Torna un grande professionista del romanzo storico, sia thriller che giallo, e presenta la sua nuova attesissima opera: Il testamento del papa (Nord), in arrivo nelle librerie il 21 novembre prossimo. Stiamo ovviamente parlando di Giulio Leoni, che abbiamo incontrato per parlare un po’ di questa sua nuova fatica.

         

La prima domanda è di presentazione: per chi ancora non lo conosca, chi è Giulio Leoni? E soprattutto, è un mago che fa lo scrittore o è uno scrittore mago?

Magari fossi entrambi, appagherei ogni mia più segreta ambizione! In realtà sono solo un appassionato di entrambe le cose. La magia la scoprii in un remoto Natale, dentro una di quelle scatole regalo del Piccolo Prestigiatore. La scrittura è arrivata poco dopo, con Salgari, Verne e una bellissima edizione Nerbini delle Mille e una notte, con le donne fascinose di Tancredi Scarpelli e i Djinn trasformati in Geni. Da allora sono sempre andate di pari passo, perché se ci pensi c’è un legame profondo tra magia e avventura, tra magia e delitto. Parlo naturalmente del delitto elegante, giallo, che intercorre tra persone per bene tra una conversazione sul tempo e un leggero diverbio sulla reincarnazione. Quel delitto che secondo De Quincey richiede progetto, gentiluomini, socialità, luce e ombra, poesia e sentimento. Quanto di più lontano dal crimine bestiale del noir, che sempre quel melanconico Inglese riassumeva nel tristo trittico di coltello, portafogli e vicolo oscuro.

Ogni atto di scrittura è sempre, in qualche modo, un atto di magia. Significa evocare nella mente del lettore qualcosa che non esiste nella realtà, e farlo con tanta forza di suggestione da indurlo a credere che davvero sia possibile quel personaggio, quella circostanza, quell’emozione. Credere insomma per un attino che davvero Don Chisciotte si sia scagliato contro i mulini a vento, esattamente come quella vezzosa fanciulla è stata davvero tagliata in due dentro una scatola multicolore.

         

Sei un noto autore di thriller a sfondo storico, genere di natali illustri: quando ne scrivi hai in mente autori precisi o segui la tua personale ispirazione?

Non ho un autore particolare di riferimento: come molti ho imparato il “mestiere” sulle pagine dei grandi narratori del Novecento, da Mann a Greene, quello che forse mi ha influenzato più di tutti. Insieme con Eric Ambler, un altro mio autore di culto. Sono convinto che la lettura sia la migliore scuola di scrittura, una scuola in cui non si finisce mai di imparare. Devo naturalmente molto anche al cinema, soprattutto alle tecniche di montaggio della Hollywood degli anni ’30 e ’40, da The Maltese Falcon a The Blue Dalhia. Passando naturalmente per Chandler, ma anche Gianni e Pinotto, i Fratelli Marx...

         

Ben nota è la tua tetralogia con protagonista Dante Alighieri: è per te un capitolo chiuso o senti ancora viva la passione per quel personaggio?

Io ho sempre considerato i miei libri con Dante protagonista un modesto tentativo di rendere omaggio alla sua grandezza, realizzato cercando di mettere in luce altri aspetti della sua personalità oltre l’ovvio e conosciutissimo genio poetico. E l’uomo Dante era così ricco di coraggio, intuizione, logica analitica, che si potrebbero di sicuro aggiungere altri capitoli di quella biografia immaginaria che ho costruito nei quattro romanzi. Ho in mente almeno un altro episodio da raccontare, legato a un momento misterioso ed emozionante della sua vita, ma devo riuscire ad incastrarlo all’interno di diversi altri progetti che ho in cantiere. Ma ti assicuro che arriverà!

         

È imminente l’arrivo in libreria del tuo nuovo thriller, “Il testamento del papa”: puoi anticiparci qualcosa?

Si tratta di un romanzo che insiste su un tema che mi ha sempre incuriosito: come nascono le leggende e come epoche diverse reagiscono di fronte ad un medesimo fatto o personaggio storico. In questo caso metto a confronto la fine del primo millennio e gli anni Venti del secolo scorso, che hanno in comune più di quanto non si possa pensare, attraverso le vicende legate a una delle figure più misteriose e suggestive del Medio Evo: Gerberto d’Aurillac, il papa “mago” dell’anno Mille salito al soglio pontificio con il nome di Silvestro II. Tra le tante leggende e dicerie legate al suo nome ce n’è una a proposito di una misteriosa statua parlante, che il papa avrebbe realizzato con l’ausilio dei demoni. È proprio la caccia a questa statua che innesca la vicenda, intorno alla quale ruotano maghi e spie internazionali, belle donne e arditi avventurieri, premonizioni della fine del mondo e premonizioni del prossimo conflitto mondiale. Insomma, con una battuta, dall’Anno Mille alle Mille Lire al Mese, e in mezzo le tragedie e il burlesque di una storia che si ripete a parti invertite: mille anni fa uno scienziato lucido e preveggente, dieci secoli dopo le ombre e le nebbie di un mondo che si avvia fatuo e spietato verso la più spaventosa delle catastrofi.