Le disgrazie non nascono mai sole. E mai proverbio fu più azzeccato nei confronti del libro. Già di per se stesso una disgrazia. Al quale vanno aggiunte tutte le altre disgrazie più o meno grandi che si porta appresso. A partire dalle presentazioni in pubblico, dalle interviste sempre in pubblico e in privato, per finire alle recensioni.
Non c’è nulla di più perfido di una recensione (compresa la mia). Una balla che più balla non può. Non è un proverbio ma una sicura realtà. Togliamo subito di mezzo il fatto che sia scritta da un/a amico/a dell’autore o dell’editore. O da un/a amico/a dell’amico/a ecc…eccc…che fa lo stesso. La falsità è già insita nella fattispecie di rapporto. Come minimo la recensione si trasforma in un peana. Non si scappa. Con qualche piccolo distinguo semmai, tanto per dare l’impressione di una integerrima professionalità. Poniamo invece che il tizio che scrive la recensione sia all’oscuro di tutto. Sarà senz’altro più imparziale. Penserete voi. Mica così semplice. Mica così scontato. Intanto il recensore, o critico che dir si voglia, donna o uomo fa lo stesso, è soggetto ai piccoli-grandi eventi della vita quotidiana che possono influenzare il suo giudizio. La nascita di un figlio, una vincita record alle scommesse o una dipartita improvvisa di una suocera impicciona (un classico, scusate la pigrizia) possono renderlo senz’altro più accogliente verso il libro che deve recensire. Più morbido, più disposto a passare sopra certe manchevolezze e a mettere in maggiore risalto i lati positivi.
Se l’evento è tragico come avere perso la partita segaioli-ammogliati, o essere colpito da un attacco improvviso della prostata con spisciolamento extrawater e umiliante lavata di capo della moglie, allora state pur certi che questi dolori si ritorceranno contro l’autore del libro. Chiunque esso sia. Si tratti di Pinco Pallino o di Camilleri.
Vi sono poi eventi che possono incidere in un senso o nell’altro. Così per Caso. Per Fortuna. Come una abbuffata della sera precedente con ubriacatura finale. Vai a capire che influenza può causare. Al risveglio si può essere più sgrilli di prima o avere un cerchio di fuoco alla testa. Qui siamo nell’imponderabile. Tutto sta nel fisico del recensore ubriaco.
Un altro elemento che condiziona il giudizio è la naturale simpatia o antipatia verso il “genere o “sottogenere”, chiamatelo come vi pare. E il giallo inteso in senso lato ne ha di “generi” e “sottogeneri”! Che sembrano proliferare ogni momento. Il critico che abbia in uggia uno o più di questi farà fatica a restare neutrale. Come farà fatica ad esprimere un giudizio equilibrato se si trova di fronte ad uno “stile” che gli sta sul gozzo. Al sottoscritto, per esempio, danno la nausea gli infiorettamenti ed i ghirigori, le lungaggini, lo sciupio inutile delle parole. Tutti i libri di tal fatta, capolavori o boiate pazzesche, avranno vita dura.
Ma non è finita. Ci si mette di mezzo anche l’età. Perché sono sicuro che un vecchietto come me che ha visto scorrere sotto i suoi occhi qualche migliaio di libri, è senz’altro più stizzoso ed esoso di un giovane critico alle prime armi. Almeno che questo giovane critico non sia già stizzoso ed esoso di suo. Ma certo non glielo auguro. Per il bene suo (allora come sarà da vecchio?) e quello degli altri..
Infine la fretta. Quando solo all’ultimo minuto ci si accorge di dovere scrivere il famoso “pezzo”. La lettura del libro diventa per forza affrettata (appunto) e non mi pare che questa rappresenti un valido viatico per una migliore comprensione.
Dunque un consiglio alla staggese. Leggete i libro e lasciate sta
la recensione. Anzi, un leggete nemmeno i libro. Andate a fa una girata che è tutto di guadagnato. Meglio ancora una trombata se me la passa i Direttore.
Sito dell’autore www.libridiscacchi.135.it



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