In verità può apparire strano che Moriarty, il personaggio creato da Arthur Conan Doyle per sfidare Sherlock Holmes nell’atto considerato conclusivo per la sua creatura, appaia soltanto pochissime volte nell’arco delle sessanta storie del canone e, parallelamente, assurga a diventare tanto famoso quanto lo stesso detective inglese. Moriarty è senza ombra di dubbio il criminale più famoso incontrato da Holmes nella sua brillante carriera. E’ l’avversario più acerrimo e malvagio creato da Doyle e non è un caso se lo stesso detective lo ricorda come “the villain”. Il professore è indubbiamente il più grande criminale all’opera del periodo vittoriano. Come spesso viene ricordato, Conan Doyle durante la sua carriera si convince che le avventure di Holmes identificano il suo lavoro di scrittore solo per il personaggio da lui inventato, distogliendo l’attenzione del pubblico da altri lavori ben più profondi e per i quali vorrebbe ottenere maggiore riconoscimento. Per questa ragione Doyle si convince a far “morire” Holmes, seppure per alcuni anni soltanto. Poiché Holmes è un essere umano dall’intelligenza e dalla logica fuori dal comune, Doyle deve inventare un personaggio di eguale spessore. Deve inoltre essere caratterizzato da un’aria crudele e spavalda; un uomo di potere, che da la forte impressione di un grande criminale. Holmes al riguardo di Moriarty afferma: “Quell’uomo è il Napoleone del crimine, Watson, è l’organizzatore di metà del male e di quasi tutto ciò che rimane impunito in questa grande città”.

Moriarty nel Canone

La figura di James Moriarty appare nel racconto Il problema finale e viene menzionato anche nel romanzo La valle della paura. Moriarty, con i suoi agenti, è responsabile al tempo di quaranta crimini non risolti. La struttura a ragnatela della sua organizzazione criminale è ampia e complessa tanto da non venire mai arrestato. Sebbene il professor Moriarty sia sospettato di azioni criminali ciò non viene mai comprovato. Moriarty “è il cervello di controllo della malavita”, una spina nel cuore per la società. Le sue caratteristiche elusive impediscono per tre mesi ad Holmes di penetrare il suo velo si segretezza. In La valle della paura veniamo a conoscenza del fatto che Moriarty è un uomo dalla posizione rispettabile dall’alto salario. Solo più avanti scopriamo che delle sue 700 Sterline in realtà molte di più provengono dalle sue attività illegali, e l’uomo può persino permettersi di pagare un amico intimo ben 6000 Sterline all’anno. Preleva da sei banche differenti e Holmes e altresì convinto che la maggior parte della sua fortuna risieda investita all’estero. Moriarty potrebbe essere appassionato di pittura, visto che nel suo studio è appeso un quadro dell’artista francese Jean Baptiste Greuze e uno dei suoi quadri pare valere oltre 40.000 Sterline. Queste informazioni ci giungono dalle tre visite che Holmes fa allo studio di Moriarty in tempi e occasioni successive. In due casi si presenta travestito, mentre nel terzo raggiunge lo studio in circostanze diverse, ma in tutte le investigazioni Holmes non riesce a trovare evidenze per incriminare il suo acerrimo nemico. Lo stesso Moriarty si presenta una volta presso Baker Street. I due uomini si scambiano rispettosi complimenti, ma Holmes è felice di avere il revolver tra le mani quando Moriarty si accorge che il suo visitatore legge dal suo taccuino il numero delle volte che i sentieri dei due uomini si sono incrociati. Non vi è dubbio che il nemico di Holmes sia curioso di incontrare l’uomo che sta seriamente minacciando la sua libertà. Nel racconto Il problema finale Holmes lo descrive così: “E’ un genio, un filosofo, un pensatore astratto. Possiede un cervello di prim’ordine. Siede immobile, come un ragno al centro della sua tela, ma questa tela si suddivide in mille diramazioni di cui egli conosce perfettamente il minimo fremito”. Moriarty rappresenta l’ultima sfida per Holmes ed entrambi provano grande rispetto per le loro rispettive abilità: due grandi menti in competizione – una a supporto della legge, l’altra che la infrange. Sempre su di lui il detective aggiunge: “Personalmente fa poco: egli progetta soltanto, ma i suoi agenti sono numerosi e molto bene organizzati. Se c’è un delitto da commettere, un documento da sottrarre, una casa da saccheggiare, un uomo da eliminare, ne viene passata parola al professore, e il complotto viene organizzato e portato a compimento. Può darsi che l’agente materiale venga preso: in questo caso si trova sempre il danaro per ottenergli la libertà provvisoria o per farlo assolvere in corte di giustizia. Tuttavia il potere centrale che si è servito dell’agente non è mai scoperto, anzi non viene neppure sospettato”. Per Holmes il duello con Moriarty rappresenta lo zenith della sua carriera. Nella sua mente riuscire a sbarazzare dalla società il professor Moriarty significa un enorme servizio per tutta la gente onesta. “Questa è l’organizzazione che io ho scoperto, Watson, e ho dedicato tutte le mie energie al tentativo di smascherarla e di disperderla”. In quest’ottica, prima ancora di sapere il risultato finale di questo scontro, per Holmes la sfida prende il sapore del suo potenziale ultimo caso. Holmes, infatti, ripete più volte che è disposto a morire, se questa deve rappresentare l’unica maniera per dar fine alle diaboliche iniziative di Moriarty. Gli uomini di Moriarty attentano alla sua vita immediatamente; il grande detective, infatti, rischia di essere travolto da una carrozza guidata da due cavalli; poi è attaccato da un manigoldo che lo lascia a terra ferito. Quando giunge all’abitazione di Watson il suo volto appare teso e di chi ha paura per la propria incolumità. Doyle si convince che il miglior posto per uno scontro finale può essere rappresentato dalle cascate di Reichenbach