Intervista ad Alberto Büchi, tornato in libreria con il nuovo romanzo “Non ti dirò mai addio”, un noir serrato pubblicato da Arkadia Editore per la collana Eclypse.
Il protagonista è Andrea, ex carabiniere sopravvissuto alla strage di Nassirya, segnato da traumi e fallimenti – seppur romanzata in alcuni flash-back, per la ricostruzione storica dell’attentato avvenuto nel 2003 lo scrittore ha coinvolto e intervistato un tenente degli alpini che era presente ad Animal House quel giorno.
Andrea vive ai margini, con il solo cane Lizzie, quando la sua vita viene stravolta da tre eventi: il ritorno del Kosovaro, psicopatico che riemerge dal suo passato; l’arrivo di Fiamma, una ragazza di diciassette anni alla ricerca disperata dell’amica scomparsa tra droga e snuff movie; e le minacce di uno strozzino deciso a riscuotere un vecchio debito.
In questo intreccio di violenza e ricerca di senso, Andrea scoprirà che forse per lui c’è ancora una possibilità di redenzione, e che le “cose impossibili” – affetti, famiglia, amore – non sono sempre irraggiungibili.
Alberto, il noir contemporaneo è spesso una lente sul disagio sociale e sull’alienazione urbana. Quali aspetti della società attuale hai voluto esplorare o denunciare in “Non ti dirò mai addio”?
Il mio romanzo racconta ciò che non si vede, un substrato che non sempre arriva al lettore o al pubblico. Una realtà violenta e difficile che, seppur romanzata, ho cercato di rendere il più possibile vicina alla realtà. C’è un ritorno all’eroina, purtroppo e per esempio, e non se ne parla molto, e anche una microcriminalità crescente, e lo strozzinaggio. Esiste, infatti, un mondo oscuro e brutale, fatto di motorini contro i muri, di giovani in overdose. E, come se non bastasse, la spietatezza sopravvive sempre. Detto ciò, esistono anche persone che vivono questa realtà ma la disprezzano, costretti a sopportarla perché, una volta saliti sulla giostra, una volta perso il senso della propria vita, è impossibile scenderne.
Andrea, il disilluso e nichilista protagonista, si è adattato a questa realtà. Lui stesso ha perso umanità (ma non del tutto) ed è rassegnato ad essere infelice, all’impossibilità di raggiungere cose che, nel “substrato superiore”, sembrano normali: una famiglia, un amore, una vita stabile.
Questi tre elementi si stanno rivelando irraggiungibili, per svariati motivi, anche nel mondo che ignora la violenza e la criminalità, quello che prima ho chiamato “substrato superiore”.
La violenza, nel tuo romanzo, è presente ma non gratuita. Come bilanci la componente cruda tipica del noir con la necessità di introspezione e umanità nei personaggi?
Con la caratterizzazione dei personaggi. Sempre Andrea, per esempio, è consapevole del mondo in cui vive e fa il possibile affinché Fiamma, la ragazzina che gli chiede aiuto e che rappresenta la scintilla, la luce, i colori che Andrea ha smarrito, non sfiori in alcun modo la sua realtà e la sua disillusione. Le fa da scudo.
Questo sentimento protettivo compone in parte lo smarrimento che prova Andrea quando la incontra. Non capisce i suoi sentimenti per lei.
La stessa Fiamma bilancia la violenza; lei, così giovane, matura e acerba allo stesso tempo, intelligente e forte di carattere, piena di sogni ora minacciati. Lei si contrappone al grigiore di Andrea. Per dire, lo stesso giovane corpo di Fiamma è un forte contro-bilanciamento ed è per questo che Andrea, quando la osserva, ne rimane turbato. Un mondo innocente e colorato, puro, che per lui non esiste più.
Inoltre, gli episodi di violenza sono in molti casi “richiami” ad un certo cinema come quello di Gaspar Noé.
Il mio primo amore è il cinema e un lettore che sia anche cinefilo potrà ritrovare molte immagini e scene di numerosi film.
Il Cinema “Luminal Oblio”, inventato, illumina la casa sempre nel buio di Andrea con le sue luci intermittenti blu e rosse e dona colore.
