Il gioco del mai di Jeffery Deaver, Rizzoli 2019.

Di crimini commessi seguendo orme già prestabilite ne abbiamo visti. Come, per esempio, l’assassino che imita alla perfezione gli omicidi tratteggiati in un noto romanzo poliziesco o segue, addirittura, le mosse di una partita a scacchi. Con l’evoluzione della società in senso tecnologico il sanguinario “imitatore” si rivolge ad un’altra forma di espressione. In questo caso al mondo dei videogiochi. Ovvero ad un particolare videogame (lo sapremo in seguito).

In breve. Scompare Sophie Mulliner, studentessa diciannovenne nella Silicon Valley. Lavoro per Colter Shaw, un tracker, un ricercatore di persone scomparse che gira con il camper Winnebago, la Malibu e la Glokc 380. Diecimila dollari la ricompensa da parte del padre Frank per il suo ritrovamento. Sicuramente non è fuggita perché non avrebbe mai lasciato Luka, il suo “barbone di grande mole”, anche se c’era stato un litigio fra i due per il cambio di casa in una zona del sud. All’inizio lo troviamo addirittura intento a salvare Elizabeth, una donna incinta, rapita e prigioniera su una imbarcazione che sta affondando. Poi l’azione si sposta indietro di due giorni per il citato caso di Sophie.

Via al Quick Byte Café di Mountain View, il posto in cui la ragazza si trovava mercoledì pomeriggio prima di scomparire. Visione dei filmati di sicurezza: qui, oltre a Sophie in bicicletta, è inquadrata un’altra persona con occhiali da sole e coperta dal cappello. Il rapitore?…Tra gli altri avventori, incontra la bella rossa Maddie (futuri salti sul letto?) che lo avvicina al mondo dei videogiochi (verrà lui stesso preso dal vortice del gioco) aprendo uno spiraglio di luce sulla scomparsa della ragazza.

La figura di Colter Shaw si staglia al centro della scena con i suoi ricordi, alternati al presente, soprattutto del padre Ashton, il Re del Mai, e delle sue regole perché quasi tutte incominciano proprio con la parola “mai”. Padre che era scomparso e poi ritrovato morto all’Echo Ridge. Un incidente per la polizia ma non per lui che sospetta essere stato ucciso. Nell’immensa casa della Tenuta dove vivevano gli Shaw un mucchio di libri. Colter era stato attratto in particolare da quelli di legge, aveva fatto tirocinio in uno studio di un avvocato e sapeva tutto sul diritto penale.

Ma ecco scompare un'altra persona, Henry Thompson, e affiorano i primi dubbi, si accendono le prime luci. E se tutto dipendesse da un gioco malato? Sophie, infatti, era stata lasciata nella stanza di una fabbrica abbandonata con cinque oggetti che poteva utilizzare per sopravvivere. Proprio come nel videogame “L’Uomo che Sussurra”…

Colter Shaw, dicevo, al centro della scena contornato, però, da una serie di personaggi che hanno la loro ben costruita personalità nel bene e nel male, il loro modo di vivere, i loro interessi, il loro vissuto. Non sempre facile come quello della poliziotta Standish, gay e negra, costretta a subire battutacce e prese in giro dagli altri colleghi. In una Silicon Valley “che non è solo ricchezza, potere, modernità scintillante”, ma anche un luogo duro e terribile per chi è debole e incerto.

Concludendo. Tutto ruota intorno al mondo dei videogiochi che muove una enorme mole di denaro e interessi oscuri, un mondo che attrae e affascina dal quale possono scaturire le nuove menti perverse del crimine. Momenti di dubbio, perplessità (diversi sono gli indiziati), intrecciati a ricordi, a movimento, azione, scontri, pericolo e morte. Con Colter pronto ad ogni evenienza per risolvere i vari casi e scoprire, finalmente, la verità sulla fine del padre.