Londra, 1888. Nel quartiere di Whitechapel, nell’East End, si aggira un omicida seriale che aggredisce, uccide e sventra prostitute. Almeno cinque, com’è noto, le sue vittime: Mary Ann Nichols, conosciuta come Polly, ritrovata senza vita il 31 agosto. Annie Chapman, l’8 settembre. Elizabeth Stride e Catherine Eddowes il 30 settembre. La Stride e la Eddwes vengono aggredite la stessa notte, a circa un’ora di distanza l’una dall’altra: sembra che, nel primo caso, sopraggiunga un testimone e l’aggressore debba dileguarsi senza poter sventrare la donna, dopo averla sgozzata. Mary Jane Kelly, ultima vittima “canonica” dell’omicida, rinvenuta il 9 novembre nella camera in cui viveva, massacrata (cfr., tra le numerose pubblicazioni disponibili, P. Begg, Jack lo Squartatore. La vera storia, Utet, Torino, 2006).

Le vittime dell'omicida seriale di Whitechapel
Le vittime dell'omicida seriale di Whitechapel

“Prendimi se ci riesci”

A ridosso dei raccapriccianti delitti, lettere anonime del presunto assassino, la cui autenticità è ovviamente dubbia. Il 25 settembre e il 1° ottobre, l’agenzia giornalistica Central News Agency ricevute gli inquietanti messaggi di uno sconosciuto che palesa l’intendimento di continuare a uccidere prostitute. E si firma “Jack the Ripper”, “Jack lo Squartatore”.

La polizia ha difficoltà nell’individuare il responsabile dei delitti e gli abitanti di Whitechapel giungono alla determinazione di costituire un comitato di vigilanza del quartiere, a capo del quale viene posto George Lusk.

E proprio a lui, il 16 ottobre 1888, viene recapitato un pacchetto che contiene la metà di un rene umano e una lettera vergata in modo sgrammaticato e con caratteri irregolari che sembrerebbero attestare scarsa scolarizzazione e un profondo stato di alterazione psichica. Il testo – e la sua “provenienza” – sono ben noti:

“From hell

Mr Lusk,

Sor

I send you half the Kidne I took from one women prasarved it for you tother piece I fried and ate it was very nise. I may send you the bloody knif that took it out if you only wate a whil longer

signed

Catch me when you can Mishter Lusk”

(“Dall’inferno. Signor Lusk, Sor Vi mando metà del Rene che ho preso da una donna e che ho tagliato per voi, l’altro pezzo l’ho fritto e mangiato, era molto buono. Potrei mandarle il coltello insanguinato che l’ha tolto, se solo aspettasse ancora un po’. firmato Prendimi quando puoi Mishter Lusk.”)

La "From Hell Letter"
La "From Hell Letter"

Per quanto riguarda l’autenticità della lettera e la possibilità di attribuire il frammento di rene a una delle vittime di Jack lo Squartatore, gli esperti approdano a opinioni diverse.

Certo, il reperto – prontamente esaminato – sembra essere stato asportato poco tempo prima dell’invio del pacchetto e appartenere a una donna alcolizzata di mezza età, caratteristiche della donna uccisa giorni prima, Catherine Eddowes. In genere, considerano gli esperti, un’arteria renale è lunga circa sette centimetri: cinque vengono recuperati nei resti mortali della vittima, due risultano attaccati al frammento inviato per posta. Probabile, dunque, che il plico possa effettivamente ricondursi all’omicida denominato Jack lo Squartatore.

Quindi, riassumendo:

• 31 agosto 1888: omicidio di Mary Ann Nichols;

• 8 settembre 1888: omicidio di Annie Chapman;

• 25 settembre 1888; alla Central News Agency giunge la prima lettera firmata “Jack the Ripper” (la cd. “Dear Boss Letter”);

• 30 settembre 1888: omicidio di Elizabeth Stride e Catherine Eddowes;

• 1 ottobre 1888: alla Central News Agency giunge una cartolina formata “Jack the Ripper” (la cd. “Saucy Jacky Letter”);

• 16 ottobre 1888: la lettera “Dall’inferno” viene recapitata a George Lusk (la cd. “From Hell Letter”);

• 9 novembre 1888: omicidio di Mary Jane Kelly.

Corrispondenza dagli inferi

Nel corso del tempo, la singolare e suggestiva intestazione del messaggio – “From hell”, “Dall’inferno” – si radica profondamente nell’immaginario collettivo, fino a divenire uno degli elementi identificativi della vicenda e dell’omicida. È però possibile che quest’ultimo (o chiunque abbia la paternità della lettera), nel concepire una simile suggestione, abbia tratto ispirazione dalla lettura dei giornali, di un giornale in particolare.

