Impossibile perdersi in troppe considerazioni sul regista. Phillip Borsos infatti ha iniziato la sua carriera lavorando a dei documentari (Cooperage, Spartree, Nails) negli anni Settanta, per poi passare alla realizzazione di veri e propri film. Ma oltre a The mean season, sono in un’altra occasione ha avuto la possibilità di misurarsi con progetti interessanti (Bethune: il mitico eroe, del 1990, con Donald Sutherland) visto che è morto prematuramente nel 1995 a soli 42 anni.

Notevole invece, soprattutto ragionando alla luce delle carriere che hanno saputo sviluppare negli anni a seguire, i nomi che compongono il cast.

E così nei panni di Malcom Anderson troviamo il carismatico Kurt Russell, all’epoca poco più che trentenne, con già una lunghissima carriera alle spalle (iniziata addirittura nel 1957 quando aveva appena 6 anni), ma con i successi più importanti ancora da venire (Tango & Cash con Sylvester Stallone, Stargate, Vannilla Sky). Un attore già maturo e perfettamente a proprio agio nella calura soffocante di una Miami sconvolta dai terribili omicidi.

Altro pezzo da novanta la presenza di Joe Pantoliano nei panni del fotografo Andrew Porter. Attore da sempre attivissimo (nello stesso anno recitava in The Goonies, film passato decisamente alla storia del cinema), nella sua lunghissima carriera ha potuto vantare la partecipazione a numerosi film di successo come Il Fuggitivo con Harrison Ford (The fugitive, 1993) o addirittura Matrix (The Matrix, 1999), uno dei film simbolo degli ultimi anni. E visto che stiamo parlando proprio di un film nato dalle pagine di uno scrittore di successo, non possiamo dimenticare che Pantoliano ha prestato il volto anche al detective Meyer Meyer nel film tv Ed McBain's 87th Precinct: Ice (1996).

E per concludere un trio davvero perfetto ecco anche Andy Garcia alias il detective Martinez. Riassumere la carriera di questo attore potrebbe essere riduttivo, ci limitiamo quindi a ricordare solo alcuni dei titoli che lo hanno visto protagonista: Gli intoccabili (The Untouchables, 1987), Il Padrino – parte terza (The Godfather: part III, 1990), Ocean’s eleven (2001) e gli altri della serie. Un attore di primo piano, che insieme alla presenza di Russell e Pantoliano aiuta a dare al film di Borsos quel qualcosa che è mancato alla produzione.

Un accenno anche alla protagonista femminile. Mariel Hemingway interpreta Christine Connolly, la compagna di Anderson che nel film diventa maestra mentre nel romanzo è un’infermiera. Forse le immagini più conosciute dell’attrice californiana sono quelle che la ritraggono accanto a Woody Allen in Manhattan (1979), partecipazione che le ha portato la nomination all’oscar come migliore attrice non protagonista. Dopo Maledetta estate la possiamo notare anche in una particina nel quarto episodio di Superman e in tanti altri film che però non le garantiscono più una vetrina di primo piano. Da notare che proprio la partecipazione a Superman IV le ha permesso di ottenere la nomination ai Razzie Award, un premio oscar al contrario, in cui a vincere è la peggiore interpretazione, nomination che la Hemingway ha bissato nel 1989 con Intrigo a Hollywood (Sunset), recitando accanto a Bruce Willis. Una lunga carriera, quindi, senza picchi. Ma un volto abbastanza noto, il che non guasta mai.

Maledetta estate, il film, differisce in alcuni aspetti fondamentali rispetto al romanzo. In effetti abbiamo notato che in qualche modo i due prodotti sono complementari. Adesso vediamo perché.

Se nel film di Borsos troviamo ancora una volta un reporter e una calda, caldissima estate, è proprio il terzo elemento della storia a venire meno: il Vietnam. E qui la scelta sembra inevitabile. Infatti nel romanzo di Katzenbach possiamo leggere per intero le conversazioni telefoniche tra l’assassino e Malcom, mentre nel film questo aspetto è ridotto all’osso. E in effetti avremmo dovuto vedere un film quasi interamente passato al telefono dai protagonisti. Avremmo avuto lo stesso approfondimento psicologico, ma di certo questo non avrebbe facilitato la visione, già di per sé non di altissimo livello. Il regista ha quindi optato per dare alla storia un po’ più di vivacità, proprio quello che non c’è nel romanzo. Valutando i due prodotti nell’insieme ci siamo resi conto che prendendo da uno quello che manca all’altro il quadro è completo.

Abbiamo già detto di alcuni cambiamenti marginali, come quello che riguarda Christine, da infermiera a maestra. Il motivo? Nulla a che vedere con lo svolgimento della trama. Forse che sia dipeso da trenta secondi di suspense piuttosto mal funzionanti in una scena all’interno della scuola? Impossibile dirlo. Inutile starci a ragionare ulteriormente.

Per il resto rimane il tema di fondo, la tensione di Malcom Anderson, la sua incapacità di prendere una decisione, di capire da che parte è la scelta giusta. Assecondare l’assassino o porre termine a quel collegamento diretto e maniacale?