Sir Arthur Conan Doyle
Sir Arthur Conan Doyle

Nel romanzo “Uno studio in rosso” di Arthur Conan Doyle (“A study in Scarlet”, Beeton’s Christmas Annual, Ward, Lock & Co., 1887) allorché Sherlock Holmes e il dottor Watson si incontrano per la prima volta, presentati dal loro comune conoscente Stamford, Holmes accenna all’alloggio di Baker Street e avverte il suo possibile futuro coinquilino che fuma tabacco forte, fa esperimenti di chimica, suona il violino, e occasionalmente è soggetto a cali d’umore e crisi di mutismo, ma di non farci caso perché non vuol dire che sia imbronciato.

Aggiunge che, dovendo abitare insieme, è meglio che prima conoscano il peggio l’uno dell’altro. Watson abbozza, e informa Holmes che si sveglia alle ore più assurde, odia trambusto e litigi perché ha i nervi scossi, ed è molto pigro. Dice anche, proprio all’inizio dell’elenco, di avere un “bull pup”, che tradotto alla lettera vorrebbe dire un cucciolo di bulldog.

Tuttavia, che Watson abbia un cucciolo di cane (di bulldog o di altro genere) non risulta affatto, nel proseguimento del romanzo. Il cane che compare in seguito, quando Holmes fa un test su una pillola che lui sospetta contenga del veleno, è un piccolo terrier moribondo, che comunque appartiene alla signora Hudson, la quale ha chiesto al dottor Watson di praticargli l’eutanasia (“piccolo” indica presumibilmente la taglia, non il fatto che sia un cucciolo).

Nel gergo militare, con l’espressione “bull pup” si intende un certo tipo di arma da fuoco (di solito un fucile). Senza scendere nei dettagli tecnici, possiamo dire che è conformata in modo tale da essere più corta di un’arma da fuoco standard, e in effetti noi sappiamo che Watson possiede una pistola da tasca, ovvero un revolver a canna corta di tipo compatto.

Possiamo allora ipotizzare che il dottore, quando parla del “bull pup”, intenda non un cucciolo di bulldog, bensì una pistola da tasca, che nell’occasione egli non specifica. Il candidato più probabile è la Webley&Scott .44 o .45, un revolver compatto a canna carta, un’arma da tasca dal telaio rinforzato, la quale era stata soprannominata “British Bull Dog”, vale a dire “bulldog inglese”, presumibilmente perché faceva le veci di una cane da guardia, e anche perché è un’arma di grosso calibro, pur essendo un revolver da tasca.

Il termine “bull” indicherebbe dunque da un lato il bulldog revolver della Webley, ma al tempo stesso sarebbe un generico riferimento a un’arma da tasca. Senonché, l’ipotesi non è del tutto convincente. Perché, infatti, Watson avrebbe dovuto prendersi la briga di usare un gergo tecnico, per poi fornire un’indicazione generica? Se non voleva citare la marca, avrebbe potuto semplicemente dire che aveva una pistola da tasca (a pocket gun).

Revolver “British Bull Dog” della Webley (fonte Wikipedia)
Revolver “British Bull Dog” della Webley (fonte Wikipedia)

Proviamo allora a supporre che il riferimento sia preciso, ma che si tratti di un gioco di parole, suggerito dal nome della pistola. Con “bull pup” Watson intende il modello di Webley chiamato “bulldog”, ma dice di avere un bulldog “cucciolo” perché un revolver è più piccolo di un vero bulldog, e un bulldog piccolo è… un cucciolo.

Abbastanza curiosamente, il termine “bull” potrebbe di per sé avere addirittura un terzo significato, cioè “toro”, che nella circostanza è escluso, ma può aver contribuito alla battuta di Watson, per via del fatto che, se è difficile che un bulldog (anche cucciolo) stia in una tasca, figuriamoci un toro!

La traduzione della frase è problematica, in quanto la versione letterale è fuorviante. Una buona formulazione sarebbe: “Ho un bulldog da tasca”, ma può risultare criptica per molti lettori, a meno di aggiungere: “Intendo un revolver.”

Holmes, essendo un detective, usa lui stesso un revolver, perciò non considera di certo problematico il fatto che il suo futuro coinquilino porti un’arma con sé. Dal canto suo non si preoccupa di informare Watson che possiede una pistola e il motivo non è difficile da capire. Egli immagina che il medico non sarà disturbato alla vista di un revolver, sapendo già che è un veterano. La cosa interessante è che Holmes lo sa non perché Watson glielo abbia detto, ma perché ha fatto una delle sue cosiddette “deduzioni”.

Di fatto, proprio nel momento delle presentazioni, è lo stesso Holme a dire a Watson che dev’essere stato in Afghanistan di recente, anziché il contrario, suscitando l’inevitabile sorpresa del medico, che gli chiede come abbia fatto a capirlo, ma Holmes svia il discorso. Dopo che si sono salutati, con l’intesa di rincontrarsi l’indomani a mezzogiorno per recarsi insieme in Baker Street, Watson chiede a Stamford come abbia fatto Holmes a capire che lui sia stato in Afghanistan.

La risposta di Stamford è che quella è proprio una delle peculiarità di Holmes, e che sono in molti a chiedersi come faccia a scoprire le cose. Watson la prende come una sfida, e il lettore si rende conto che i due futuri coinquilini si sono piaciuti. Ci si potrebbe chiedere come avrebbe reagito Holmes, se il “bull pup” di Watson fosse stato davvero un cucciolo di bulldog, anziché un revolver da tasca.

Dato che Holmes ama i cani e non è preoccupato per il disordine, si può supporre che non ne farebbe un problema. Diversa è la questione con la signora Hudson, che a sua volta ama di certo i cani, ma c’è da immaginare che preferirebbe non avere un bulldog in casa.