Il dottor Bergelon di Georges Simenon, Adelphi 2022.

Bergelon, il “Dottorino”, trentatré anni ma ne dimostra venticinque, “piccolo, smilzo, vispo” si trova di fronte ad un bel problema. Ha mandato al noto chirurgo Mandalin, proprietario di una clinica di lusso, una partoriente con l’intento di un bel guadagno promesso. Solo che il parto presenta delle complicazioni e, quando corrono alla clinica dopo un incontro tra le due famiglie,  sono entrambi ubriachi. Conseguenza: morte del bimbo e della madre.

Il marito vedovo, Jean Cosson, non si dà pace, inizia a perseguitare Bergelon, tanto che le sue minacce verbali e per lettera “gli si incollano addosso “come una giacca bagnata da un’acquazzone.” Qualche altro spunto sul “Dottorino”: sposato con Germaine sempre triste, dalla voce “sommessa e rassegnata” e “profeta di sventure”. Due figli Emile e Annie. Preso da una sorta di sfasamento non si sente più in relazione con il mondo in cui vive. Si mette con Edna, una prostituta, ed avrà un rapporto “particolare” con Cosson che vive, a sua volta, con la prostituta Cécile.

Preso da una continua smania di cambiare pelle e città, si ritrova in giro fra Le Havre, Lilla, Anversa immerso nei suoi continui rimuginamenti e ricordi: il padre, la moglie, i figli, i compagni di scuola… E incontrerà Clarius, il “teppistello” di un tempo che fu, ora padrone di un bel natante. Vorrebbe, addirittura,  imbarcarsi per la Turchia ma arriva un telegramma “Sarò a Parigi 18 pomeriggio prima di partenza definitiva. Stop. Potrà trovarmi ristorante Daumal vicino gare du Nord. Crosson”. Ha lasciato Cécile e ora desidera un nuovo incontro. Cosa vorrà fare?…

Non manca, naturalmente, in questo splendido romanzo l’”esterno” egregiamente sbalzato tra città, luoghi e ambienti diversi, ma qui, soprattutto, siamo di fronte ad un continuo, logorante svisceramento interno dei personaggi principali completamente messi a nudo nella loro vera realtà. In primo luogo di Bergelon, con il senso smarrito di vivere una vita chiusa, grigia, opprimente e meschina dalla quale continuamente fuggire.

A fine lettura sorge spontanea la galeotta domanda “E’ questa la vita che volevo?”.