Mettere insieme nello stesso titolo Sherlock Holmes e il soprannaturale potrebbe sembrare un azzardo, e forse lo è. In effetti, chiunque sappia qualcosa del famoso detective non può non essere consapevole del fatto che Holmes non si occupa del soprannaturale, e questo sembra chiudere la questione. Ciò malgrado, è possibile porsi una o due domande e le risposte potrebbero essere interessanti.

Locandina del film di Terence Fisher (1959)
Locandina del film di Terence Fisher (1959)

Innanzi tutto, perché uno scrittore come Arthur Conan Doyle, che da parte sua credeva nelle fate e nei fenomeni spiritici, ha pensato di creare un personaggio così poco incline a considerare questo genere di cose? La risposta non è ovvia, ma proviamo a riflettere sul fatto che si osserva a volte una discrepanza tra ciò che le persone credono e ciò che fanno come lavoro. Accade spesso che gli scrittori di fantascienza non credano negli UFO, i comici siano persone tristi che non credono ci sia molto da ridere, e i maghi da palcoscenico non credano nella magia.

In quest’ultima categoria rientrava peraltro il famoso Harry Houdini, la cui amicizia con Doyle venne incrinata proprio dal fatto che Houdini non condivideva la sua fiducia nei fenomeni medianici. Semplificando un po’, possiamo supporre che la discrepanza derivi da una sorta di compensazione. Nel caso di Doyle, il personaggio di Holmes gli somiglia per qualche tratto, ma in grande misura presenta caratteristiche diverse e perfino opposte.

Tornando a Holmes, parrebbe che il suo atteggiamento nei confronti del soprannaturale sia evidente, per non dire ostentato, e che non ci sia altro da aggiungere. Proviamo però a dirne qualcosa di più. Il punto che voglio analizzare deriva da una notazione tecnica. Quando si vuole indagare su cosa pensino le persone su una certa questione, i sondaggi non si basano su domande polarizzate: Sì-No.

Un esperto di statistica sa bene che presentare domande a risposta troppo netta comporta una suddivisione in due campi contrapposti che non riproduce in modo adeguato il vero pensiero delle persone interpellate. In sostanza, ridurre le possibili risposte a due produce una distorsione (si pensi alle velenose contrapposizioni sui social). Per evitare questo, in un sondaggio tipico si utilizza in genere una scala a cinque valori, detta “scala di Likert”.

Nel caso in esame, l’atteggiamento nei confronti del soprannaturale andrebbe misurato su una scala che avrebbe due estremi, due intermedi, e un valore centrale. Alla domanda: “Lei crede nel soprannaturale?” si potrebbe rispondere con un “Sì” o un “No” netto, che si posizionerebbero al numero 1 e al numero 5 della scala. Il numero 3 corrisponderebbe agli agnostici, persone che non credono sia possibile fornire una risposta definitiva alla questione.

Avremmo poi la posizione numero 2, che corrisponde ai possibilisti, coloro che sono propensi a pensare che qualcosa di soprannaturale possa esserci o accadere, ma non ne sono certi. La risposta numero 4 corrisponde agli scettici, coloro che sono propensi a escludere il soprannaturale, ma non affermano che questa sia una verità certa, perché la tesi è, in una certa misura, controversa.

Dopo aver chiarito che gli atteggiamenti verso il soprannaturale sono più sfumati di quanto non si possa pensare, su quale punto della scala dovremmo posizionare il nostro detective? Qualcuno penserà al numero 5, mentre io direi il 4, che è la posizione degli scettici, non dei negazionisti assoluti. Una conferma di questa interpretazione è rinvenibile in Il mastino dei Baskerville (The Strand Magazine, 1901-1902).

Quando il dottor Mortimer racconta a Holmes la storia del cane infernale che infesta il Dartmoor, il detective gli chiede perché non lo ha consultato prima, e Mortimer dice che ci sono degli ambiti in cui nemmeno un detective brillante e d’esperienza può fare nulla. Holmes chiede se intende dire che si tratta di una cosa soprannaturale. L’altro risponde che non può affermarlo con assoluta certezza, e il detective replica che però lo pensa.

È indubbio che Mortimer sia un possibilista, ma perché dico che Holmes è uno scettico? Egli ammette, non senza una certa ironia, che le sue indagini sono confinate a questo mondo e che indagare sul diavolo sarebbe forse un obiettivo troppo ambizioso. Successivamente, parlando con Watson, Holmes ammette che il Dartmoor sarebbe un luogo adatto al diavolo, se mai decidesse di immischiarsi nelle faccende degli uomini.

Watson chiede se lui stesso sia propenso a una spiegazione soprannaturale, e Holmes dice che il diavolo può fare uso di agenti in carne e ossa. Aggiunge che, se avessero a che fare con forze soprannaturali, la loro indagine sarebbe finita, ma prima di giungere a quest’ipotesi vanno scartate tutte le altre.

Questa posizione, scettica e non di rifiuto, si ritrova in L’Avventura del piede del diavolo (The Strand Magazine, 1910). A Mortimer Tregennis, che scomoda il diavolo per spiegare una tragedia assurda (la sorella morta e i due fratelli impazziti), Holmes obietta che il sovrumano andrebbe oltre i suoi poteri, ma prima di arrivare a questa vanno scartate tutte le altre spiegazioni.