Osvaldodo Soriano (1944 - 1997) è stato sia un giornalista che uno scrittore argentino, prima ancora era stato un calciatore di ottime promesse, poi un incidente sul campo da gioco ne ha compromesso la carriera, nasce così uno dei mgliori scrittori del secolo scorso.

Il caso lo ha indirizzato dallo sport al giornalismo, e non sarà l’ultima volta che circostanze esterne daranno una sterzata a questa fragile esistenza.

Passa la sua infanzia insieme alla famiglia girando per l’Argentina, di paese in paese per le diverse province, seguendo il destino lavorativo di suo padre. Alla figura paterna dedica il bel romanzo L’ora senz’ombra dal tono picaresco e romantico in cui emerge in pieno l’affetto e il ricordo del genitore.

Il tema della fuga, il nomadismo della sua infanzia, è stato decisivo per i suoi romanzi on the road, non solo nel titolo appena citato, così pieni di falliti e fallimenti che ricorrono in quasi tutta la sua opera.

A 26 anni entra nella redazione della rivista Primera Plana. Nel 1971 entra a far parte della redazione del nascente quotidiano La Opinión, un giornale che intendeva rivolgersi alla borghesia liberale e di sinistra. Le vicende del giornale però si intrecciarono ben presto con quelle politica e con il tentativo di eliminare dal giornale qualsiasi collaboratore di sinistra. Per mesi a Soriano, che rimase al giornale fino al 1974, non fu concesso di pubblicare una sola riga.

Fu in questo clima che decise di scrivere dei racconti in cui ricostruiva la vita dell’attore inglese Stan Laurel. Ancora una volta è il caso a dettare le sue regole, questa condizione di esiliato lo porta a passare dal giornalismo alla narrativa.

Quei racconti si trasformarono ben presto nel famoso romanzo, Triste, solitario y final, una poetica rivisitazione di stili ambientata a Los Angeles e con protagonista Philip Marlowe.

Ci vuole leggerezza e senso del sublime per riuscire a tenere in piedi questa miscela, mettere insieme Stanlio e Ollio con il detective Philippe Marlowe non è cosa semplice. Due generi così distanti come le comiche e la letteratura poliziesca non si lasciano armonizzare facilmente, eppure al debuttante Soriano riesce meravigliosamente questo pastiche postmoderno.

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Triste, solitario y final viene pubblicato in Italia nel 1974 da Vallecchi e poi da Einaudi nel 1991. Il titolo è tratto da una frase finale di un romanzo di Raymond Chandler, la frase è riferita dal detective Philip Marlowe che la pronuncia alla fine de Il lungo addio, potrebbe esserne una scarna descrizione, la manifestazione di una malinconica lotta solitaria.

Ne sono protagonisti il detective, un sentimentale sotto la maschera di cinico disincanto, così come lo aveva scolpito Chandler, e lo stesso autore Osvaldo Soriano. Sullo sfondo si muovono una serie di celebrità di Hollywood (da John Wayne a Charlie Chaplin a Jane Fonda) che vengono coinvolti (e travolti) nelle bislacche indagini dei due protagonisti.

Philip Marlowe in passato aveva ricevuto l’incarico dall’attore Stan Laurel di indagare sui motivi del suo declino artistico, decretato da una conventio ad excludendum dalle Major di Hollywood nei confronti dello stesso Laurel e di Oliver Hardy, viene contattato dal giornalista argentino Soriano, che sta scrivendo un libro sull’attore. È un abile gioco di specchi in cui a un certo punto compare l’autore nei panni di un personaggio del racconto che sta scrivendo.

Il detective, accompagnato dall’incauto giornalista, attraversa Los Angeles tra risse in stile Stanlio e Ollio e bevute omeriche, senza approdare a tangibili risultati investigativi.

In appendice all’edizione einaudiana di Triste, solitario y final troviamo una preziosa silloge di lettere dello stasso Raymond Chandler sul suo detective, così rintracciamo un frase attualissima scritta in riferimento alla stesura del romanzo Il lungo addio: “Non mi importava se l’enigma non sussiteva, m’importava della gente, di questo strano mondo corrotto in cui viviamo, e del fatto che ogni uomo che cerchi di essere onesto appaia in fondo o sentimentale o semplicemente sciocco”. Una formula che calza a pennello alla morale di Marlowe e che lo rende ancora affascinante e nostro contemporaneo, onestà uguale sciocchezza è quasi il paradigma dei tempi nostri.

Più avanti veniamo edotti sul titolo dell’ultima storia rimasta incompiuta, l’ormai famoso Poodle Spring (come si sa il romanzo verrà portato a termine dal giallista Robert B. Parker qualche decennio dopo), ecco le parole dell’autore: “Penso di ambientare la mia prossima storia con Marlowe a Palm Spring. La intitolo Poodle Spring (Poodle Spring Story), perchè ogni tre donne eleganti che s’incontrano, una almeno possiede un barboncino [1]. Ho già scelto la casa in cui a Linda Loring piacerebbe abitare.”