È un passo breve dove Spade spiega il suo agire facendo riferimento a un vecchio caso, quello del sig. Filtcraft. Questo signore benestante e con famiglia un giorno sfugge per caso a una morte improvvisa quando assurda, viene sfiorato da un trave in caduta libera da un palazzo in costruzione. Dopo pochi minuti e dopo una breve colazione decide che il suo modo ordinato e serio di vivere non corrisponde al vero, la vita è caotica e irrazionale; la morte è legata a un evento improvviso e senza alcun senso e la vita dipende sempre dal capriccio della sorte. A una visone della realtà così legata all’illogico reagisce senza ordine né buon senso, abbandona tutto e tutti per ricominciare da capo in un’altra città, la trave aveva sollevato il cofano e gli aveva mostrato il motore della vita. Sembra echeggiare, come visione, la filosofia dell’assurdo di Camus, dove la vita diviene assurda quando subisce la perdita di senso, ad Albert Camus che giovanissimo si vede diagnosticata la tubercolosi, privato dello slancio giovanile e della salute, la vita gli si mostra senza senso e quindi assurda: simbolo della condizione assurda è il mito di Sisifo che continua a ripetere il gesto di portare in cima la roccia e una volta rotolata di nuovo in basso, riprende a spingerla in salita (questa era la sua condanna). L’accettazione di un gesto o di una vita priva di senso, l’amor fati di Nietzsche, è l’unica via per l’uomo dell’assurdo, così come la trave in caduta spiazza il sig. Filtcraft e gli imprime una spinta irrazionale e caotica.

Questo è anche spesso il modus operandi del detetcive privato hammettiano, ingarbugliare i fatti, a volte anche casualmente, per poi ricostruire una senso al delitto. Hammett e Spade, hanno della società una visione pessimistica; “non mi fido di nessuno” dirà più volte lo scrittore. Aveva appreso giovanissimo, nei sette anni di investigazione alla Pinkerton, che la società cosidetta civile o rispettabile aveva gli stessi difetti e le stesse tendenze al male della stessa società criminale; legalità, malavita e politica per lui sono molto affini e spesso si mescolano tra loro, per questo il detective più che risolvere un caso deve smascherare la menzogna in cui un cliente crede di coinvolgerlo. Una rispettabile cliente come Brigid O’Shaughnessy si dimostra subito un criminale consapevole, una doppia finzione sembra percorrere i racconti e i romanzi hammettiani. Forse non è un caso che l’ex agente cominci a scrivere nel 1922 e finisca nel 1934, almeno coi romanzi e coi racconti (proseguirà come scrittore di sceneggiature cinematografiche), sono date che combaciano quasi con le altre due date, 1920-1933, che sono gli anni in cui regna il proibizionismo, il divieto di bere.

Nell’intera legislatura americana non credo esista una legge più ipocrita, al cittadino americano è proibito di produrre, distillare e vendere alcolici, in pratica ogni volta in cui un americano beveva ( e bevavo tutti, indistinatamente) commetteva un reato, tutti per la legge erano legalmente perseguibili; si attua una magnifica finzione in tutta la società, il più rispettabile dei cittadini, bevendo una birra, diveniva un piccolo criminale. Per gli interi tredici anni in cui è rimasta in vigore la legge si inscena una grande drammaturgia dell’ipocrisia.

Questa tragicommedia della finzione si imprime, più o meno cosapevolmente, nella visone che lo scrittore ha del consorzio umano e della sua società.

Memorabile adattamento cinematografico del libro è l’omonimo film The maltese falcon del 1941, diretto da un esordiente John Huston e con Humprey Bogart nei panni di Sam Spade. La Warner credeva poco nel progetto che considerava di serie B, i dialoghi che Huston adatta quasi letteralmente dal romanzo, le atmosfere e la recitazione asciutta e essenziale di Bogart (la sua visione della recitazione è racchiusa nel detto ‘poco è già troppo’) ne faranno un successo di botteghino e di critica. È un film che di solito viene trasmesso di notte da qualche emittente locale, con un segnale disturbato, credo che queste condizioni siano preferibili al dvd coi colori posticci che hanno già rovinato Casablanca e i film di Stanlio e Ollio.

Come ogni scrittore di ‘genere’ Dashiell Hammett aspira a uscire da quel ghetto e a sentirsi integrato alla letteratura ‘alta’ o realista (mainstream), per il grande P.K. Dick, scrittore di fantascienza, sarà lo stesso; come ogni autore ha una mole di progetti non realizzati: “è magnifico avere un nuovo romanzo cui non lavorare. Cominciavo ad annoiarmi con il non lavorare soltanto a quella vecchia mezza dozzina di romanzi”.

Come ogni scrittore ha un libro annunciato, niente meno che dalla Random House e mai scritto There Was a Young Man, un racconto autobiografico incompiuto, Tulip, pubblicato postumo da Lillian Hellman da cui il brano emblematico:

“Se scrivi vuoi fama, fortuna e soddisfazioni personali. Vuoi scrivere quello che ti va di scrivere e che senti che valga qualcosa, venderne milioni di copie e ottenere che tutti quelli di cui stimi l’opinione lo trovino buono. E, ancora, vuoi che tutto questo duri secoli. È probabile che non ci arrivi mai, è probabile che non t’arrendi, o che t’ammazzi se t’arrendi, ma questa è e deve essere la tua meta. Altrimenti ciò che fai è pisciar parole su un foglio e basta”.

È notizia recente che la casa editrice Archinto sta per pubblicare Mi rifiuto di rispondere, la trascrizione degli interregatori e delle dichiarazioni che lo scrittore subì e fece alla commissione McCarthey, il senatore della famosa caccia alle streghe. Rifiutandosi di name names di fare i nomi dei colleghi comunisti, o solo simpatizzanti, lo scrittore si fece sei mesi di carcere. Il fisco gli toglie 140.000 dollari e i suoi libri vengono ritirati da librerie e biblioteche, si imprime su uno dei maggiori scrittori americani una damnatio memoriae che durerà poco.

Dopo il 1961, data della sua morte, Hammett torna prepotentemente ad imporsi come autore di culto, diviene personaggio egli stesso nel romanzo di Joe Gores Hammett[1] ;;;del 1975, Wim Wenders ne trae nel 1982 un film Hammett - Indagine a Chinatown; i suoi libri vengono costantemente ristampati e letti, ogni tanto spunta qualche inedito.

È il solito copione tragico dello scrittore o dell’intelletuale che viene colpito dal potere; colui che procedendo in direzione ostinata e contraria viene ammutolito, esiliato o processato, per poi vedersi riconoscere a posteriori la grandezza. È in buona compagnia basta ricordare solo pochi nomi: Pasternak, Mandelst’am, Giordano Bruno, Campana, Pasolini.