L’uomo era piccolo e stempiato, con la fronte accartocciata che gli conferiva un cipiglio severo anche quando sorrideva. Hoffgauer aveva ricevuto ordini precisi. Sapeva che quell’uomo era il suo interlocutore. Diffidava invece degli altri stretti attorno al tavolo.

La donna doveva essere una puttana accasata. Il modo annoiato che aveva di seguire la conversazione gli confermava che non avrebbe avuto peso nelle trat­tative.

Gli altri erano facce anonime che non gli staccavano gli occhi di dosso e sembravano in attesa di qualcosa: forse un ordine da parte di Johnny

La Cocca. Tutti tranne uno: un biondino azzimato seduto due posti alla sua destra con una sigaretta accesa tra le labbra. Aveva gli occhi azzurri che lo scrutavano, e quando lui ne sostenne lo sguardo si strinsero diventando fessure che trapassa­vano il velo di fumo innalzato dalla sigaretta.

— Ti presento gli amici — disse La Cocca alzandosi in piedi e portando il sigaro sul lato destro della bocca. — Questo è Jud Moreno, di Santa Monica. Controlla la zona dell’aereoporto e Beverly Hills. — Aveva indicato un uomo alto seduto alla sua destra, con i capelli schiacciati da uno strato di gel. Hoffgauer lo guardò senza interesse. — L’uomo che ti ha accompagnato è Ray Costa… ma vi sarete già presentati.

Non l’avevano fatto, e Ray non si voltò neppure a guardarlo.

— Infine — concluse La Cocca girando attorno al tavolo e fermandosi alle spalle del biondino con gli occhi di ghiaccio, — questo è Mirko Sladek. Controlla il Downtown e tutta la costa fino a Newport Beach.

Hoffgauer guardò Sladek attentamente. Sentì subito che gli si aggricciava la pelle sulla nuca. Aveva imparato a fidarsi del suo istinto ma anche a tenerlo sotto controllo. Non si fidava di Sladek, eppure sentiva che il lavoro poteva es­sere portato a termine senza incidenti.

— Fuori tutti, adesso — ordinò improvvisamente La Cocca con un gesto della mano. Restarono soltanto lui, Hoffgauer, Moreno e Mirko Sladek nel lo­cale impregnato di fumo.

 

— Non è chiaro quello che vogliono i nostri amici di Leverkusen — esordì Jud Moreno con spiccato accento spagnolo. Guardava Hoffgauer di sottecchi, come se si aspettasse da un momento all’altro una sua reazione. — Le voci cor­rono. Sembra che ci siano dei legami con quelli di Boston.

Johnny La Cocca tirò una lunga boccata e annuì. — Ho sentito anch’io queste voci. Se sono vere non mi spiego il motivo per cui ti hanno mandato qui.

Hoffgauer sorrise. Da una parte perché voleva cercare di sdrammatizzare, e poi perché sapeva benissimo di quale motivo si trattava. Adesso erano tutti riu­niti, e il potere mafioso di L.A. si concentrava in quel minuscolo locale di dieci metri quadrati.

— Io non so nulla di queste voci — rispose parlando lentamente. — L’incarico che mi è stato affidato è tanto semplice quanto trasparente. Devo or­ganizzare un incontro tra quindici giorni al Los Angeles Travelodge-West Hotel. Il signor Kauffman sarà presente insieme a cinque rappresentanti della nostra organizzazione. — Trafficò nella tasca interna della giacca con movi­menti lenti e ben visibili, e tirò fuori una busta di carta gialla che porse a La Cocca. — Questo è un anticipo sul primo dei nostri futuri affari. Come dite voi… una caparra. — Aveva pronunciato le ultime due parole in italiano.

La Cocca aprì la busta e guardò il denaro. Con un gesto annoiato lo passò a Sladek.

— Continuo a non capire — disse masticando il grosso sigaro. — La no­stra roba non è migliore della vostra o di quella di Boston.

— Lo è il mercato europeo — ribatté Hoffgauer sentendosi più sicuro. — Le potenzialità sono enormi, e la nostra organizzazione ha bisogno di diversifi­care i canali di distribuzione nel continente. Per questo abbiamo scelto Los Angeles. Voi siete abituati a trattare con un numero incredibile di razze diverse. Non dovrebbe essere difficile farvi entrare nel giro affidandovi un canale diretto.

— Con la supervisione della vostra organizzazione? — intervenne Sladek.

— Naturalmente — annuì Hoffgauer. Aveva lanciato l’esca, adesso restava da vedere se quei tre erano disposti a seguirla.

Johnny La Cocca spense il sigaro in un grosso portacenere di cristallo e sputò una briciola di tabacco.

— Io dico che dobbiamo discuterne. Prima tra di noi e poi forse al Travelodge-West.

Jud Moreno e Mirko Sladek annuirono poco convinti. Sentivano puzza di bruciato, ma non riuscivano a comprendere l’origine di quell’odore.

Hoffgauer si alzò cercando di non far vedere che aveva fretta.

 

Gli tornarono alla mente il viso, lo sguardo e la voce della puttana seduta al bancone del bar. Il viso era affilato e segnato non solo dalla cicatrice: aveva solchi profondi e fossette nella pelle scura che dovevano essere le impronte di una vita trascorsa nell’indigenza. Lo sguardo sornione aveva una traccia di pacata indifferenza, come se si trovasse in quel bar per una bizzarra mescolanza di coincidenze e in fondo a lei non importasse nulla sorridere o versare lacrime nel bicchiere pieno di whisky.

La voce era cruda e scevra da falsi moralismi. Una voce che gli era pe­netrata nelle ossa e si agitava rosicchiando lentamente.

Gli aveva offerto di salire al piano di sopra con lei, e Hoffgauer non aveva neppure preso in considerazione l’intervento dell’altra donna. Era lei, la ra­gazza con la cicatrice, che sprigionava uno strano fascino con il suo sguardo profondo eppure assente, con le sue parole sarcastiche eppure indifferenti, con quel viso bellissimo e ripugnante insieme.

Quando La Cocca soffiò una nuvola di fumo nell’aria, Hoffgauer si disse che avrebbe dovuto rifiutare l’incarico. Non per quello che stava congetturando, non per le trame nascoste che vedeva agitarsi dietro gli occhi chiari di Sladek.

Non avrebbe dovuto recarsi fino a Los Angeles perché soltanto in quel modo non avrebbe conosciuto la puttana con le lunghe gambe inguainate di nero e il sorriso aggrumato dalla cicatrice.

 

— Posso riferire che la trattativa ha avuto inizio? — domandò senza cercare di evitare l’intonazione europea del suo accento.

La Cocca gli sorrise allungando la mano. — Ray sa dov’è il tuo albergo. Verrà a darti una risposta entro domani sera.

Hoffgauer strinse la mano piccola e curata di La Cocca e girò intorno alla sedia. Salutò anche Moreno e Sladek, dopodiché uscì dall’angusto locale sen­tendo gli sguardi dei tre uomini puntati sulla sua schiena.