... La vittima muore misteriosamente all’interno di una camera chiusa, di un luogo sicuro, impenetrabile dall’esterno, nella più completa solitudine e nel più totale isolamento perde la vita nel corso di un incendio, ma le circostanze esterne sono sospette. Non ha chiesto aiuto, non è fuggita, non ha tentato di spegnere il fuoco, l’ambiente circostante risulta intatto, l’unica cosa che sembra essersi incenerita, e di sua propria sponte, è per l’appunto il cadavere. Ed ecco a Voi il Mistero del Cadavere Bruciato. Ma scientificamente esiste davvero la possibilità che un corpo umano prenda fuoco spontaneamente? In poche parole quanto è reale, chimicamente parlando, il fenomeno, tanto citato, nei romanzi dell’Autocombustione? La scena classica che si presenta agli occhi degli investigatori, o dei primi soccorritori, è da brivido, qualche osso annerito, cenere e poco più, il resto della stanza di solito non reca tracce di incendio se non per le pareti e il soffitto segnati dal fumo, solo gli oggetti di plastica sembrano essersi disciolti. Questi, oltre ai misteriosi racconti della narrativa gialla, sono anche i particolari comuni ad alcuni casi di cronaca realmente accaduti, in cui è sembrato, letteralmente, che l’incendio fosse avvenuto in maniera davvero insolita, circoscritto al solo corpo del malcapitato, con pochissime o nulle conseguenze sull’ambiente circostante, e divampato, contro ogni evidente supposizione logica, dall’interno del corpo, piuttosto che dall’esterno. Per quanto anomalo possa sembrare casi del genere sono realmente accaduti e, come comprensibile, hanno “infiammato” le fantasie dei giallisti ma, romanzi del mistero a parte, nonostante le montature dei mass media, in effetti è stata più volte avanzata la suggestiva ipotesi di un qualche genere di autocombustione interna generata probabilmente da una rara e indimostrabile reazione chimica. Uno dei casi di cronaca più famosi risale addirittura al 1731, quando fu ritrovato il corpo, o meglio quel che ne rimaneva, della Contessa Bandi di Cesena, completamente carbonizzato, in una stanza all’apparenza totalmente intatta. Da quell’epoca fino ad oggi sono state avanzate teorie di tutti i tipi, dall’alcoolismo cronico, che impregnerebbe i tessuti umani di un’alta concentrazione di etanolo, sostanza nota per essere altamente infiammabile, al metano di origine intestinale, a sostanze indotte con l’alimentazione come la fosfina, fino addirittura a fulmini globulari misteriosamente penetrati nell’ambiente, per terminare con improbabili fenomeni metabolici non meglio specificati. Comprensibile come con tanta materia fantastica e fantasiosa tra le mani i mezzi di comunicazione si siano spesso lasciati andare con i voli pindarici della mente, al punto che nel 1851 un famoso chimico di origine tedesca, il Dr. Liebig, il quale stranamente ha lo stesso nome dei dadi da minestra e che la cosa non vi metta in sospetto, decise di realizzare perfino degli esperimenti in materia. Si dimostrò così che per generare una combustione del genere il corpo umano avrebbe dovuto contenere così alte quantità di etanolo da causare comunque la morte del soggetto per avvelenamento, molto prima di far divampare un incendio. Fu comunque simulato un incendio “autoprodotto” ma con carne lasciata a macerare a lungo nell’alcool e comunque con una fonte di calore sufficientemente localizzata e vicina situata all’esterno. Questo servì però, per quanto forzato come esperimento, nessun essere umano che si conosca infatti viene lasciato in salamoia a macerare nell’alcool almeno fino a che è in vita, ad isolare un fattore comune a tutti i casi di autocombustione universalmente noti. Tutti, per quanto si sapeva, si erano verificati nelle vicinanze di un focolare acceso o di un caminetto che sfrigolava allegramente. Va poi fatto osservare che comunque nessuno di questi fenomeni, purtroppo, ha mai avuto testimoni oculari, e ci si chiede, giustamente come mai un corpo che potesse davvero generare autocombustione, dovrebbe scegliere di farlo sempre e soltanto in rigorosa assenza di imparziali osservatori? Le autopsie inoltre rilevarono sempre che in nessuna maniera gli organi interni sembravano più carbonizzati di quelli esterni, come invece dovrebbe essere per una combustione originata dall’interno. Ma esaminiamo ora i comuni denominatori che sono stati trovati nei casi ufficialmente sottoposti a studio scientifico. Le vittime erano tutte anziane, dedite all’alcool, o preda dei sonniferi, erano sempre in vicinanza di una fonte di calore esterna, sigarette, sigari, pipe, scaldini elettrici o a legna, stufe, caminetti, focolari o altre fiamme accese, il che farebbe semplicemente supporre che i soggetti colpiti, intontiti, addormentati o comunque incapaci di reagire, fossero stati assaliti dal fuoco e divorati completamente prima che potessero muoversi o fuggire, svenendo forse per lo shock o rimanendo immediatamente soffocati dal denso fumo. L’ultima e più corrente interpretazione riguarda invece l’osservazione sugli oggetti circostanti di una strana sostanza grassa, che sembrava letteralmente essersi squagliata e diffusa nell’ambiente, posandosi su ogni superficie. Così, basandosi sul fatto che la maggior parte delle vittime erano obese o comunque molto grasse si è avanzata l’ipotesi di un particolare effetto candela, dove il grasso esterno avrebbe svolto la funzione di una specie di camera di combustione, favorendo l’aumento del calore all’interno dell’adipe piuttosto che all’esterno. In pratica i soggetti sarebbero bruciati letteralmente dentro la loro pelle, che poi si sarebbe sciolta colando sulla superficie esterna dell’ambiente e ricoprendo ogni cosa. La generazione di questo effetto candela inverso, sarebbe stata originata dagli abiti, tanto è vero che solitamente le uniche parti che grottescamente risulterebbero intatte sono gli organi inferiori, abitualmenti privi di indumenti, o comunque meno coperti del resto del corpo. Logicamente nessuno mai è riuscito a riprodurre in laboratorio un simile esperimento, generando l’autocombustione spontanea o indotta, per cui allo stato delle cose, queste sono e rimangono soltanto ipotesi, per quanto macabre o convincenti esse siano. Ma ci si continua a domandare come mai speso restino solo parte degli inferiori a ricordare la presenza di quello che era un corpo, e come mai gli elementi osservati si ripresentino ricorrenti in tutti i casi finora osservati. Per cui, al di là del frequente utilizzo nella letteratura gialla, si aspetta ancora che la scienza possa dare delle risposte precise agli interrogativi inquietanti che ci si continua a porre quando si trova, all’interno di una stanza, un cadavere misteriosamente consumato dalle fiamme, e il resto dell’ambiente intatto.