Ai nostri giorni quella che può forse identificarsi facilmente come l’unica differenza tra il Giallo e il Noir, è, al di là del percorso investigativo e del paradigma indiziario, la soluzione finale che viene presentata al lettore.

Nel Giallo si continuerà a privilegiare soluzioni precise, determinate, conclusive e socialmente rassicuranti.

Mentre il Noir preferirà proporre continue sorprese e contraddizioni interne, arrivando a prospettare solo un simulacro di giustizia, ma con un retrogusto amaro di sconfitta, aggravato dalle sempre fortissime implicazioni psicologiche commiste al crescente degrado e al disagio sociale.

Alla fine non importa se l’investigatore di turno sia un eroe solitario, o una ben affiatata squadra di detective, se la cornice sia contadina od urbana, se le ambientazioni siano metropolitane e graffianti, o squisitamente provinciali. 

Che ci si trovi sulle malfamate banchine del  Porto di Marsiglia, o nella sonnolenta campagna Tosco Romagnola, quello che conta è che il lettore ha bisogno del poliziesco, oggi, perché lo aiuti a comprendere la realtà in cui tutti viviamo.

Una realtà in cui il crimine e la violenza bussano insistentemente alla porta di casa nostra, dove i casi di croncaca nera sono spesso più incomprensibili e più improbabili del più fantasioso parto letterario dell’autore di turno, dove per convivere con l’agghiacciante realtà quotidiana è necessario comprendere gli avvenimenti ed inquadrarli in un contesto, se non proprio accettabile, quanto meno comprensibile.

Nella storia sociale del delitto, infatti, lo spasmodico interesse nutrito da centinaia di milioni di persone verso le storie criminali, è riconducibile al desiderio di ordine, e al tempo stesso, alla necessità di evadere dalle regole precostituite. 

Così, ora come allora, il delitto ci fa rabbrividire perché drammatizza enfaticamente l’eterno conflitto tra la morte e la vita, ma al tempo stesso ci esalta come fenomeno apertamente contrapposto all’ordine sociale precostituito, lacerando nelle nostre coscienze quello che è sempre stato vissuto come un confine, ahimè sempre più labile, tra il bene e il male.

Per questo si parteggia per l’assassino, ma si trema per la vittima, per questo gli investigatori sono sempre un po’ deboli e qualche volta persino negativi, per questo i crimini più efferati hanno sempre un minimo di motivazione psicologica che li attenui in qualche maniera agli occhi della società, che poi giudica e condanna.

 Proprio perché il crimine oggi non è poi così lontano dai nostri salotti, e potrebbe varcare la porta di casa nostra in qualunqe momento, anche se è auspicabile che continui a farlo unicamente sotto la confortevolissima e rassicurante veste di un  romanzo poliziesco sul nostro comodino.