Incontriamo Rohase Piercy a fronte del suo libro pubblicato in Italia in questi giorni, edito da Tre Editori, e intitolato Mio diletto Holmes. L’autrice – classe ’58 – nata a Londra, vive oggi sulla costa meridionale inglese, a Brighton col marito e due figlie. “Mio diletto Holmes” è apparso per la prima volta in Inghilterra nel 1998.

La prima domanda che le poniamo è quando ha deciso di scrivere un libro su Sherlock Holmes.

Rohase Piercy: Era il 1987 – l’anno del centenario della prima pubblicazione di “Uno studio in rosso” – e si trovano libri su Sherlock Holmes ovunque. Non soltanto nuove edizioni del Canone ma moltissimi libri che parlavano del “fenomeno Sherlock Holmes”, che raccontavano perché un personaggio della finzione letteraria aveva un costante fascino, come e perché Conan Doyle lo aveva creato e via dicendo. C’era anche in onda una nuova serie TV con Jeremy Brett nei panni del detective che stava portando il personaggio di Holmes a tutto un nuovo pubblico.

E c'erano anche un sacco di discussioni su come il rapporto tra Holmes e Watson fosse il collante che teneva insieme le storie, senza però mai toccare il tema “omoerotico”.

Ovviamente Conan Doyle scriveva in epoca pre-freudiana e non ha certamente pensato di introdurre volutamente un tema del genere. Ma quando i personaggi di Holmes e Watson sono diventati 'più veri della finzione', hanno assunto una vita propria, e così si è accesa la scintilla tra di loro.

Così ho pensato che, poiché nessun altro sembrava disposto a esplorare il rapporto tra Holmes e Watson da quel punto di vista, lo avrei fatto io! Devo dire però che sono stata un po' ingenua all’epoca: non ero infatti preparata a tutta l'indignazione che avrei causato... Mi piacerebbe dire che non sarebbe successo di questi tempi, venti anni più tardi, anche se a guardare bene lo stesso Robert Downey Jr è stato criticato ai giorni nostri per aver speculato sul personaggio del film di Guy Ritchie… quindi, forse, non ci siamo ancora nemmeno adesso.

Sherlock Magazine: Secondo te, per scrivere un libro sull’universo di Sherlock Holmes è strettamente necessario essere uno “Sherlockiano”?

Rohase Piercy: In realtà sì, penso che sia fondamentale. Se non si dispone delle

conoscenze adeguate, sei destinato a sbagliare. Non intendo parlare solo dello stile - anche se è importante cercare di catturare lo stile di Conan Doyle nel modo più preciso possibile - voglio dire che occorre essere in grado di ‘collegarsi’ direttamente coi personaggi di Holmes e Watson. Perché ciò accada, bisogna avere molta familiarità con il Canone, e in una certa misura essere ossessionati, nello stesso modo che lo stesso Conan Doyle divenne ossessionato dalla sua creatura. Per questa sua ossessione Conan Doyle ha cercato di uccidere Holmes nel racconto "Il problema finale", ed è stato poi costretto a farlo “risorgere” sotto pressione! Posso onestamente dire che quando stavo scrivendo “Mio diletto Holmes”, avevo la sensazione, a volte, di scrivere sotto dettatura di qualcun altro. Ho avuto una sensazione di fastidio nella parte posteriore del collo, come se Watson fosse appoggiato sopra la mia spalla. Se riesci a immergerti in questo modo nella storia, nello stile, nei personaggi, tutto dovrebbe tornare. Io spero di esserci riuscita.

Sherlock Magazine: Puoi brevemente raccontare ai nostri lettori di cosa trattano le due storie all’interno del libro? Pensi che si amalgamino bene col Canone?

Rohase Piercy: Dunque, le due storie sono collegate, e la prima è in un certo senso in funzione della seconda. Il primo racconto, “Un’indagine riservata”, presenta Holmes con un caso che lo porta nella sottocultura gay della Londra degli anni del 1890 - una sottocultura che, impariamo presto a capire, per la quale Watson è già avvezzo! La storia ruota attorno alla minaccia rappresentata dalla “blackmailer’s charter” anche conosciuta come “Section Eleven” dell’emendamento sulla legge criminale del 1885. Questa legge criminalizza tutti gli atti sessuali tra uomini, ed è stata la legge sotto la quale Oscar Wilde fu in seguito condannato. Quindi, in questo contesto, presento una storia di ricatti, un paio di grintoso personaggi femminili, e l'amore non corrisposto di Watson per Holmes - un amore che Holmes non può riconoscere, senza distruggere la loro reputazione. E io presento questo dilemma come la vera ragione del frettoloso matrimonio di convenienza di Watson alla fine del romanzo “Il segno dei quattro”.

La seconda storia, “Il problema finale”, reinterpreta sostanzialmente la storia canonica recante lo stesso titolo, ma da un punto di vista alternativo. Essa suggerisce una ragione diversa relativamente al fatto che Holmes insista a lasciare l'Inghilterra di tutta fretta assieme a Watson e anche sulla sua morte simulata alle cascate del Reichenbach… oltre che all’eventuale ricomparsa nella vita di Watson. Questo racconto suggerisce che la vera natura del “Problema Finale” di Holmes risiede, di fatto, nella sua incapacità di accettare i suoi sentimenti per Watson, che Moriarty ben conosce e sfrutta.

In sostanza queste due storie dovrebbero rappresentare le vere versioni che Watson ha pubblicato in passato adattandosi al Canone… E io spero che lo facciano.

