Andiamo a scoprire una nuova pioniera della letteratura gialla con la collana Vintage della casa editrice Le Assassine. Questa volta vi facciamo conoscere Annie Haynes e la sua opera Chi ha ucciso Charmian Karslake?

Tiziana, ci racconti qualcosa della biografia di Annie Haynes – una delle più importanti scrittrici di genere del Regno Unito della sua epoca – e del forte interesse che nutriva per le storie gialle e la psicologia criminale?

Annie Haynes nasce in Inghilterra nel 1865, ma inizia la sua carriera di scrittrice solo nel 1923, dimostrando subito un forte interesse per le storie gialle e la psicologia criminale. Di lei si diceva che era capace di fare miglia in bicicletta per andare a vedere di persona la scena di un crimine, come fu il caso dell’omicidio di Carolien Luard, trovata morta in una casa di villeggiatura nel Kent. Oppure di intrufolarsi nella cantina dove erano stati rinvenuti i resti di una donna uccisa dal marito, al cui processo lei stessa assistette. L’interesse e le conoscenze acquisite durante queste indagini scientifiche le tornarono utili nei libri che scrisse. Purtroppo morì presto e non poté dispiegare appieno il suo talento di giallista. In un articolo dell’autorevole The Illustrated London News fu nominata tra le scrittrici di detective fiction più brillanti della sua epoca, insieme a Isabel Ostrander, Carolyn Wells e, naturalmente, Agatha Christie.

Quali sono gli ingredienti che fanno rientrare quest’opera a pieno titolo nel giallo classico?

Direi per prima cosa il fatto che è un enigma della stanza chiusa. Come senz’altro molti lettori sanno, è un modello assai utilizzato in passato: viene commesso un crimine in un luogo in apparenza ermeticamente chiuso e dove non si trova traccia dell’assassino. Starà dunque all’abilità del detective risolvere il caso. Il fatto che questo romanzo della Haynes si svolga in una casa di campagna è un altro elemento che lo fa rientrare nella detective fiction tipica della Golden Age. Inoltre gli indizi disseminati nella storia, che inducono a sospettare del coinvolgimento di vari personaggi, sono un altro espediente del giallo classico per creare suspense e rendere il lettore partecipe all’indagine: dovrà infatti aguzzare il suo ingegno per trovare la pista giusta e arrivare con il detective alla soluzione del caso. Una specie di fair play organizzato appunto dall’autrice per coinvolgere i suoi lettori.

Le storie che ritieni meritevoli di una pubblicazione non si esauriscono mai intorno ad un omicidio e a un caso da risolvere, bensì fanno conoscere al lettore un determinato periodo e un determinato Paese dal punto di vista storico e sociale. Dalle pagine della Haynes quale contesto emerge?

Oltre alla storia gialla, questo romanzo, come tutti gli altri che pubblichiamo sia nella collana Vintage che Oltreconfine, offre non solo la narrazione del caso delittuoso, ma anche uno spaccato della società in cui la storia ha luogo. In “Chi ha ucciso Charmian Karlslake?” siamo in una nobile magione della campagna inglese, e per certi versi l’ambientazione precorre il famoso Downtown Abbey, perché anche qui seguiamo la vita dell’aristocrazia inglese e della sua servitù e il loro interagire, questa volta per scoprire chi ha commesso il delitto. Nel romanzo c’è poi la descrizione del villaggio inglese e dei suoi abitanti con una caratterizzazione davvero riuscita che ci riporta all’Inghilterra dei primi decenni del secolo scorso.   

Chi è Charmian Karslake? E i personaggi minori come vengono descritti?

Charmian Karslake è un’attrice americana che si trova in Inghilterra per una serie di spettacoli teatrali e che viene invitata nella nobile dimora di Sir Arthur Penn-Moreton a Hepton Abbey. Dopo un ballo dato in suo onore, la mattina seguente viene trovata morta nella sua stanza chiusa dall’interno. E da qui parte la caccia all’assassino che comporta un’indagine non solo sui presenti nel giorno del delitto, ma anche sul passato oscuro della donna. Naturalmente l’autrice ci delizia anche con la descrizione di personaggi minori, ma essenziali per la complessità della trama: la ricca ereditiera americana, l’avvocato di successo, il giovane e scapestrato fratellastro del nobile e, ovviamente, il maggiordomo. Nell’elenco non mancano gli abitanti di Hepton, anche loro con molti segreti da nascondere.

Per risolvere il caso viene chiesto l’intervento dell’ispettore Stoddart di Scotland Yard. Anche qui, come spesso accade nei film e nei romanzi di ogni genere, non solo quelli legati a storie criminali o a romanzi polizieschi, Scotland Yard emerge quasi più come un’icona che un’istituzione?

Sì, Scotland Yard rappresenta un po’ l’immagine della legalità. Non va dimenticato che questo corpo di polizia fu insieme alla Sûreté francese tra i primi a essere istituiti nell’Ottocento per contrastare il crimine, divenendo così un simbolo di tutela della cittadinanza.

Questo libro segna il trionfo della capacità deduttiva nell’investigazione criminale. Potremmo definirlo un buon esercizio mentale per il lettore?

Sì, direi che tutti i gialli classici hanno questo nel loro DNA. Del resto negli anni ‘30, quando il Detection Club, che aveva tra i suoi membri la nostra beneamata Agatha, stilava un suo decalogo per stabilire i criteri che un giallo doveva rispettare, alcune voci facevano riferimento più o meno apertamente ai lettori. Per esempio, nessun evento casuale doveva arrivare in soccorso della storia né questa contenere un’intuizione inspiegabile che risultasse poi corretta. E, ancora, il detective non poteva scoprire un indizio che non fosse all’istante presentato anche alla verifica del lettore. Infine, l’amico stupido del detective non doveva celare i pensieri che gli passavano per la mente: la sua intelligenza doveva essere leggermente, ma molto leggermente, al di sotto della media del lettore medio. Ciò comporta che la trama del giallo deduttivo era in un certo senso pensata per coinvolgere il lettore e renderlo partecipe della soluzione del caso, allenando le sue capacità di osservazione e di logica. In fondo, era un po’ come un sudoku letterario. Va aggiunto, però, che anche nei romanzi della Golden Age ci si discostava talvolta da questo decalogo, dotando il detective di qualità eccezionali per dipanare i casi più intricati, e di certo all’ispettore Stoddart di Scotland Yard non facevano difetto tali qualità per arrivare all’assassino di Charmian Karlslake.