Uno scandalo in Boemia”, “Il poliziotto morente” e “La valle della paura”.

Tra i vari attori che hanno interpretato Sherlock Holmes al cinema e in tv, ci
Basil Rathbone
Basil Rathbone
citi i tuoi preferiti?

Saro’ tradizionalista, ma per me Holmes è sempre Basil Rathbone. Il che non significa che non abbia apprezzato Jeremy Brett, e che non apprezzi moltissimo Benedict Cumberbatch (Robert Downey jr. è bravo, ma quando lo guardo non posso fare a meno di vedere sempre Tony Stark). Aggiungo anche Peter Cushing e Nicol Williamson, quest’ultimo per come ha saputo rendere uno Holmes vulnerabile ne “La soluzione sette percento”.

Cosa ne pensi degli apocrifi sherlockiani? E' giusto che Sherlock Holmes continui a vivere oltre al canone (e lo chiedo a uno che di fatto contribuisce a questi apocrifi anche se tramite l'arte del fumetto)...

Quando ho cominciato ad interessarmi a Holmes, ho seguito subito sin dall’inizio in egual misura canone e apocrifi, quindi questi ultimi sono per me imprescindibili. Certo è che sono una vera e propria selva nella quale è arduo muoversi, e dove si puo’ trovare tutto e il contrario di tutto, sia i prodotti buoni che le ciofeche. Io ho amato particolarmente Nicholas Meyer, Michael Hardwick e Loren D. Estleman (più “Dottor Jekyll e mr.Holmes” che “Sherlock Holmes contro Dracula”); mi piacciono naturalmente i crossover, quando sono ben riusciti, come per esempio “Ten Years beyond Baker Street” di Cay Van Ash, dove Holmes lotta contro il dottor Fu Manchu.

Hai già in mente qualche nuovo soggetto con Sherlock Holmes per le prossime avventure di “Storie da Altrove”?

Per adesso non pensiamo di riprendere Holmes, perché l’abbiamo impiegato in cinque albi su quindici, e temiamo di stufare, però vorrei raccontare, prima o poi, un’avventura nella prima guerra mondiale, con Sherlock impegnato a lavorare per il controspionaggio britannico. Mi piacerebbe inserire nella vicenda un informatore che – secondo me – Holmes aveva nei servizi segreti dell’impero Austro-ungarico, un giovane montenegrino amante delle orchidee e della buona cucina. Si accettano scommesse sulla sua vera identità.