Le sorelle Bronte nate cresciute e vissute nella brughiera selvaggia, scossa dal vento, in una vecchia canonica adiacente al piccolo cimitero del villaggio, mostrarono nelle loro opere una tale conoscenza delle umane passioni, impossibile a immaginarsi in tre giovani donne dell'età vittoriana che praticamente non si erano mai allontanate da casa: un caso unico nella storia della letteratura, dato che le loro opere rappresentarono una svolta nelle tradizioni dell'epoca

PASSIONE E MORTE NELLA BRUGHIERA

Le sorelle Bronte, da sempre, rappresentano un caso veramente inspiegabile nella storia della letteratura, pur densa di episodi singolari e di eventi irripetibili. Quando si dice che la letteratura è una questione genetica: o forse nella loro storia c’è molto di più?

Fatto sta che tutte e tre le immortali sorelle Bronte, Anne, Emily e Charlotte riuscirono a raggiungere risultati letterari notevolissimi soprattutto per l’epoca in cui vissero e per di più quasi contemporaneamente, diventando scrittrici affermate, e dando vita  a dei capolavori unici  e irripetibili ancora oggi godibilissimi e considerati a pieno titolo valide ed attuali fonti di ispirazione per centinaia di romanzi e film generati da essi ad anni luce di distanza.

Ma come si spiega allora questo insolito e straordinario avvenimento letterario?

 

Le sorelle Bronte vissero tutto l’arco della loro vita, tranne brevi parentesi che per loro rappresentavano sgradevoli esili forzati da cui presto fare ritorno, in una casa desolata con il cimitero in fondo al giardino, permeandosi dei simboli sacri e delle lapidi grigie lambite solo dal vento dell’est, tuttavia la morte per loro non era qualcosa di orrendo, bensì costituiva l’inizio e la fine di ogni cosa.

 

E proprio la morte rappresentò il tema dominante della loro stessa esistenza, andando a costituire anche nelle loro opere un punto di riferimento costantemente presente.

 

La vita nella canonica del padre fu scandita da una serie di eventi luttuosi che forse incise sul sistema nervoso delle sorelle Bronte tanto quanto l’appassionato attaccamento alla brughiera, dove fra i campi di eriche soffiava quel vento crudele dell’est destinato a minare a morte i loro polmoni.

 

Eppure le Bronte amarono la morte tanto quanto amarono quelle lande desolate e selvagge, quelle domestiche brughiere d’erica dello Yorkshire dove, su verdi colline o sotto grevi coltri di gelo, la natura ha un ruolo primario che si impone sugli eventi in tutta la sua maestosità, permeando di sé ogni cosa in modo autentico terribile e supremo.

 

In questo ambiente crebbero alimentando segrete passioni, nella solitudine e nel silenzio, trovando nella passione letteraria una valida fuga dalle preoccupazioni quotidiane legate alla ricerca di un lavoro, di una stabilità e di una indipendenza economica, trovando in essa sollievo alle morti premature dei loro cari, alle continue difficoltà e all’imminente rovina che ormai gravava sulla famiglia. 

 

La vicenda letteraria ed esistenziale delle sorelle Bronte è racchiusa tutta in questo instancabile spingersi dell’immaginario verso mondi esotici e sconosciuti contrapposto a un sincero desiderio di non abbandonare mai la casa paterna dove la lontananza della brughiera è sempre avvertita come un esilio forzato e non desiderato.

 

1821 muore la madre di cancro, a meno di un anno dalla nomina del marito a vicario di Haworth, paese sperduto tra le brughiere dello Yorkshire, 1824 le sorelle maggiori Maria ed Elisabeth muoiono di tisi e consunzione a Clergy Daughter’s School, scuola per istitutrici riservata alle figlie di ecclesiastici, a causa delle condizioni disagevoli dell’istituto, 1831 Charlotte studia alla scuola di Roe Head dove tornerà poi come insegnante dal 1835 al 1838, 1841, dopo alterne vicende e passeggeri incarichi di istitutrici, Anne, Charlotte, ed Emily per non dover abbandonare la canonica natia, decidono di aprire proprio lì una scuola, ma il progetto sarà poi destinato a  fallire  a seguito dello scandalo sollevato dal fratello Branwell, innamoratosi della moglie del suo datore di lavoro e rimosso precipitosamente e con disonore dal suo incarico di istitutore presso quella famiglia, 1842 muore la zia materna che le aveva allevate dopo la scomparsa della madre.

 

Dopo questa devastante sequenza di terribili vicende le tre sorelle pubblicarono assieme sotto pseudonimo una raccolta di versi nel 1846, seguita nello stesso anno dalla stesura di  un romanzo a testa, di cui solo quello di Charlotte (Shirley) venne rifiutato dall’editore. Nell’anno successivo tuttavia Charlotte indomitamente scrisse un nuovo lavoro di destinato ad essere consacrato alla storia (Jane Eire) e dato alle stampe nel 1847, addirittura precedendo di pochi mesi i romanzi delle sorelle già a loro tempo accettati per la pubblicazione, Cime Tempestose di Emily, anch’esso destinato ad eterno successo, e Agnes Grey di Anne, meno apprezzato degli altri.

 

Nel 1848 muore Patrick Branwell a seguito di una vita dissoluta, che aveva condotto la famiglia  Bronte all’infamia e all’isolamento, stroncato dall’abuso di alcool e di droghe, subito dopo lo segue Emily rifiutando dottori e medici, vinta dalla tisi, e a un anno di distanza nel 1849 muore sempre di tisi anche Anne.

 

A tutti loro sopravvive solo Charlotte la più forte, la più indomita delle tre, quella che aveva viaggiato di più, vissuto di più, combattuto di più, destinata a morire solo nel 1855.

 

Animata dallo spirito anticonvenzionale tipico di tutta la famiglia, Charlotte ebbe tre proposte di matrimonio e le rifiutò tutte, salvo poi avere un ripensamento sulla terza quasi in punto di morte, come se presagisse l’imminente fine della sua giovane vita.

 

All’epoca, per le figlie degli ecclesiastici, l’unica prospettiva decorosa nell’Inghilterra Vittoriana per il futuro, oltre a un conveniente matrimonio, era diventare istitutrici  tanto che non era ammissibile che una donna intendesse fare della letteratura una precisa occupazione, infatti il poeta e scrittore  Robert Southey, cui Charlotte aveva inviato le sue opere per una valutazione, le scrisse complimentandosi, ma precisando che “La letteratura non può essere l’occupazione di una donna  e non dovrebbe esserlo”.