– Nessun cenno a quel Circolo della Caccia, Watson – commentò Holmes con un sorriso malizioso. – Tuttavia è un medico condotto, come lei aveva molto acutamente osservato. Penso che le mie inferenze siano ampiamente giustificate. Quanto agli aggettivi, ho detto, se ben ricordo, amabile, privo di ambizioni, e distratto. L’esperienza mi insegna che solo un uomo amabile riceve doni in questo mondo, solo un uomo non ambizioso abbandona una carriera a Londra per esercitare in campagna, e solo un uomo distratto lascia il suo bastone da passeggio e non il suo biglietto da visita dopo aver aspettato un’ora nell’appartamento di qualcun altro. – E il cane? – Ha l’abitudine di riportare il bastone al suo padrone. Trattandosi di un bastone pesante, il cane lo tiene stretto in bocca nel mezzo, e i segni dei suoi denti sono perfettamente visibili. Le mandibole del cane, come mostra lo spazio fra queste incisioni, sono a mio parere troppo ampie per un terrier e non abbastanza per un mastino. Potrebbe essere… sì, per Giove, è uno spaniel a pelo ondulato! Si era alzato in piedi e percorreva la stanza a lunghi passi. Poi si era fermato nel bovindo. C’era una tale sfumatura di convinzione nella sua voce che alzai lo sguardo sorpreso. – Mio caro amico, come fa a esserne così sicuro? – Per la ragione alquanto semplice che vedo il cane con i miei occhi proprio sulla soglia di casa nostra, ed ecco il trillo del campanello del suo padrone. Non si muova, la prego, Watson. E’ un suo collega, e la sua presenza potrebbe tornarmi utile. Questo è il momento culminante del fato, Watson, quando sulle scale risuona un passo che sta per entrare nella nostra vita, e non sappiamo se sarà per il bene o per il male. Cosa chiederà James Mortimer, uomo di scienza, a Sherlock Holmes, specialista in crimini? Prego, si accomodi!

La comparsa del nostro ospite fu per me una sorpresa, poiché mi ero aspettato un tipico dottore di campagna. Era un uomo molto alto, magro, con un naso lungo come un becco che sporgeva tra due vivaci occhi grigi, vicini fra loro e scintillanti dietro gli occhiali dalla montatura d’oro. Era vestito in maniera professionale ma molto trasandata, poiché la giacca era sbiadita e gli orli dei pantaloni logori. Per quanto fosse giovane, aveva già la schiena ricurva, e camminava con un lieve sbilanciamento del capo in avanti e con un’aria generale di ammiccante benevolenza. Quando entrò, gli cadde lo sguardo sul bastone che Holmes teneva in mano e corse verso di esso con un’esclamazione di gioia. – Come sono contento! – esclamò. Non ero sicuro se l’avessi lasciato qui o all’Ufficio Postale. Non vorrei perdere questo bastone per tutto l’oro del mondo.

– Un regalo, vedo – osservò Holmes.

– Sì, signore.

– Da parte del Charing Cross Hospital?

– Da un paio di amici che vi lavoravano, in occasione del mio matrimonio.

– Ai, ahi, che errore – fece Holmes, scuotendo la testa.

Il Dottor Mortimer sbattè le palpebre dietro gli occhiali, lievemente stupito.

– Perché un errore?

– E’ solo che lei ha mandato all’aria le nostre piccole deduzioni. Il suo matrimonio, diceva?

– Sì, signore. Mi sposai, e così lasciai l’ospedale, e con esso tutte le speranze di aprirmi uno studio. Dovevo pensare a metter su casa.

– Su, su, l’errore non è stato poi così grave, dopo tutto – replicò Holmes. – E ora, Dottor James Mortimer …

– Mister, signore, Mister… sono solo un umile M.R.C.S., un membro del Royal College of Surgeons.

– E un uomo dalla mente precisa, evidentemente.

– Un dilettante in campo scientifico, Mister Holmes, un raccoglitore di conchiglie sulle rive del grande oceano sconosciuto. Presumo che sia Mister Holmes quello a cui mi sto rivolgendo, e non…

– No, lui è il mio amico, il Dottor Watson.

– Sono lieto di conoscerla, signore. Ho udito menzionare il suo nome in relazione a quello del suo amico. Lei mi interessa molto, Mister Holmes. Non mi ero certamente aspettato un cranio così dolicocefalo o uno sviluppo sovraorbitale così marcato. Avrebbe qualche obiezione se io facessi scorrere il dito lungo la sua sutura parietale? Un calco del suo cranio, signore, fintantoché non fosse disponibile l’originale, sarebbe un onore per qualsiasi museo antropologico. Non intendo esagerare, ma confesso che desidero ardentemente il suo cranio.

Sherlock Holmes fece segno al nostro bizzarro ospite di sedersi. – Mi sembra di capire che lei è tanto entusiasta nel suo ambito professionale quanto io lo sono nel mio – disse. – Noto dal suo indice che si prepara le sigarette da solo. Non esiti ad accenderne una, se lo desidera.

L’uomo estrasse tabacco e cartina e arrotolò l’uno nell’altra con sorprendente destrezza. Aveva dita lunghe e scosse da fremiti, agili e inquiete come le antenne di un insetto.

Holmes restava in silenzio, ma le sue rapide occhiatine mi rivelavano l’interesse che nutriva per il nostro strano compagno.

– Presumo, signore – disse infine – che non fosse al semplice scopo di esaminare il mio cranio che lei mi ha reso l’onore di farmi visita ieri sera e di nuovo oggi.

– No, signore, no; sebbene sia felice di aver avuto l’opportunità di fare anche questo. Sono venuto da lei, Mister Holmes, perché mi sono reso conto di mancare di senso pratico, essendomi trovato improvvisamente a dover far fronte a un problema molto serio, di natura straordinaria. Dacché mi risulta che lei sia l’esperto numero due in Europa…

– Davvero, signore? Posso chiederle chi ha l’onore di essere il numero uno? – chiese Holmes con una certa asprezza.

– Sulla mente di un uomo di scienza, l’opera di Monsieur Bertillon non può non esercitare il massimo influsso.

– Ho parlato, signore, della mente di un uomo di scienza. Ma trattandosi di questioni pratiche, è universalmente riconosciuto che lei è l’unico. Spero, signore, di non aver inavvertitamente…

– Solo un po’ – disse Holmes. – Penso, Dottor Mortimer, che sarebbe più saggio se lei non indugiasse ulteriormente e mi spiegasse con chiarezza qual è l’esatta natura del problema riguardo al quale richiede la mia assistenza.