1975. L’anno di Profondo Rosso e della consacrazione di Daria Nicolodi quale regina del thrilling italiano. Le sue doti di interprete, quella bellezza sfuggente, non sfavillante ma discreta, insinuante, la capacità di catturare cuori con le sue insicurezze, gli slanci, gli enigmi perfino trovano nel personaggio di Elisa, una sintesi perfetta. Lo sceneggiato Ritratto di donna velata, diretto da Flaminio Bollini, nasceva senza troppi misteri con l’idea di riproporre alcuni elementi vincenti del Segno del comando. Misteri legati al sovrannaturale, alla negromanzia, personaggi misteriosi del passato, la predestinazione. In più c’era lo scenario etrusco di Volterra, con i tombaroli e le necropoli, i medium e tutta una serie di maledizioni annesse. Il successo, favorito senz’altro dalla popolarità della protagonista in quel momento, fu assicurato. Eppure non si trattava di un’operazione di puro ripescaggio di una formula fortunata.
Il protagonista (con il viso simpatico e un po’ “burino” di Nino Castelnuovo) non era un professore inglese, dotto e un po’ ingenuo. Luigi Certaldo, di nobili origini ma di mezzi scarsissimi, è un eroe dell’Italia degli anni ’70. Collaudatore di macchine a “riposo” dopo un azzardato incidente che quasi gli è costato la vita, si presenta spavaldo e squattrinato. S’arrangia, fa mille mestieri, sempre in cerca di un amico che gli cambi un assegno per tirare a fine mese. Con la sua auto sportiva che spesso lo lascia in mezzo alla strada, ma ha la striscia bianca come la macchina di Starsky e Hutch, Luigi è l’emblema dell’Italia di quegli anni. Abborda con scarso successo ogni ragazza che incontra ma in fondo sogna il grande amore.
Legge Kriminal e I Fantastici Quattro, ma vorrebbe combinare qualcosa di più. Logico che resti affascinato dalla misteriosa e sofisticata Elisa che incontra a una festa di un amico. Se poi una voce misteriosa dal telefono lo mette in guardia dal frequentare la fanciulla, è giocoforza che ci si butti a capofitto, senza considerare null’altro. Evidentemente la trappola, perché di questo lo spettatore si rende subito conto, è ordinata da qualcuno che lo conosce bene. Luigi corteggia con insistenza Elisa che lo provoca, ma si ritrae. Elisa con una psicologia simile a certi personaggi femminili di Dylan Dog (o forse è il contrario...) accetta di farsi accompagnare a Volterra per non ben precisate ricerche universitarie.
I due alloggeranno nella dimora avita del cugino di Luigi, il suo opposto se vogliamo. Il conte Giacomo vive in un altro tempo, in solitaria ammirazione della sua dimora favolosa, un tempo proprietà di un avo negromante coinvolto in una truce trama di omicidi per passione, magie e ricerche di una favolosa necropoli etrusca. Ovviamente, tra cavalieri nella nebbia, ritratti che raffigurano con sconcertante precisione personaggi di oggi, suggerendo un legame predestinato con le tragedie di ieri, il povero Luigi mal si raccapezza. «È successo un guaio», dice a Elisa. «Mi sto innamorando di te». Detto da uno come lui, sciupafemmine per ruolo più che nella sostanza, è davvero grave. Ma lei sembra stranamente ammaliata dal conte giacomo, si sente stregata da vecchie leggende.
Quando poi entra in scena Corrado Gaipa in una breve, ma terrificante apparizione, nei panni del Nebbia, un uomo dato per morto ma che sa tutto sugli etruschi e parla di solito attraverso un giovanissimo medium, la vicenda s’ingarbuglia. Sì, perché dietro suggestioni e leggende, il crimine è in agguato. Si ricerca un’anfora con le indicazioni per raggiungere la necropoli, ma muoiono alcuni tombaroli e qualcuno pensa bene anche di infilare un coltello nella schiena del sinistro conte Giacomo.
Appaiono anche personaggi legati a più pragmatici delitti, violatori di tombe, un’archeologa, Sandra, che costituisce il personaggio femminile più simpatico e razionale della storia, e una organizzazione che si finge addirittura un braccio dei carabinieri per la conservazione dell’arte. Luciferino, ammicca anche Massimo Serato, grandissimo interprete di seconda fila del nostro cinema di quegli anni. Insomma senza togliervi il piacere di rivedere questo sceneggiato storico, di elementi interessanti, spunti e idee ce ne sono a sufficienza per ribadire, ancora una volta, che l’Italia resta un palcoscenico perfetto per delitti e misteri anche per chi ama il classico e non solo sparatorie e inseguimenti.
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