Ma scrivere fu per le sorelle Bronte l’unico sollievo per sfuggire alla noia di interminabili giornate trascorse tra le mura della canonica, costrette in casa dal tempo inclemente, per crearsi uno spazio tutto loro da non dividere con nessun altro, tanto che le vediamo gradatamente prendere possesso di questa loro casa stretta tra la brughiera e il cimitero, iniziando a scrivere dapprima la sera, sul tavolo della cucina alla luce tremolante delle candele, per poi fare del salotto e della sala da pranzo il loro personalissimo cenacolo letterario, dove solevano ritirarsi da sole la sera, scrivendo, leggendo, discutendo e scambiandosi pareri, finalmente libere di esistere e di pensare.

 

Vediamo così Charlotte spegnersi lentamente, a pochi anni di distanza dal suo matrimonio, contenta di essere amata, di avere qualcuno che si prenda cura di lei,anche se proprio questa cura rischia di diventare per lei  ancora una volta molto simile a un controllo, proprio  la cosa che Charlotte aveva temuto e fuggito per tutta la vita, rifiutando ben tre precedenti proposte di matrimonio. Quasi come la protagonista del suo capolavoro Jane Eyre.

 

Tuttavia fu un’unione felice anche se di brevissima durata, ella infatti morirà nel 1855, a un solo anno e mezzo di distanza dal matrimonio al quale si era spontaneamente rassegnata forse presagendo la fine.

 

La sua dipartita lascia soli nella canonica, al termine di una scia di morti, gli unici uomini della sua vita, il padre e il marito, uniti soltanto dall’amore per lei e dal suo ricordo.

 

E’ in questo modo che Charlotte viene consegnata gloriosamente al mito della storia tanto che suo padre prega la sua amica e scrittrice Elisabeth Gaskell, altra scrittrice e romanziera dell’epoca, di scrivere una biografia che divenne anche in questo caso qualcosa di unico: la prima biografia di una romanziera scritta da un’altra romanziera.

 

Nell’età vittoriana in Inghilterra si iniziava proprio in quegli anni  a combattere in favore dei diritti delle donne relegate fino ad allora nel ruolo di istitutrici mogli e madri che era loro destinato,  le sorelle Bronte furono tra le prime donne ad intraprendere con successo la professione di scrittore, considerata fino ad allora prerogativa esclusiva degli uomini, vendendo e pubblicando libri con identico, se non maggior successo, dei loro colleghi maschili.

 

Cime Tempestose, Jane Eyre, Agnes Grey, Il Professore, Shirley, Villette, sono tutte le opere in prosa delle sorelle Bronte ognuna delle quali ha lasciato un segno più o meno indelebile nella storia della letteratura, trasportando, unite ai diari e alle lettere di Charlotte, fino a noi un mito assolutamente irripetibile.

 

Per dirla con Charlotte, le tre sorelle “Insieme erano il sole”, il paesaggio divenne vuoto solo quando morirono E non dimentichiamo le caritatevoli parole con cui ella saluta la morte del fratello, pur artefice della loro rovina, dicendo di lui “Tutti i suoi vizi non furono, non sono, ormai, nulla: ricordiamo solamente i suoi dolori”.

 

Tanto che pare sia proprio a lui  che sia Emily e sia Charlotte si ispirarono per forgiare i personaggi maschili protagonisti rispettivamente di Cime Tempestose e Jane Eyre, elevando anche lui all’immortalità.

 

Accompagna questo articolo un ritratto delle tre sorelle Bronte, di mano di Branwell, che riporta a suo modo una curiosità. Se guardate bene, al centro vi era un’altra figura, poi rimossa e cancellata, si trattava dello stesso Branwell che spinto da sentimenti di colpa nei confronti delle sorelle, cui aveva reso impossibile qualsiasi tentativo di riscattarsi e di elevarsi socialmente, si era inizialmente autoritratto con esse, per poi cancellarsi in un moto di ribellione e di pentimento a causa della sua condotta, ma non dimentichiamolo mai, quella figura scomparsa dal quadro, quasi come nel Ritratto di Dorian Gray, era destinato a segnare per sempre le loro vite