L’elemento della “cosa impossibile” come motore narrativo e psicologico è affascinante. Pensi che il noir sia il genere più adatto per raccontare le ossessioni e i desideri irraggiungibili dell’essere umano?
Il noir può ospitare qualunque tema. Pinketts mi diceva che nei libri noir deve sempre esserci un elemento “sociale”: io ne ho scelti due, la ferita ancora aperta dell’attentato di Nassirya del 2003 e, in generale, quella che tu hai definito prima “alienazione urbana”. Fiamma vive sul bordo di quel baratro, Andrea si trova laggiù in fondo e lo anima.
È forse il genere che più permette l’introspezione, perché è immediata. Un libro mainstream potrebbe metterci pagine per far capire un concetto o la psicologia di un personaggio. Non è un male, ma nel noir il lettore si aspetta sempre che il detective privato (per esempio) abbia un’importante profondità psicologica, per cui è sufficiente inserire una scena per rendere l’idea.
Le cose impossibili che ci fanno sentire sbagliati non sono altro che una parte di noi stessi che nascondiamo al mondo. Tutti le hanno. E aggiungerei che, in fondo, è solo l’epoca e la società in cui viviamo a dirci cosa è giusto o sbagliato. Azzardo a dire che non esiste il giusto o sbagliato in termini assoluti. È sufficiente come esempio guardare una qualsiasi delle battaglie a favore di certi diritti che animano il nostro tempo.
La “cosa impossibile” non è da intendere in senso negativo, è semplicemente la parte della nostra vita, di noi, che dobbiamo comprendere con l’introspezione e accettare, oppure superare, per smettere di sentirsi sbagliati.
Milano è un personaggio a sé, oscura ma capace di accendersi di luce e musica. Quanto conta l’ambientazione urbana nel tuo modo di costruire l’atmosfera e il ritmo della storia?
Sì, ho cercato di rendere la mia città un vero e proprio protagonista. Ho scritto per esempio: “L’odore di Milano aveva una propria massa, che si faceva largo tra i seni nasali e poi contro il palato molle, quindi nei bronchi. Un tumore che premeva dietro la faccia. [Andrea] Pensò che il peso di Milano non era altro che la somma della massa molecolare di tutte le schifezze che componevano l’umidità e lo smog… più l’odio e la ferocia delle persone che la abitavano.
Una Milano cattiva, ma perché composta da realtà tra le più disparate che non si conciliano. Ma non è una Milano da radere al suolo con tutti i suoi abitanti e poi ricostruirla, è una Milano che anela speranza. La speranza viene identificata con il personaggio di Fiamma, dai giovani che non devono perdere i propri sogni e il proprio essere. Il compito della generazione precedente (la mia, per esempio) è quello di preservare la loro vitalità e immaginazione.
E poi c’è il “Luminal Oblio”, il cinema che illumina di blu e rosso con la sua insegna la casa di Andrea, come dicevo prima. Che rappresenta un luogo sicuro, un luogo dell’anima per Andrea. La cosa che mi rende triste è che il “Luminal Oblio” non esiste. Però ci sono molti altri posti simili al Luminal, come per esempio “Il Cinemino”. Andatelo a cercare.
Il noir italiano ha radici forti, da Scerbanenco a Pinketts… Per concludere, in che direzione pensi stia andando il noir nostrano e quale contributo vuoi dare con la tua scrittura?
Ci sono molti bravi autori noir italiani. Cercate i loro libri con curiosità. Vi sorprenderanno. Scerbanenco e Pinketts hanno fatto tanto, così diversi, così legati a Milano. Ovunque siano ora possono stare tranquilli che la loro eredità è in buone mani. Basterebbe solo un poco più di fiducia negli autori italiani.
Il mio contributo è quello di raccogliere, nel mio piccolo e in silenzio, questa eredità aggiungendo il mio stile e le mie, a volte discutibili e forti, scelte narrative.
DATI TECNICI
Non ti dirò mai addio
Alberto Büchi
Arkadia Editore
Eclypse 179
Pagine 176
Euro 16,00
Data di uscita 5 settembre 2025
ISBN 978 88 68515 829






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