"Sandro,sbrigati è tardi!"

"Un momento, aspetta, non esiste che venga alla partita senza la mia sciarpa viola, senza quella non si vince! Non la trovo, ah eccola, arrivo!

Sandro scende le scale di corsa, fa i gradini due a due, trafelato. Luigi lo guarda: il "suo" Sandro ha 16 anni, il gel sui capelli spettinati, i jeans bassi in vita, ché ha sempre voglia di andar lì e tirarglieli su, come faceva quando era piccolo. Gli sale da dentro, ancora, un moto di tenerezza.

Quella domenica, 11 Maggio 2008, la Fiorentina aveva vinto 3 a 1 con il Parma. Erano tornati a casa felici, sudati, senza voce.

"Ma guarda se ci si deve ridurre in queste condizioni per una partita di calcio!"

Cristina li aveva rimproverati, con un sorriso. Era stata l'ultima domenica felice, insieme.

 

Il sabato successivo, all'una di notte, quella telefonata:

"Casa Antonini? Qui è l'ospedale di Careggi, hanno appena ricoverato Alessandro Antonini, venite subito......"

 Non ricorda le parole precise, sa che si sono precipitati, ma troppo tardi. Sandro, il loro bambino, era già passato dal coma alla morte.

 

"Sig. Antonini, mi creda, capisco il suo dolore e la sua incredulità - Claudia Tosi, l'ispettrice di polizia che si occupa del caso, ha gli occhi sinceri e la voce partecipe - guardi che, purtroppo, capita che ragazzi bravi, studiosi, con una famiglia unita, assolutamente non tossici abituali, si trovino, una sera, con gli amici in discoteca e poi......è difficile capire. Forse la voglia di essere all'altezza di quelli più grandi che hanno già provato senza conseguenze, il voler dimostrare a se stessi di avere il coraggio di sperimentare.....succede più spesso di quanto si possa immaginare. Non dovete colpevolizzarvi pensando di non essere stati dei buoni genitori: vostro figlio è stato più sfortunato di altri, magari proprio perché era la prima volta. Maledetti questi avvoltoi che girano intorno alle discoteche e vendono veleno, anche ai minorenni...."

"Ma com'è possibile...almeno dovete trovarlo, questo assassino,punirlo come merita. Anch'io chiederò, domanderò agli amici di Sandro, quelli che erano con lui. Devono sapere chi gliel'ha venduta."

"Sig.Antonini, mi raccomando. Non provo nemmeno a scoraggiarla, tanto lo farebbe lo stesso, però non si esponga, non prenda iniziative, è gente pericolosa. Può darsi che gli amici di Sandro siano più disposti a parlare con lei che con la polizia ma, nel caso venisse a sapere qualcosa d'importante, ecco, guardi, questo è il mio biglietto da visita, c'è il numero del cellulare, mi chiami subito e valuteremo insieme il da farsi. Pensi a sua moglie, ha bisogno di lei, le stia vicino, non si metta nei guai per fare il giustiziere."

 

Michele, il miglior amico di Sandro: Luigi lo affronta,volano anche un paio di ceffoni, l'ispettrice Tosi non approverebbe ma lui non è un poliziotto, è un padre distrutto e pieno di rabbia. Vuole sapere chi è lo spacciatore, il responsabile della morte di suo figlio. Michele era con lui, quel maledetto sabato, lo sa di sicuro. E infatti lo porta lì, allo Yellow Club, glielo indica, mentre continua, tranquillamente, a vendere la sua merce letale.

La mattina dopo, chiede a Paolo, il socio con cui gestisce il negozio di ottica, tempo per riprendersi, non se la sente di tornare subito al lavoro. Poi, diventa l'ombra di Codino, l'ha chiamato così, nella sua mente, perché il verme porta i capelli legati in un codino striminzito.

 

 

Dopo quattro giorni di appostamenti, una notte, Codino è rientrato a casa da solo. Strada deserta, nessun passante, spazio per parcheggiare nel punto giusto. Luigi scende dall'auto, aspetta che l'altro si chini per infilare la chiave nella serratura del portone. Un colpo deciso alla nuca, non troppo forte, solo per stordirlo. Mette il corpo nel portabagagli, non sa neppure come ci riesce, lo imbavaglia perché non vuole sentire la sua voce quando riprenderà conoscenza. Un'ultima occhiata in giro: raccoglie le chiavi di Codino - erano cadute a terra – tutto è silenzio, nessuno ha visto.

Ora, veloce, verso Rignano sull'Arno, alla casa di campagna: si sentono dei rumori provenire da dietro, Codino deve essersi ripreso. Farlo scendere, non è impresa facile, si divincola, inciampa. Luigi allenta la corda che gli blocca i piedi perché riesca a camminare.

Finalmente, sono in cantina. E' il momento di parlare, Codino deve capire bene perché sono lì:

“Ascoltami, verme schifoso. Io sono il padre di Alessandro.......ma che te lo dico a fare, tu nemmeno lo sai come si chiamava quel ragazzino di sedici anni che è morto una settimana fa, ucciso dalla merda che gli hai venduto. Ora ti chiarisco la situazione in cui ti trovi: questa casa è isolata, la cantina non ha finestre ma ci sono le prese d'aria, non c'è acqua, non c'è cibo, c'è una bella porta robusta con due chiavistelli esterni, anche se riuscissi a slegarti non hai modo di uscire. Addio.”

L'ultima immagine che Luigi vede, prima di spegnere la luce – tanto a che gli serve? - sono due occhi in un pozzo di disperazione. Sale sull'auto e riparte, verso Firenze. Non è un mostro, vuole solo regalare all'assassino di Sandro qualche ore di puro terrore che non possa dimenticare. Telefonerà all'Ispettrice Tosi, insieme torneranno per liberarlo e, Luigi lo spera, per raccogliere una qualche confessione che possa toglierlo di circolazione.

Certo, lo sa, è stato un sequestro di persona, è pronto a pagare. L'importante è assicurare alla giustizia quel venditore di morte.

E' arrivato, si ferma davanti a casa sua, in una mano il biglietto da visita dell'Ispettrice Tosi, nell'altra il cellulare. Prima, però, un'occhiata in camera. Povera Cristina, forse nemmeno si è accorta che è stato fuori tutta la notte, da quando Sandro non c'è più si imbottisce di sonniferi e piomba in un sonno pesante e innaturale.

Mentre sale le scale, una fitta tremenda lo trafigge alla spalla, cade sulle ginocchia, un'altra fitta, non ha fiato per chiedere aiuto: il buio gli chiude gli occhi. Fuori sta sorgendo il sole.

FINE