Dopo il ponte Pasquale, Sherlockiana si presenta questa settimana addirittura con due avventure del detective di Baker Street. La prima è in uscita stamattina, la seconda lo sarà giovedì 2 maggio. Ma partiamo con il titolo di oggi, rimandandovi poi a giovedì per la seconda uscita.

Oggi torna Giacomo Mezzabarba con il suo sedicesimo racconto All'ombra di Sherlock Holmes – 16. Il tempo che fu.

I versi di una delle più note poesie di Shelley scandiscono i passaggi di questa avventura di Holmes e Watson. Tutto prende inizio da un vecchio trumeau che nasconde uno scomparto segreto, acquistato dal dottor Watson e da sua moglie Mary presso un rigattiere di Spitalfields.

Di questo autore, che abbiamo avuto modo di apprezzare nelle precedenti quindici indagini holmesiane, ne riparleremo presto perché è in procinto di uscire con un paio dei suoi racconti anche in edizioni cartacea.

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L'autore

Giacomo Mezzabarba: di un tale che va sotto questo nome (che potrebbe anche essere uno pseudonimo), autore di vari scritti, si sa poco o niente. Le notizie su di lui sono confuse e contraddittorie, a cominciare dal suo luogo di nascita e addirittura riguardo l’epoca della sua venuta al mondo. C’è chi crede che sotto tal nome si celi un prete lombardo, notorio falsario, che assieme a fra Giovanni Pantaleo di Castelvetrano fu al seguito di Garibaldi nell’impresa dei Mille, pur senza essere mai ascritto nei ruoli di quella gloriosa milizia e che a partire dalla fine dell’Ottocento scrisse falsi racconti di Sherlock Holmes, come molti facevano in tutta Europa. Altri invece menzionano un omonimo avvistato negli anni Settanta del secolo scorso in una scuola della Valtellina, e altri ancora credono di riconoscere in lui un insegnante in uno sperduto paesino del Cilento, all’incirca negli stessi anni.

Anche se de minimis non curat praetor, come saggiamente sentenziavano i nostri padri, citiamo a solo titolo di curiosità la seguente notizia, risalente a un erudito sannita, noto per essere un grande cultore di Bacco. Costui afferma che nella capitale dell’ex Regno delle Due Sicilie esisterebbero tracce di un tale (di cui però si guarda bene dal fornire il nome) che potrebbe essere identificato col Mezzabarba di cui sopra, in servizio presso un Ateneo vesuviano. Secondo un gazzettiere cui fu rivelata la cosa nel corso di un simposio, e sempre che sia lui il soggetto di cui si ragiona, questo impostore si spaccerebbe per un discendente diretto di Sir Arthur Conan Doyle in linea materna, cianciando di aver ereditato una cassa contenente i manoscritti inediti del suo celebre avo; ma con tutta evidenza trattasi di goffi e puerili tentativi di camuffare la sua vera natura di volgare plagiario. Se questo soggetto sia poi proprio lui l’autore di dieci falsi racconti che vorrebbe proditoriamente e surrettiziamente attribuire all’illustre penna del dottor Watson, l’amico dell’impareggiabile signor Holmes, è cosa degna di nessun interesse. Bene disse Don Abbondio: Carneade. Chi era costui?