Il “London Times” del 7 settembre 1888 pubblicizza infatti un romanzo intitolato Letters from Hell. L’opera, si legge nella segnalazione, contiene un saggio introduttivo di George Macdonald e, secondo lo slogan che l’accompagna, “should be read by every thinking mind”, “Dovrebbe essere letta da ogni mente pensante” (T. Wescott, “An Inspiration From Hell”, Ripper Notes, April 2001).

Lettere dall’inferno (Breve fra Helvede) è un romanzo del sacerdote e teologo danese Valdemar Adolph Thisted (1815-1887), dato alle stampe a Copenaghen nel 1866 che, nel primo anno di diffusione, è giunto a dodici edizioni. L’opera, firmata dall’Autore con lo pseudonimo di M. Rowel, si svolge all’inferno e il suo protagonista, Otto, morto nel fiore degli anni, racconta i tormenti e i rimpianti che lo dilaniano e che derivano dalla vita dissipata che ha condotto nel mondo, esclusivamente protesa alla gratificazione dei propri istinti. Descrive anche il destino di altre anime dannate e si conclude con l’arrivo negli inferi della madre del narratore.

Il romanzo è apparso in Inghilterra lo stesso anno della sua pubblicazione in Danimarca, la traduzione in inglese di deve al reverendo Mordaunt Roger Barnard (1828-1906). La richiamata segnalazione pubblicitaria del “London Times” del 7 settembre 1888 fa probabilmente riferimento all’edizione del 1884, o ad una sua ristampa, in cui il testo di Thisted è preceduto dalla prefazione George MacDonald (1824-1905), scrittore, poeta e religioso scozzese.

Due edizioni inglesi del romanzo di Valdemar Adolph Thisted
Due edizioni inglesi del romanzo di Valdemar Adolph Thisted

Coincidenza (ma forse no)

Appare singolare che elementi in seguito destinati a risultare strettamente correlati alla vicenda di Jack lo Squartatore – l’insolita espressione “dall’inferno” e il riferimento alle “lettere” – vengano proposti insieme in un quotidiano pubblicato nel contesto e nel periodo in cui si stavano registrando i delitti. Il “London Times” era peraltro uno dei giornali che, all’epoca, maggiormente si interessava delle macabre gesta dello Squartatore.

Nel citato Wescott (2001), con riferimento al numero del quotidiano contenente la pubblicità del romanzo di Thisted, si legge: “this advertisement was accompanied in this issue of The London Times by another such advertisement that read: The Whitechapel Horror Resumed Inquest; Funeral of the Victim; Strange story of a Ruffian called ‘Leather Apron’.” (“Questa pubblicità era accompagnata, in questo numero del ‘London Times’, da un’altra pubblicità simile che recitava: “L’orrore di Whitechapel; Ripresa l’inchiesta; Funerale della vittima; Strana storia di un ruffiano chiamato ‘Grembiule di cuoio’.”).

Tale asserzione suscita, invero, qualche perplessità. L’Autore sostiene che, nel numero del “London Times” del 7 settembre 1888, si farebbe riferimento a una “ripresa” dell’inchiesta sui delitti di Whitechapel e ad uno dei sospettati, John Pizer, calzolaio ebreo polacco che lavorava nella zona ed era soprannominato “Grembiule di cuoio”.

Ma, com’è noto, il 7 settembre, l’unica vittima di Jack lo Squartatore in seguito ascritta alla categoria di quelle “canoniche”, era Mary Ann Nichols, uccisa il 31 agosto e, per quanto il suo omicidio palesasse tratti assai cruenti, l’ipotesi che esso potesse considerarsi ascrivibile a un omicida seriale non si era ancora delineata: Whitechapel era un quartiere caratterizzato da un elevato livello di degrado e di delinquenza e la morte di una prostituta, pure uccisa in modo violento, non veniva percepita come circostanza fuori della norma.

La successiva vittima canonica dello Squartatore sarebbe stata Annie Chapman, rivenuta l’8 settembre, il giorno dopo a quello in cui, secondo Wescott (2001), il “London Times” avrebbe pubblicato la pubblicità di Letters from Hell.

Dunque, il 7 settembre, sul quotidiano, non sarebbero potuti comparire – insieme – gli articoli sulla ripresa dell’inchiesta dopo il delitto Chapman, con riferimento a “grembiule di cuoio” (arrestato a ridosso del delitto stesso e subito scagionato) e la pubblicità di Letters from Hell. Forse, ciò avrebbe potuto verificarsi sul “London Times” di un paio di giorni dopo. Potrebbe verosimilmente trattarsi di un refuso nella ricerca da noi citata.

