È raro trovare una copia italiana del romanzo La mano di velluto (The Velvet Hand, 1953), ventesima avventura dell’ispettore McKee: il celebre personaggio dei romanzi di Helen Reilly.

Apparso in Italia solamente in un’edizione del 1955 (“I Libri Gialli” n. 311), I Classici del Giallo Mondadori n. 1345 lo riportano in edicola questo mese.

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Dalla quarta di copertina:

Libby non c’è. Libby è scomparsa. All’arrivo in stazione, di ritorno da un viaggio, lo scrittore Philip Haven contava di trovare la nipote ad aspettarlo, e invece no. Lei non era ad accoglierlo nemmeno sul prato davanti alla loro residenza, immersa nella quiete del tramonto. E quando l’ha chiamata dall’anticamera, gli ha risposto solo il silenzio della casa. Né la cognata né l’altra nipote di Philip l’hanno vista, quel giorno, nessuno sa dove sia. Libby la scapestrata: potrebbe averne combinata una delle sue, magari una fuga romantica... se non fosse che l’unico possibile compagno d’avventure risulta all’oscuro di tutto. E allora, dov’è finita Libby? La risposta arriverà lentamente, un indizio dopo l’altro, e si rivelerà spaventosa. Dopodiché, mentre toccherà all’ispettore McKee occuparsi delle indagini, sarà come se una mano di velluto sospingesse nelle tenebre i passi di ciascuno. Una mano leggera e invisibile, grondante sangue.

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Ecco l’incipit:

Fino alla sera del 3 giugno nessuno si era accorto che Libby Tallis fosse scomparsa.

Suo zio, Philip Haven, era giunto dal Messico nel pomeriggio, piuttosto di cattivo umore. Sebbene avesse annunciato telegraficamente il suo arrivo, Libby non era andata ad aspettarlo alla stazione, e lui aveva dovuto prendere un taxi.

Quando arrivò, la casa, a cinque chilometri dal paese, gli apparve tranquilla nella luce del tramonto. Non c’era nessuno sotto gli aceri, né al campo da tennis, né sui prati ombrosi. L’autista scese e scaricò i bagagli.

— Lasciateli dove volete, verrà qualcuno a prenderli. — Haven sfilò distrattamente il portafoglio e lasciò all’uomo una cospicua mancia.

— Va bene, signor Haven. Grazie.

Lo scrittore era tenuto in grandissima considerazione nella cittadina, soprattutto da quando, sei mesi prima, aveva ereditato un bel po’ di soldi.

Il taxi si allontanò. Philip Haven salì i gradini, reggendo la sua ventiquattrore, e attraversò l’ampia terrazza di marmo che era stata aggiunta da poco alla costruzione; pensò compiaciuto che era riuscita proprio bene. Il costo era stato piuttosto elevato, anche se non si ricordava l’importo, ma nel complesso lo valeva. Il denaro era fatto per essere speso, e lui non era certo il tipo che voleva tenerlo ad ammuffire in banca! Alto, magro e impettito, a cinquantadue anni Haven era forte come lo era stato a trenta. Odiava invecchiare: lo considerava un affronto impostogli dalla vita. Le nipoti erano il suo cruccio: le aveva sempre considerate delle bambine, finché, da un paio di anni a quella parte, non si erano trasformate in donne e avevano cominciato a comportarsi in modo sconsiderato e irrazionale, come è tipico per l’appunto delle donne. Libby soprattutto.

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Helen Reilly (1891-1962), nata a New York, è stata autrice di gialli e madre di due gialliste, Ursula Curtiss e Mary McMullen. Caratteristica dei suoi abili intrecci polizieschi è l’ambientazione nel mondo della media e alta borghesia. Il suo personaggio più noto è l’ispettore di polizia Christopher McKee. Si è firmata anche con lo pseudonimo di Kieran Abbey ed è stata, nel 1953, presidente di Mystery Writers of America, l’associazione che assegna il premio Edgar.

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All’interno, il racconto Le sorelle Corcione di Diego Lama.

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La mano di velluto di Helen Reilly (I Classici del Giallo Mondadori n. 1345), 182 pagine, euro 4,90 - Traduzione di Silvia Albini