I non morti sono da sempre presenti nell’immaginario popolare, anche se sotto forme molto diverse.

Già nell’antichità si temevano gli spiriti delle tenebre che aggredivano gli incauti per nutrirsi del loro sangue o creature quali la “Strix”, che appare nelle leggende dell’antica Roma: un umano in qualche modo trasformato in entità demoniaca che durante la notte aggrediva e divorava i bambini incustoditi… Certo il moderno vampiro è molto diverso da queste terrificanti creature: un momento fondamentale nel corso della sua lunga evoluzione è stato il passaggio dal sanguinario mostro della tradizione popolare al modello oggi considerato “classico” del tenebroso aristocratico, perfettamente inserito nell’alta società all’interno della quale cerca le proprie vittime. Tutti associano a questa immagine la celebre figura del conte Dracula, il vampiro creato dall’autore irlandese Bram Stoker. Tuttavia, non fu Dracula il primo “vampiro nobile”, bensì il molto meno conosciuto Lord Ruthven del racconto Il Vampiro di John William Polidori. Ebbene sì, anche se in pochi ne sono a conoscenza, fu l’opera di Polidori a trasformare per sempre la figura del non morto. Figlio maggiore di un politico italiano, Gaetano Polidori, e di una governante britannica, Anna Maria Pierce, John William si laureò in medicina a Edimburgo nel 1815, alla precoce età di diciannove anni. Un anno dopo divenne segretario e medico personale di una delle più famose e discusse personalità del momento, il grande Lord Byron.

Polidori seguì il celebre autore nei suoi viaggi attraverso l’Europa e compose l’opera che avrebbe tanto influenzato la figura del vampiro proprio durante un soggiorno in Svizzera, nella casa che Byron aveva affittato presso il lago di Ginevra. Qui Byron aveva anche invitato un altro famosissimo autore, Percy Bysshe Shelley, e la sua futura moglie Mary Wollstonecraft, nonché la sorellastra di quest’ultima, Claire Clairmont (una delle svariate amanti di Byron).

A causa del maltempo, i cinque scrittori furono costretti a rimanere chiusi in casa, svagandosi con la lettura di alcune opere della letteratura gotica. Fu proprio in conseguenza di queste letture che Byron propose ai suoi ospiti di cimentarsi in un’inconsueta sfida letteraria: ognuno di loro avrebbe dovuto scrivere una storia di fantasmi da leggere al resto del gruppo la sera successiva. Soltanto due dei presenti riuscirono a portare a termine questo compito e comporre un buon racconto: Mary Wollstonecraft, come tutti sanno, creò Frankenstein e la sua creatura, mentre Polidori scrisse quello che qualche anno dopo sarebbe stato pubblicato come Il Vampiro, ispirandosi tuttavia al frammento composto da Byron nel corso della medesima sfida.

Il Lord Ruthven creato da Polidori rappresentò una vera rivoluzione nell’immaginario vampiresco: abbandonando completamente il mostro delle leggende popolari, questo nuovo non morto si basava sul modello del “byronic hero”, l’eroe tenebroso e maledetto, circondato da un alone di fascino e mistero, creato da Byron. Lord Ruthven pare in effetti un vero e proprio alter ego del celebre autore: il suo stesso nome è stato tratto dal romanzo gotico Glenarvon di Lady Caroline Lamb, ex amante di Byron, il quale era stato il modello su cui si era basato anche il personaggio Glenarvon. Il racconto venne pubblicato nel 1819 sul New Monthly Magazine, ma venne erroneamente attribuito a Byron, il quale, nonostante ne avesse smentito la paternità, non riuscì mai a fare attribuire all’amico il merito di aver composto Il Vampiro.

Il racconto ebbe un grande successo in tutta Europa, ma sorprendentemente non fu particolarmente apprezzato in Inghilterra. A renderlo impopolare nell’ambiente letterario inglese fu paradossalmente proprio il fatto che fosse stato attribuito a Lord Byron, all’epoca al centro di numerosi scandali. Terminato il suo lavoro con Byron, Polidori decise di tornare in Inghilterra e tentare la carriera ecclesiastica. Scrisse dunque al priore di Ampleforth, ma questi lo rifiutò con sdegno a causa della sua scandalosa attività letteraria.

Ebbe così inizio il periodo più buio per Polidori: dopo aver scritto il poema religioso The Fall of the Angels, caduto ormai in preda ai debiti finanziari e alla depressione, nel 1821 morì in circostanze misteriose. Particolarmente interessante è il fatto che, nonostante la forte presenza di prove a favore del suo suicidio, il medico che indagò i motivi del suo decesso stabilì che Polidori fosse morto “per cause naturali”.

L’ultimo mistero della sua travagliata esistenza riguarda il contenuto del suo diario, le cui pagine vennero trascritte dalla sorella Charlotte, la quale ne eliminò tuttavia alcune parti, definendole come “passaggi peccaminosi”. Non sapremo mai di cosa Charlotte stesse parlando, perché lei stessa distrusse gli scritti originali del fratello.