I primi casi di Poirot di Agatha Christie, Mondadori 2025.

Butto giù all’impronta partendo dall’ineguagliabile personaggio della Christie, il piccoletto belga testa d’uovo di Poirot e le sue famose cellule grigie. Lo potremo vedere “elegante e azzimato” mentre si sta applicando una nuova pomata sui baffi, o preso dalle sue cose personali, il suo guardaroba, una macchia da togliere sul nuovo abito grigio, il cappotto invernale che deve riporre. Amante delle tazze dense di cioccolato e irremovibile sulla precisione, ovvero tutto ciò che è storto gli dà ai nervi come un calamaio appoggiato un po’ sghembo o la spilla fermacravatte del capitano Hastings spostata di un centimetro che non si trova proprio al centro!

A proposito del nostro povero capitano, Poirot riesce a farlo infuriare quando una indagine assai complessa come al solito la trova semplice, elementare “Un giorno o l’altro la strangolo! La sua abitudine di trovare tutto semplicissimo è insopportabile!”. E lo sorprende ancora di più quando, in un’altra occasione, dichiara tranquillamente "Sto indagando su un delitto che ancora non è stato commesso” (vedi Nido di vespe). Sembrerà strano ma vi sono anche momenti in cui, sempre il nostro piccolo ometto arriccia-baffi, si critica rabbiosamente per non avere previsto in anticipo l’atto fatale “Un idiota, un idiota criminale, questo sono stato, Hastings”. Addirittura una volta dichiara di essere stato ridicolo, di avere sbagliato, insomma il suo è un vero e proprio insuccesso (La scatola di cioccolatini). Non gli manca nemmeno il senso dell’umorismo che gli fa accettare un caso del tutto nuovo per lui, un caso piuttosto banale (i casi banali non li ha mai voluti) questa volta facendone addirittura un punto d’onore. Talvolta sprofonda in un silenzio totale rifiutandosi di parlare tutto preso dalle sue elucubrazioni; a volte gli basta annusare l’aria e fissare un fazzoletto, o anche osservare un paio di scarpe da donna o un giardino per risolvere un caso. Possono risultare importanti indizi anche certe statuette di porcellana, oppure un guanto e un portasigarette, una carta, una carta come il re di fiori o una frase ripetuta di un personaggio per sciogliere l’enigma. Conosce e cita Sherlock quando su una nave diretta in Egitto usa un suo modo di dire “Ho i miei metodi, Watson”. Ogni tanto appare l’ispettore Japp amante della campagna dove vorrebbe abitare quando andrà in pensione lontano dai crimini, ma per Poirot Le crime, il es partout!. Insomma il delitto è dappertutto, non si può evitare!

Abbiamo personaggi vivi, concreti, magari espressi con un tocco di sorriso come la signorina Lemon, segretaria di fiducia di Poirot (in questo caso manca Hastings) praticamente “un mucchio d’ossa messe insieme a casaccio”. Personaggi che si trovano magistralmente invischiati nelle brevi diciotto storie ricamate con maestria e sapiente leggerezza tra rapimenti, furti, ricatti, veleni, suicidi veri e presunti, omicidi, travestimenti, suspense, momenti di impasse e chi più ne ha più ne metta a costruire un’atmosfera tesa, densa ed eccitante tale da tenere sempre desta l’attenzione del lettore.

Diciotto racconti, diciotto piccoli gioielli dai quali in seguito prenderanno spunto altri più o meno rinomati giallisti.

Sempre un piacere per me rileggere la grande Agatha.

E, dunque, buona lettura o rilettura.