Lo zoo del delitto di Edgar Wallace, S.S.Van Dine e G.K.Chesterton, Mondadori 2022.

Come ci fa sapere Mauro Boncompagni nella sua bella Introduzione “Gli animali, veri o fittizi, reali o simbolici, hanno giocato a lungo un ruolo importante nello sviluppo del mystery. Che siano assassini, povere vittime della crudeltà umana, sagaci detective (sì, succede anche questo), spalle degli investigatori, o che rappresentino semplicemente degli indizi per arrivare alla soluzione dell’enigma, il loro posto nella storia del giallo è stabile e duraturo.”

Animali di tutti i tipi: pappagalli, gatti, cacatua, gorilla, piccioni, cervi, tartarughe, tigri… per non parlare di quelli immaginari o mitologici. E ora vediamo quali animali ci troveremo di fronte in queste storie…

L’inafferrabile di Edgar Wallace

Ogni volta che leggo qualcosa di Wallace mi gira la testa. Difficile anche farne un semplice sunto tanto intricate sono le situazioni della storia. Allora, per esser brevi, diciamo subito che qui come animale abbiamo un serpente piumato. Arriva ai destinatari disegnato su un cartoncino insieme ad un minaccioso ammonimento. Conseguenze ineluttabile morti ammazzati, rapimenti, personaggi che non sono quelli che sembrano, il passato che si riversa funesto sul presente, continuo movimento e colpi di scena insieme a squarci di classico mystery e vendetta tremenda vendetta. A districare la matassa ingrovigliata assai un giornalista innamorato. E allora, via, anche un po’ di sentimento che fa sempre bene…

La tragedia in casa Coe di S.S. Van Dine

Per John F. X. Markham, procuratore distrettuale della contea di New York, e per il sergente Ernest Heath trattasi semplicemente di suicidio. Non per l’investigatore dilettante Philo Vance…

Ma andiamo per ordine. Tutto è cominciato da una telefonata del maggiordomo Gumble al suddetto Markham con cui lo informa che il noto collezionista Archer Coe si è sparato nella sua camera da letto chiusa dall’interno. Seduto nella poltrona con un revolver in mano e una ferita da proiettile nella tempia destra. Sembra tutto chiaro ma c’è qualcosa che non torna, tra una sigaretta e l’altra, nella mente acuta di Vance. Per esempio i pesanti stivaletti ai piedi del morto invece delle pantofole, una stilografica sotto la scrivania, la scelta della poltrona proprio di fronte alla porta (perché?…). In seguito anche un vaso cinese fasullo sul tavolo e la presenza di un terrier scozzese ferito (ecco l’animale!) proprio la notte del tragico evento. Diversi i personaggi, diversi indiziati ognuno con una ben disegnata personalità. Di mezzo anche il classico testamento e al centro il nostro Philo Vance che fuma, sorseggia vini di classe e mette continuamente in crisi il povero Markham con le sue improvvise intuizioni e gli improvvisi silenzi. E non mancheranno altri morti, altri uccisi, insieme alla scoperta di come è potuto avvenire un delitto in una stanza ermeticamente chiusa (occhio a due pezzi di spago e a due spilli…). Ma Vance si intende di tutto: di gialli, di vasi cinesi e, soprattutto, di cani. Il problema è risolto.

L’oracolo del cane di G.K.Chesterton

Il colonnello Druce, che indossava una giacca di lino bianca, è stato assassinato in un padiglione con una pugnalata alla schiena, ma l’arma del delitto non si trova. Nessuno è entrato nel padiglione perché il sentiero e l’ingresso erano sorvegliati “durante il periodo cruciale”.

Il fatto è raccontato dal giovane Fiennes a padre Brown. Per lui solo il cane, un grosso retriever nero di nome Nox, sa chi è stato l’assassino quando ha incominciato ad abbaiare contro uno dei personaggi. Di mezzo altri spunti interessanti tra cui ancora una volta il classico testamento, qualcuno che ha cambiato il proprio nome, un bastone particolare, molto particolare e un altro personaggio ucciso dalla “Roccia della Fortuna”. Ma al centro di tutto il cane che, secondo padre Brown, va interpretato in maniera diversa da quella del giovanotto che “gli ha fornito il linguaggio degli uomini e degli angeli”. Il cane, dog, è simpatico ma non bisogna pronunciare il suo nome alla rovescia e farlo diventare un dio.

Ancora una volta una scelta azzeccata di Mauro Boncompagni. Tre pezzi formidabili costruiti in maniera e stili diversi. Dunque, perfettamente complementari.