Il rogo della Repubblica di Andrea Molesini, Sellerio 2021.

Venezia, 1480. “A tratti un lupo ringhia nel mio sangue. E quando lo fa, uccido. Boris è il mio nome.” Mica male come inizio e la voce narrante sarà proprio la sua. Boris da Candia, colto umanista, è anche una spia della Repubblica di San Marco in missione segreta. Bisogna far tacere “o almeno moderare” Bernardino da Feltre che predica contro gli ebrei in un momento storico dopo la guerra con i turchi e la fine della peste. Tra l’altro l’archisinagogo Servadio di Portobuffolé e altri due ebrei sono accusati di aver rapito e ucciso il bambino Sebastiano Novello per un sacrificio rituale. Sotto tortura hanno confessato, poi ritratto e di nuovo confessato. Il Senato della Repubblica dovrà confermare o meno l’accusa del tribunale popolare, tenendo presente che gli ebrei sono in quel momento importanti per il denaro e i prestiti che possono dare con i banchi dei pegni.

Libro bello, complesso, un miscuglio di storia vera e immaginazione con al centro  questo Boris da Candia,  furfante e assassino che diventa al tempo stesso momento di riflessione e redenzione dei propri errori. In un lungo viaggio all’esterno tra la miseria, lo sporco, l’elemosina, la povertà, le taverne, i bordelli, le carceri e i palazzoni dei ricchi e potenti. Insieme ad un viaggio all’interno dell’uomo, degli altri che incontra, e della sua coscienza. Lui, furfante e omicida impregnato di cultura classica mentre Bernardino da Feltre, con “qualcosa di infernale nel suo volto”, vorrebbe bruciare, oltre agli ebrei, gli attori, i giocolieri, e anche i libri che incitano alla lussuria, come quelli di Ovidio, Marziale e Catullo, tanto per citarne qualcuno. Assistiamo interessati e sbalorditi a scene individuali dove vengono fuori le cose più nascoste, talora imprevedibili, dell’animo umano e a scene corali davanti ad un rogo o ad una impiccagione con la folla che grida impazzita. Una storia che mette bene in rilievo anche il solito scontro tra potere e giustizia dove il primo la vince sempre. E poi ancora discussioni sulle Sacre Scritture, mangiate, bevute, sesso a volontà, insieme a riflessioni, dubbi, insonnia, incubi che assalgono il nostro personaggio principale. Forse una poesia di Orazio può portare un po’ di consolazione. Forse…

Quello che colpisce di questa narrazione, oltre ad una ricostruzione storica davvero impressionante, è la scrittura piena, morbida, flessuosa. Una prosa ricca, colta, sostanziale e immaginifica, non saprei come definirla, senza mai strabordare, capace di volteggiare sicura all’esterno e scavare all’interno della società e dei personaggi. Una piacevolissima lettura.