«La guerra si combatte nel sangue e nel fango. Non esistono guerre “pulite"». Così Stefano Di Marino apre il suo nuovo saggio targato Odoya, dedicato ad un'entità storica fra i cui tanti effetti ce n'è uno involontario e inconsapevole: l'essere una fucina di eroi narrativi. Arriva in libreria Legione straniera. Storia di un'avventura.

«La Legione è l’avventura. Da sempre. Il kepi bianco, i pastrani blu, i forti nel deserto, la guerriglia nella giungla indocinese e le missioni di soccorso in Africa. La possibilità di iniziare una nuova vita cancellando la vecchia. Scenari di fantasia che si sovrappongono a una realtà spesso violenta.»

Da Gary Cooper a William Powell, da Myrna Loy a Marlene Dietrich, da John Wayne a Jean Gabin, da Stanlio e Ollio a Gianni e Pinotto, da Jerry Lewis a Totò, fino a Van Damme: è impressionante l'elenco di star del cinema di ogni genere che hanno avuto a che fare con la Legione straniera. Fra questi c'è anche il personaggio italiano più prolifico di tutti: Chance Renard, il Professionista, da venticinque anni in edicola a raccontare le sue avventure firmate da Stephen Gunn.

Oltre che narratore di ogni genere esistente, Di Marino/Gunn ha una passione per la saggistica e questi manuali Odoya gli forniscono l'occasione e lo spazio giusto per affrontare in modo completo e appassionato gli argomenti a lui cari, così da "contagiare" nuovi lettori con la materia stessa di cui è fatta l'avventura.

Questo saggio mostra come la Legione non sia legata solo alla storia francese bensì all'immaginario collettivo internazionale: il cuore stesso dell'idea narrativa di eroe e di avventura. Una lettura appassionante sia per chi voglia informarsi sia per chi voglia lasciarsi conquistare dall'avventura senza frontiere.

In tal senso vive la leggenda della Legione che, più che mai, è scandita da quel comando che romanzi e film hanno reso famoso. Marcia o muori!

Ho incontrato Di Marino/Gunn per fare il punto sulla sua ricca produzione in un'estate, quella del 2020, che definire "anomala" (per motivi pandemici) è riduttivo.

Dopo 25 anni a raccontare le avventure di un ex legionario, finalmente ci racconti della Legione Straniera: quanto ha significato nella tua vita artistica quest'entità quasi mitologica?

La Legione straniera è un’idea che mi accompagna sin da quando giocavo con i soldatini dell’Airfix da bambino, poi al cinema anche nelle sue versioni più comiche come Io, Beau Geste e la Legione straniera (1977) di Marty Feldman, che è una parodia di un classico ma conserva tutto il fascino di quel mondo avventuroso, che parte nel 1831 e arriva sino ad oggi. “Storia di una avventura” sottotitola il mio libro, che è rigoroso in termini di dati ma vuol essere una lettura coinvolgente come un romanzo.

Questo saggio è nato da zero, ora, o raccoglie ricerche fatte nel corso di tanti anni di narrativa d'azione?

Devo dire che è stato più complesso del previsto. Intendo che, scrivendo Il Professionista, alcune cose di base le conoscevo, ma andando sullo specifico ho dovuto ricercare ogni periodo e soprattutto scrivere in maniera divulgativa la storia della Francia, che s’intreccia con quella della Legione, almeno sino all’Algeria degli anni ’60.

Mi piace ricordare altri tuoi saggi per Odoya, come "Guida al cinema di spionaggio" (2018) e "Guida al cinema di arti marziali" (2019): quante altre grandi passioni dobbiamo aspettarci, in forma di manuale?

Ho appena consegnato la Storia delle arti marziali…vedi un po’ te… Poi forse tornerò a scrivere qualcosa sul West del genere di Apache, una leggenda americana.

Questa per te è stata un'estate molto intensa. A maggio per esempio si è conclusa su "Segretissimo" la trilogia di Montecristo, con "Stagione di fuoco": com'è stato tornare a presentare ai nuovi lettori un lavoro così corposo e quanto mai attuale?

Per me una grandissima soddisfazione. Sono molto affezionato anche alla prima edizione, ma ritengo che "Segretissimo" sia la collana più adatta, anche se confesso che mi piacerebbe un’edizione in volume unico, ma sono quasi 900 pagine…

Intanto ricordiamo che sempre a maggio è uscito "La trappola del miele", un tuo racconto lungo per la collana digitale "Spy Game": come sta andando questa collana interamente dedicata allo spionaggio d'azione?

