Pacific City. Clinton Brown, giornalista del Courier, (capo Dave Randall, direttore Austin Lovelace), “menomato” dalla guerra (praticamente privo di virilità), bottiglia di liquore incollata alla bocca. Un uomo da niente. Ex moglie puttanona che l’adora e che farà una brutta fine. Manoscritti incompiuti. “Sei una persona triste” dice la bellona di turno che si innamora di lui.

Poi c’è il detective Lem Stukey per dare una “ripulita” dei poveracci alla città. Simbolo di corruzione, mazzette a go-go, messo a nudo il marcio della società.

E la ex moglie prende fuoco (nel senso che viene proprio bruciata). Occorre trovare l’assassino in ogni modo, ne va del buon nome della città. Ossessivo sbevazzone il nostro Clinton alterna momenti di lucidità e sofferenza “perché le cose andavano in un certo modo e non potevano andare altrimenti”. Seguono altri morti ammazzati che proprio se la cercano.

Racconto duro, ritmo veloce, un po’ di filosofia sparsa in qua e là “la virtù non ha valore se non è messa alla prova”. In prima persona come detective e assassino. Ma alla fine un dubbio serpeggia nella nostra mente “Storia vera o frutto di delirante follia?”.

Da tenere a portata di mano.