Da quando il mio amico si era trasferito, Londra aveva perso un grandissimo uomo e una grandissima mente. Il Sussex, invece, aveva acquistato un novello apicoltore e un detective a mezzo servizio. Era già passato un anno da quando Holmes scese per l’ultima volta le scale del nostro appartamento, ma anche nella dolce campagna in cui si era recato, il grande detective continuava a risolvere i casi che periodicamente gli venivano sottoposti dalla polizia.

La voglia di riposo e quella di rivedere il mio compagno di avventure, mi spinsero a salire sul treno per il Sussex.

Il viaggio fu molto piacevole. Il verde della lussureggiante campagna era straordinario e riposante, tanto riposante che dormii per metà del viaggio.

Non avevo avvisato Holmes del mio arrivo, ma non me ne preoccupai. Il mio amico riceveva sempre visite inaspettate, figurarsi se dovevo anche avvisarlo!

Salii su una delle carrozze appostate vicino alla stazione e in poco tempo raggiunsi la casa del famoso detective.

Suonai per tre volte il campanello ma non venne ad aprirmi nessuno, il che era molto strano vista l’ora. Mi guardai intorno, senza scorgere la benché minima forma di vita, quando sentii una mano posarsi sulla mia spalla. Credo di non aver mai saltato così in vita mia, perché quel tocco improvviso mi fece arrivare il cuore in gola.

Quando mi girai vidi il volto del mio amico che ormai stava per esplodere dalle risate.

– Ma le sembra giusto arrivare di soppiatto e spaventarmi in questo modo? – chiesi con un tono di voce stridulo.

– Non mi aspettavo di vederla, Watson. Lei è in una forma a dir poco smagliante; ma si accomodi dentro, così parleremo meglio.

Il disordine che regnava in quella casa era lo stesso del nostro vecchio appartamento, segno che Holmes non era cambiato affatto.

– Si segga su questa poltrona amico mio, – fece con un largo gesto – io intanto le preparo una tazza di tè.

– Vedo che il disordine è sempre lo stesso. Come vanno qui le cose?

– Di sicuro la vita non è movimentata come lo era a Londra. Ma non posso lamentarmi. Le mie api danno un gran da fare, e le consiglio di assaggiare il tè con un cucchiaio del mio miele, che, senza vantarmene, è sicuramente il più buono d’Inghilterra.

– Mi sono preso una piccola vacanza estiva, e ho subito pensato di venirla a trovare. Mi dispiace di non averla avvisata del mio imminente arrivo – dissi con un tono di scusa.

– Sono molto felice di vederla, e non deve preoccuparsi per certe cose. Piuttosto, credo che abbia sbagliato nella scelta dei vestiti – e mi indicò la piccola borsa da viaggio che mi ero portato.

– E lei che ne sa dei vestiti che ho portato?

– Mi sembra molto stupefatto da quello che ho detto, ma la cosa mi sembra, al contrario, molto semplice. Dal colore scuro della pelle, posso dedurre che l’estate londinese di quest’anno è particolarmente calda. Lei indossa indumenti poco pesanti, e le minute dimensioni della sua borsa mi dicono che è stata riempita con pochi vestiti e tutti leggeri. Quando è entrato, però, l’ho vista zoppicare, il che significa che la sua vecchia ferita afgana sente odore di pioggia. Il tutto mi ha portato a dirle che probabilmente avrà bisogno di indumenti un po’ più pesanti di quelli che si è portato. Ma per fortuna nella mia casetta i vestiti non mancano!

– Noto con piacere che non ha perso la mano. Le sue deduzioni mi lasciano sempre senza parole.

Dopo aver pranzato, Holmes mi mostrò le arnie delle sue amate api e il giardinetto che aveva personalmente curato. Passeggiammo per ore e al nostro ritorno a casa, il cielo si era ormai riempito di nubi.

La cena che preparammo insieme fu davvero deliziosa, e decidemmo di concludere la serata con una bella fumata.

Mentre mi stavo per accomodare su una poltrona, suonò il campanello.

– Chi potrà mai essere con questa pioggia? – mi lamentai.

– Sicuramente qualcuno che ha un grande bisogno di aiuto, oppure un povero pazzo – e così dicendo, Holmes aprì la porta.

L’uomo che varcò la soglia era sicuramente un maggiordomo, di età superiore ai cinquant’anni. Non aveva più molti capelli, e i pochi che gli erano rimasti erano bianchi. Doveva avere all’incirca la mia altezza, anche se la piccola gobba testimoniava che alcuni anni fa doveva avere quasi l’altezza del mio amico.

– Mi scuso per il disturbo, – iniziò l’uomo – sono il maggiordomo del signor Philipson e la villa da cui provengo è a circa mezz’ora da qui. Il mio nome è John Wilson.