Cervelli coi fiocchi. Detective stories da Sherlock Holmes a Dylan Dog

di Roberto Barbolini e Alessandro Marcheselli (Almayer Edizioni 2008)

Davvero intrigante questo libretto che molto promette (fin dal titolo) ma molto nasconde. Infatti non contiene solo “storie” (in parte racconti, in parte estratti da romanzi) dei più celebri investigatori, da Padre Brown a Nero Wolfe, da Perry Mason a Toby Peters, ma inserisce schede introduttive agli autori (a cura di Marcheselli) e anche una serie di apocrifi in forma di “interviste impossibili” (a cura di Barbolini).

 Scritto, come recita il risvolto di copertina, per appassionare non solo il neofita ma anche il fan più smaliziato, questo libro pone un nuovo tassello nello scenario multiforme degli studi sul “giallo”, e lo fa in modo colto, serio e divertente insieme. Apre il volume un breve saggio di Barbolini, “Anche il detective è figlio di Caino”, a ricordarci che Dio fu il primo investigatore nella storia dell’umanità, e che il detective “sarebbe probabilmente rimasto disoccupato per l’eternità se Abele non fosse stato ucciso”. Segue la prima sezione (comprendente i venti brani dedicati ad altrettanti detective famosi) curata da Marcheselli e intitolata “L’indagine come una delle Belle Arti”: un titolo accattivante, che non solo ribalta quello del più celebre "On Murder Considered as one of the Fine Arts" (Thomas De Quincey 1827), ma sancisce la centralità dell’indagine (la detection) nella narrativa poliziesca, andando contro corrente rispetto al recente ricollocamento del crime in posizione centrale da parte di molta critica (Knight, Ascari). D’altronde Barbolini aveva già espresso la sua “poetica” nel suo bel libro Il detective sublime (1988), sfortunatamente oggi non più disponibile nelle librerie. Al termine dei brani, un’ultima sezione – anche questa improntata al principio del ribaltamento, fin dal titolo – “Il miglior perdono è la vendetta”: qui Barbolini si cimenta con un genere misto fra l’apocrifo letterario, l’intervista e il what if, infatti vi troviamo alcuni deliziosi raccontini che hanno come protagonisti Holmes e Sam Spade, Hastings e Maigret, ma anche Lovecraft, Hammett e Mike Hammer.

Pensato come un omaggio ai venti più noti protagonisti della storia dell’indagine, organizzato come un’antologia, corredato da proposte di lettura aggiuntive (un po’ scarne in verità), Cervelli coi fiocchi pecca solo di un po’ di confusione a livello strutturale e soprattutto, devo proprio dirlo, di deprecabile sessismo – nessuna investigatrice fra i top twenty. Imperdonabile, Watson. O forse dobbiamo attenderci un Cervelli coi fiocchi II?

Alessandra Calanchi