Direi bene, anche se "Dream Force" forse per contenuti e copertine è più popolare. Però mi sono un po’ stancato di quella formula lì, mentre ho in mente moltissime storie di spionaggio ambientate durante la Guerra Fredda. Tra gli appassionati c’è stata una buona risposta, soprattutto per i testi scritti con maggiore cognizione di causa. Mi fa molto piacere avere ospite nella collana il mio amico e collega Andrea Carlo Cappi.

I telegiornali di questa estate ci fanno capire che dall'Est arriva il veleno, non più il miele, o questo genere di "trappole" ha ancora il suo spazio?

Ma certo! Stiamo vivendo una fase di nuova Guerra Fredda, senza ideologie ma con blocchi economici contrapposti. Certe meccaniche poi sono ancora attualissime e di grande impatto narrativo.

A luglio su "Segretissimo" finalmente è tornata Antonia Lake, personaggio che ho avuto l'onore di veder nascere all'epoca. Che effetto ti ha fatto tornare a scriverla, portandola nella trama di "Missione Jigsaw"?

Stavo preparando questa rentrée da un po’ di tempo. Nei romanzi precedenti si dice più volte che Antonia è impegnata in una missione segreta di cui non si può parlare. Be’ adesso lo sapete qual era la missione. Poi c’è il ritorno anche della banda di Gangland che era da un po’ assente. I comprimari, anche quelli più amati, vanno centellinati.

Ad agosto il Professionista è tornato con "Fortezza rossa", con Chance Renard e Antonia alle prese con cattivi sempre più forti: non sei troppo duro con la povera Antonia, che appena tornata è già nei guai?

In realtà Missione Jigsaw e Fortezza rossa sono due parti di uno steso romanzo. Anche se formalmente sono autoconclusive, c’è un filo rosso che, appunto, è Antonia. Ma la ragazza è una dura e se la sa cavare. È anche l’occasione per un battaglione team up che credo soddisfi il lettore.

In appendice a questi romanzi su "Segretissimo" ci sono i racconti della serie "Killer Elite", firmati con il tuo nome e non come Stephen Gunn: arriverà in collana un romanzo di quella serie?

Sì, è un progetto a cui sto lavorando da tempo. Però oltre questo assaggio vorrei riservargli un trattamento particolare al momento dell’uscita effettiva in edicola.

Continua intanto la tua opera di ri-traduzione di alcuni romanzi d'annata del SAS di Gérard de Villiers: come ti trovi a gestire un personaggio ancora oggi così amato dai lettori italiani?

Per me, come appassionato e autore di spionaggio, ritradurre questi episodi è un fiore all’occhiello. Alcuni mi sono particolarmente graditi, come Vendetta romana e tra non molto Una presa di afghano, che credo sia uno dei migliori scritti negli anni Ottanta. Gérard de Villiers è sempre un grande, c’è un sacco da imparare dai suoi romanzi, sia a livello di ritmo che di intreccio.

Ad ottobre la collana "Il Professionista Story" ci aspetta con "Nella città che brucia" e "Gangland Red Zone". Cosa puoi anticiparci della storia inedita?

Un traguardo che ho voluto festeggiare con un lungo romanzo (in realtà sono due) in cui credo ci sia tutto l’universo del Professionista e anche di più. Per non spoilerare… avevo voglia di scrivere una spy story negli anni ’70 durante il Vietnam… mi è venuta l’idea, ho trovato lo spunto… be’, leggerete.

Questo 2020 si festeggiano 25 anni di vita letteraria di Chance Renard e si sta per toccare quota cento storie: come reagisci davanti a numeri incredibili come questi? Ti stupisci della mole di lavoro o pensi solo a quante altre storie hai ancora da raccontare sul Professionista?

Il Professionista è un caro amico. Visto che sin dal principio è stato concepito per poter raccontare un gran numero di storie differenti, dall’action pura al noir alla spy story classica, persino a episodi che sembrano western… ho ancora tantissime idee e la voglia di raccontarle.

Ringrazio Stefano Di Marino per la sua disponibilità e ricordo la sua pagina autore su Amazon.