In ogni caso, il dato che l’espressione “Letters from Hell” sia apparsa su uno dei quotidiani che più si interessavano dei delitti circa un mese prima che il responsabile del comitato di vigilanza di Whitechapel ricevesse la lettera “From hell” dal presunto Jack lo Squartatore (datata 15 ottobre e pervenuta al destinatario il 16) appare decisamente singolare e non è certo che possa considerarsi una mera coincidenza. L’ipotesi che si delinea è, ovviamente, quella che l’intestazione della missiva indirizzata a George Lusk derivi direttamente dal titolo del romanzo del teologo danese. 

Un elemento utile per il profilo dell’omicida?

Il che non aggiunge granché a quanto già conosciuto – ben poco, in realtà – di Jack lo Squartatore. Solo, forse, dettagli sul quotidiano richiamato – l’edizione londinese del “Times” – e sulla tipologia dei suoi lettori. In tal senso, ci affidiamo ad Arthur Conan Doyle che, nel Mastino dei Baskerville, pubblicato per la prima volta a puntate sullo “Strand Magazine” tra il 1901 e il 1902, lo cita più volte dando conto di una interessante analisi condotta da Sherlock Holmes su un misterioso messaggio anonimo pervenuto ad un suo cliente.

Il messaggio in questione è stato realizzato con parole ritagliate da un quotidiano, che Holmes identifica subito nel “Times”, appunto, di cui riconosce i caratteri “elegantemente borghesi” che lo distinguono dalla “stampa trascurata di un giornale della sera da mezzo soldo.” (A.C. Doyle, L’infallibile Sherlock Holmes, Mondadori, Milano, 1987, p. 222.)

Il consulting detective di Conan Doyle parte da questo dato per ipotizzare tratti peculiari del mittente del messaggio anonimo. “Osservate, a esempio”, dice, “che l’indirizzo è scritto in modo vistosamente elementare. Tuttavia il ‘Times’ è un giornale che vien letto solo da persone di un certo livello. Possiamo dedurne pertanto che la lettera è stata compilata da una persona colta che voleva dare a intendere di non esserlo […].” (A.C. Doyle, op. cit., p. 223).

Dando per buono, in termini di ipotesi accademica, che Jack lo Squartatore si sia ispirato a quanto letto sul “Times” per coniare l’espressione “From hell” nella lettera a Lusk, possiamo inferire – sulla scorta di Conan Doyle – che egli stesso appartenesse a un livello socio-culturale medio alto e che, come l’autore del messaggio anonimo del Mastino dei Baskerville, abbia cercato di nascondere tale sua caratteristica adottando una grafia artatamente grossolana e un fraseggio sgrammaticato?

L’ipotesi, con tutte le cautele del caso, non sembra completamente infondata. Anche considerando che, se si analizza la “From Hell Letter”, verosimilmente attribuibile all’omicida di Whitechapel, è possibile constatare che, ben celati da una grafia altrimenti alterata e deformata in modo assai vistoso e diremmo persino caricaturale, si riscontrano occasionalmente tratti grafici ben delineati, uniformi, fluidi ed eleganti, che tradiscono abitudine alla scrittura (In corsivo negli estratti che seguono: “I send you half the Kidne I took from one women […]”; “I may send you the bloody knif that took it out if you only wate […].”).

Sembrerebbe che l’estensore del messaggio, per evocare a livello grafico gli abissi della mente dello Squartatore, si sia imposto di adottare una scrittura informe e disarmonica, lontana dalla propria ma che, nel tracciare i caratteri, la sua abituale disinvoltura sia a tratti involontariamente riemersa, tradendo la consolidata impronta grafica che lo caratterizzava.

Proseguendo in tale direzione – sempre per amore di speculazione accademica, senza sapere esattamente dove l’ancoramento alla realtà cede il posto all’elaborazione romanzesca – potremmo abbozzare parte del profilo dello sconosciuto, attribuendogli una collocazione socio-culturale tendenzialmente elevata, con conseguente estraneità al contesto degradato dove pure gli omicidi sono avvenuti.

Oppure, immaginarlo come provvisto di un livello culturale superiore alla media degli abitanti di Whitechapel ma, per qualche ragione, costretto a vivere entro gli angusti confini del quartiere.

Resterebbe da valutare se, tra i sospettati presi in considerazione dagli investigatori all’epoca dei delitti e, nel corso dei decenni successivi, dagli esperti del caso, ve ne sia qualcuno con analoghi tratti personologici.