Sherlock Magazine: Ci puoi dire qual è la tua storia preferita del canone e perché?

Rohase Piercy: Oh Signore, questa è una domanda davvero difficile... Se si tiene fuori dall’equazione “Il problema finale” e ​​“La casa vuota”, deve trattarsi di una delle prime storie... Probabilmente “Il segno dei quattro”, perché lì si sviluppa il crescente fascino verso Holmes da parte di Watson, anche se in realtà la storia finisce con l'impegno di matrimonio di Watson con Maria Morstan. Forse, dopotutto, Conan Doyle si rese conto delle implicazioni e ha cercato di stroncarle sul nascere! Ho anche un debole per il racconto“I faggi rossi”, perché è una grande storia con una donna esuberante, e per “La lega dei capelli rossi”, perché mostra un Holmes languido e dall’animo contemplativo, mentre ascolta Sarasate. Questo per me è l’Holmes originale del decennio del 1890, con qualcosa di decadente e un tumulto di lotte interiori. Nelle storie successive a questo decennio Conan Doyle si innamora troppo del suo personaggio e cerca di “pulito” il più possibile, tagliando fuori l'uso di cocaina e la sua anima “bohemien”, e aprendo inavvertitamente la strada all’interpretazione su grande schermo di Basil Rathbone come uomo d’azione e di buoni propositi del 1930.

Sherlock Magazine: I tuoi racconti in questo libro sembrano essere più incentrati sui personaggi e il loro feeling piuttosto che sui misteri veri e propri che lo accompagnano. E’ qualcosa di voluto, o che fa invece parte del tuo modo di scrivere più in generale?

Rohase Piercy: Credo entrambi: il romanzo poliziesco non è il mio genere, quindi sapevo che se volevo scrivere un pastiche, Holmes avrebbe dovuto essere costruito intorno al rapporto tra Holmes e Watson. Se avessi cercato di produrre un thriller non avrebbe funzionato. Quello che mi piace fare nella mia scrittura è di guardare una storia ben nota, ma da una prospettiva diversa. L'ho fatto di nuovo in “The Coward Does It With A Kiss”, che analizza la vita di Oscar Wilde attraverso il diario romanzato di sua moglie Costanza, e in “What Brave Bulls Do”, dove ho proposto lo sfondo controverso delle corride, attraverso gli occhi del toro. E sto attualmente lavorando su un pastiche di Jane Austen che guarda al corteggiamento di Elizabeth Bennet e Mr Darcy attraverso gli occhi di Anne de Bourgh… Quindi sì, direi che questo è il mio stile di scrittura.

Sherlock Magazine: Le tue storie sono in parecchi punti molto movimentate. Vedi un certo collegamento tra il “tuo” Holmes e quello recente di Guy Ritchie? E, a ogni modo, cosa ne pensi di Robert Downey Jr nei panni di Sherlock Holmes?

Rohase Piercy: Il film di Guy Ritchie mi è piaciuto molto, e non vedo l'ora del secondo (N.d.A. l’intervista è stata fatta un mese prima dall’uscita del sequel)! Sì, vedo un effettivo collegamento tra i due Holmes: l'intimità tra Holmes e Watson, il loro modo di terminare le frasi reciprocamente e prevedendone l'un l'altro le risposte, indica che tutto questo non rientra in una normale amicizia. Irene Adler e Mary Morstan sono chiaramente “accidentali”; si potrebbe quasi dire che sono incontri di “convenienza” rispetto al rapporto centrale tra i due personaggi maschili. E naturalmente Holmes è disperato per l'imminente matrimonio di Watson, ma non può o non vuole dire perché. Tutto ruota attorno a un paio di allusioni e a un sacco di scene d'azione molto virili. Robert Downey Jr è stato criticato per aver pubblicamente suggerito che in quest’ambito ci fossero delle allusioni.

Spero che questa atmosfera non sia stata sradicata nel secondo film di Guy Ritchie. Penso che Downey Jr interpreta un sorprendentemente credibile Holmes, anche se non si adatta esattamente alla descrizione fisica del Canone – lui è troppo basso e ha quegli occhi marroni, mentre quelli di Holmes dovrebbero essere grigi. E’ grande nelle scene d'azione e nelle rapide deduzioni, ma non le alterna a quella languida qualità mistica che ben conosciamo, se non solo a causa dei postumi di una brutta sbornia! Ma nonostante tutto, in qualche modo, Downey Jr fa funzionare bene il suo Holmes, e penso che ciò dipenda soprattutto alla partnrship con Jude Law, che è un grande Watson: giovane, bello, così come è negli originali! Jude Law potrebbe essere il 'mio' Watson...

Sherlock Magazine: Hai nel cassetto altri progetti relativamente a nuove avventure con Sherlock Holmes?

Rohase Piercy: Non al momento. Ho provato a scrivere un sequel nei primi anni ‘90, con una storia costruita intorno a Oscar Wilde, e semplicemente non ha funzionato. Come ho detto, io non sono una scrittrice di gialli e non sono sicura che avrei potuto farla franca con un altro pastiche ancora focalizzato sul rapporto tra Holmes e Watson. Non posso farli vivere “felici e contenti”, perché sappiamo dal Canone che non è così, e io preferisco lasciarli con una possibilità di felicità, e col suggerimento che stanno andando a trovare il modo di raggiungerla.

Comunque non è detto che, in altre circostanze, possa tornare a scrivere una nuova storia di Sherlock Holmes... certo, l'ispirazione dovrebbe essere lì, come è accaduto nel 1987… ma al momento non c'è.